Il codice Braille: ecco la storia dell’alfabeto che ha rivoluzionato la vita di chi non può vedere

Un sistema di comunicazione composto da 64 diverse combinazioni di puntini in rilievo. Il codice Braille è stato inventato nel 1829 da Louis Braille, appena ventenne, che creò un linguaggio su misura per i non vedenti di tutto il mondo. In occasione della Giornata nazionale del Braille, vi raccontiamo com’è nata la forma di comunicazione che ha rivoluzionato la vita di milioni di persone.
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Sara Del Dot 21 Febbraio 2019

Oggi, nel mondo, le persone non vedenti sono quasi 40 milioni. Stiamo parlando di 40 milioni di individui che vivono la loro quotidianità completamente privi di un senso, quello che per noi è il più importante: la vista. Sono persone che non vedono i volti delle persone che hanno accanto, che non possono guardare la televisione come tutti gli altri, che non possono uscire in strada senza il bastone, un cane guida o un accompagnatore. Persone che ogni giorno devono confrontarsi non soltanto con il limite della propria disabilità, ma anche con il pregiudizio delle altre persone, che fanno fatica a collocarle da un punto di vista sociale ma anche lavorativo.

Eppure, nel corso della storia è stato possibile consentire ai non vedenti di avere una vita il più possibile autonoma. Infatti, anche in un mondo come quello di oggi in cui è l’immagine a fare da padrona, la tecnologia ha concesso tante nuove possibilità che un tempo sarebbero state impensabili. Ci sono computer tecnologici che consentono di scrivere e leggere agevolmente, inviare e ricevere email, messaggi e anche navigare su Internet, ci sono app fatte apposta per orientarsi meglio nel traffico e nel caos della città, sistemi di riconoscimento vocale integrati negli smartphone che rendono molto più comodo comunicare e svolgere azioni quotidiane.

Si tratta di tante piccole rivoluzioni in grado di cambiare la vita a chi ce l’ha già molto diversa da noi. Ma l’inizio di questo progressivo ampliarsi di possibilità può essere individuato nella prima vera chiave di accesso al mondo per i non vedenti: il codice Braille. Si tratta di un’invenzione che ha cambiato la vita a milioni di persone non vedenti, permettendo loro di studiare, imparare, comunicare meglio e inserirsi progressivamente nel mondo lavorativo. Inventato nel 1829 dall’allora ventenne francese Louis Braille, da cui ha preso il nome, questo codice consiste in un sistema di lettura basato su sei punti in rilievo, il cui significato è universale e quindi ha la stessa traduzione in varie lingue diverse.

Originario di una cittadina vicino Parigi, Coupvray, Louis Braille diventò non vedente dall’età di cinque anni a causa di un incidente avvenuto due anni prima mentre giocava con gli attrezzi da lavoro del padre, sellaio e conciatore. Feritosi a un occhio con un punteruolo, perse poi la vista dall’altro in seguito a un’infezione. Inizialmente iscritto a una comune scuola per normodotati in cui, com’è comprensibile, faticava molto, a 10 anni Louis venne spostato in un istituto parigino per l’educazione di giovani ciechi, uno dei primi al mondo, in cui l’apprendimento avveniva per lo più per via orale. Infatti, ancora non esisteva un codice di lettura e scrittura per non vedenti: i ragazzi quindi non apprendevano a scrivere e leggevano attraverso un filo di rame attaccato dietro le normali lettere dell’alfabeto.

Presso l’istituto, Louis si dedicò molto alla musica, diventando presto un abile organista e violoncellista, e in seguito divenne docente. Fu proprio mentre insegnava ad altri giovani non vedenti che Louis Braille conobbe la persona che gli regalò l’intuizione di cui aveva bisogno per realizzare la sua rivoluzione. Un giorno, infatti, fece visita all’istituto il militare Charles Barbier de La Serre, che voleva testare su persone non vedenti una sua nuova invenzione: un sistema di codici per decifrare messaggi al buio, in modo da consentire ai militari in trincea di comunicare anche nelle ore notturne, senza illuminazione. Il sistema si articolava in dodici puntini che venivano tra loro combinati per creare parole e concetti, ma risultava molto complicato per i ragazzini non vedenti dell’istituto. Per Braille, tuttavia, rappresentò un ottimo punto di partenza. L’intuizione arrivò quasi subito: invece di cercare di adattare la cecità ai codici comunicativi classici, perché non crearne uno fatto apposta per persone con esigenze diverse?

Louis decise di semplificare il sistema messo a punto da de La Serre, riducendo i punti da dodici a sei, e disponendoli su due colonne verticali da tre. Così, nel 1829, venne alla luce il primo metodo Braille, raccontato nel saggio “Procedimento per scrivere le parole, la musica e il canto corale per mezzo di punti in rilievo ad uso dei ciechi ed ideato per loro”, che nel corso degli anni venne modificato e perfezionato. In seguito, nacquero anche un codice per la matematica e un metodo musicale apposito per non vedenti.

Braille morì di tubercolosi nel 1852, a soli 43 anni, e non ebbe la fortuna di conoscere i benefici che il suo metodo di comunicazione portò nella vita dei non vedenti di tutto il mondo. Infatti, il codice Braille fu realmente apprezzato e diffuso soltanto anni più tardi.

Molti anni dopo, nel 1949, l’Unesco unificò tutti i vari alfabeti per crearne uno che fosse universale e utilizzabile in ogni parte del mondo. Oggi, i non vedenti di qualsiasi nazionalità possono leggere e scrivere attraverso 64 diverse combinazioni di puntini attraverso cui esprimere praticamente qualsiasi concetto, dalle parole alla matematica, alla musica.