I veicoli ibridi plug-in? Inquinano più di quanto dichiarato, secondo uno studio. Ma il vero problema è come vengono usati

Secondo uno studio, i veicoli ibridi plug-in inquinerebbero anche 2 o 3 volte in più di quanto dichiarato. Su questa base, il Canton Vallese ha bloccato gli incentivi alla loro vendita. Ma il problema è più complesso: a fare la differenza è il modo in cui questi mezzi vengono utilizzati. Te lo spiega il Prof. Cavina, del dipartimento di Ingegneria Industriale dell’ateneo di Bologna.
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Michele Mastandrea 6 Marzo 2022
Intervista al Prof. Nicolò Cavina Docente del dipartimento di Ingegneria Industriale dell'Università di Bologna

Stop agli incentivi ai veicoli ibridi plug-in. Il motivo? Inquinerebbero 2-3 volte di più di quanto dichiarato nei cicli di omologazione delle vetture. La decisione, devi sapere, è stata presa qualche settimana fa dal Canton Vallese, regione svizzera al confine con l’Italia: a spingere in questa direzione uno studio realizzato dalla società Impact Living, guidato dall’ingegner Marc Muller. Ma è davvero così? E quali conseguenze dovresti trarre dai risultati dello studio? lo abbiamo chiesto a Nicolò Cavina, docente del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna.

Professor Cavina, cosa significa questo studio e che conseguenze dovremmo trarne?

Il tema è abbastanza complesso, sia dal punto di vista tecnico che da quello dell’impatto sulle politiche energetiche. Dal punto di vista tecnico, quello che emerge da questo studio non è propriamente una novità. Nel senso che bisognerebbe capire prima di tutto la base statistica su cui questo studio è stato realizzato. Già sapevamo che un veicolo ibrido plug-in consuma più CO2 di un veicolo ibrido non plug-in, nel momento in cui lo si utilizza con la batteria scarica. Lo sa benissimo anche la Commissione Europea, che sta puntando molto sulla mobilità elettrica in termini di normative. Un veicolo plug-in è progettato per essere utilizzato ricaricandolo alla presa di corrente, perché la sua batteria ha dimensioni maggiori a quelle degli ibridi non plug-in. Se non lo si ricarica spesso, non si sta utilizzando correttamente il veicolo per quelle che sono le sue caratteristiche.

Quindi non è vero che inquinano più di quanto dichiarato?

Sia un veicolo plug-in che non un non plug-in riducono le emissioni rispetto ai veicoli con motori termici, quindi nella direzione giusta si sta andando, almeno a livello transitorio. In alcune considerazioni che ho letto in merito a questo studio si afferma quasi il contrario, ovvero che questo tipo di tecnologia sarebbe un ostacolo alla transizione verso la mobilità elettrica. Ma facciamo un esempio: se usiamo un veicolo plug-in senza mai ricaricarlo, è come se usassimo una bicicletta a pedalata assistita sempre con la batteria scarica. Faremmo dunque più fatica, ovvero consumeremmo più energia. Bisogna dunque capire le abitudini degli utenti dei veicoli su cui lo studio è stato realizzato, su quali tipologie di utilizzo del veicolo ci si è soffermati, per capire come valutare in maniera precisa il significato delle maggiori emissioni prodotte.

Tutto dipende dunque da come si usa un mezzo di questo tipo.

Certo, il senso di un veicolo plug-in sta anche nel suo utilizzo. Dovrebbe spingere a effettuare la maggior parte degli spostamenti necessari attraverso la modalità elettrica. Casa-lavoro, lavoro-casa, e poi si ricarica l’auto alla presa. Gli incentivi che vengono dati, i valori di emissioni di CO2 che vengono dichiarati dalle aziende produttrici, dipendono anche dalla quota di chilometri potenziali in modalità elettrica che quel veicolo può fare. La logica dietro è che più chilometri il veicolo può fare in elettrico, più è probabile che l’utente possa ricaricare la batteria. Se questo non avviene c’è evidentemente un problema, di utilizzo dell’utente ma anche di infrastruttura. Quest’ultimo problema ci sarebbe però anche con il passaggio a una mobilità pienamente elettrica.

Dovremmo chiederci allora perché gli utenti che usano quel veicolo non lo ricaricano costantemente alla presa?

Certo, questa sarebbe la domanda da porsi. Forse c’è un’infrastruttura carente? Forse non è così semplice effettuare la ricarica? Se vogliamo andare nella direzione di veicoli sempre più elettrificati, dobbiamo concentrarci anche sull’infrastruttura che mettiamo a disposizione degli utenti. Se vogliamo vietare in futuro la commercializzazione degli ibridi plug-in, spingendo tutti all’elettrico, siamo sicuri che gli utenti faranno il passaggio tranquillamente?

Quindi lei non è d’accordo con la decisione del Canton Vallese di bloccare gli incentivi a questo tipo di veicoli?

Questi studi sono utili a approfondire il problema. Siamo di fronte a tecnologie nuove, a studi che lavorano per una transizione che cerchi di non impattare in maniera troppo violenta sulla vita delle persone. Prima di prendere decisioni politiche definitive, dovremmo cercare di non basarsi su studi troppo specifici, che magari – se replicati su altri consumatori, in altre realtà, su basi più ampie – possono invece mostrare impatti positivi. Serve poi capire cosa vogliamo fare: se vogliamo ridurre drasticamente la CO2 andando a stravolgere la qualità della vita o vogliamo cercare una transizione rapida ma comunque accettabile per gli utenti. Potremmo anche andare tutti a piedi o in bicicletta, ma difficilmente sarebbe sostenibile. La transizione richiede grandi investimenti, ma non possiamo sconvolgere di colpo le nostre modalità di vita. Dobbiamo anche, come detto anche nello studio di cui stiamo parlando, promuovere una transizione verso abitudini diverse. Verso l’uso dei mezzi pubblici e l'inter-modalità ad esempio, in parallelo a questo tipo di soluzioni per la mobilità individuale. L’ibrido plug-in dovrebbe essere una tecnologia utile alla transizione verso la mobilità elettrica, non certo l’unica soluzione o quella definitiva.