Il cuore di Joannah Stutchbury: l’ambientalista keniana che diede la sua vita per proteggere la foresta di Kiambu

Keniana da tre generazioni, Joannah Stutchbury è una dei più famosi eco-eroi del mondo. Lottò per tutta la sua vita per difendere la foresta di Kiambu dal land grabbing e dalle mani di imprenditori privati. Lottò fino alla notte del 15 luglio 2021, quando venne uccisa a colpi d’arma da fuoco sul dialetto di casa.
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Rubrica a cura di Kevin Ben Alì Zinati
3 Febbraio 2022

Coraggio e determinazione sono le virtù degli eco-eroi. Le stesse con cui Joannah Stutchbury lottò per proteggere la foresta di Kiambu, in Kenya, dal land grabbing e dalle mani di imprenditori privati senza cuore. Lottò per tutta la sua vita, fino a quando non venne uccisa in un'imboscata alle soglie di casa sua, alla periferia di Nairobi. 

Alla periferia di Nairobi c’era una meravigliosa macchia verde. Se qualche decina d’anni fa avessi sbirciato le mappe digitali o le visualizzazioni satellitari del Kenya, ne saresti rimasto affascinato.

All’epoca, la foresta di Kiambu era nel pieno del suo splendore. Era uno dei polmoni del mondo.

Nei suoi oltre mille ettari avresti notato il verde scuro delle chiome degli alberi rincorrere le sfumature più chiare delle colline fino a perdersi nell’orizzonte. Saresti rimasto catturato dai riflessi delle sue cascate e inseguendo i suoi labirinti naturali, fatti di tronchi e ruscelli, avresti potuto assaporare il mistero magico che solo la natura incontaminata sa regalare.

Tutto questo potevi farlo ieri. La foresta di Kiambu oggi è cambiata. Come molte città dell’Africa, anche Nairobi ha sentito l’esigenza di gonfiarsi ed espandersi e i suoi lunghi tentacoli sono arrivati fino alle radici degli alberi della foresta.

Molti ricchi imprenditori hanno messo gli occhi sul suo verde e hanno lottato con ogni mezzo legale – e illegale – per accaparrarsene il più possibile.

Un costruttore è un uomo che misura la propria ambizione nello spessore del cemento dei suoi palazzi e una macchia verde a ridosso di una città in espansione, per uno così, non rappresenta mai un ostacolo. Semmai, è l’occasione per fagocitare ancora più verde e ingrassare la propria ingordigia.

La foresta di Kiambu alle porte di Nairobi è diventata così una vittima sacrificale sull’altare dell’urbanizzazione. Un luogo sottratto al mondo per pochi soldi e trasformato in una fonte di reddito impressionante per accaparratori di terre senza cuore.

Prendersi questo bottino, per gli imprenditori privati, non è stata un’impresa senza vittime. La deforestazione selvaggia ha prosciugato molte cascate e ruscelli della foresta di Kiambu. Tieni a mente che il Gitathiru, uno dei cinque affluenti perenni del fiume Nairobi, si trova proprio nella foresta, e che gli affluenti formano il bacino idrico di Nairobi, una fonte di acqua dolce preziosissima per la diga di Thwake, a 200 chilometri di distanza nella contea di Kitui.

La bramosia dei costruttori ha tagliato le sue chiome lacerando uno dei polmoni della Terra, ha spinto alla scomparsa la sua fauna selvatica e ha costretto le sue comunità native a sloggiare e a cercarsi una nuova casa altrove.

Disboscare uno dei paradisi verdi del Kenya, però, non è stata nemmeno un’impresa facile. Per decenni uomini e donne hanno lottato con tutte le loro forze contro la minaccia del land grabbing e della deforestazione. Tanti, come Joannah Stutchbury, avevano il Kenya nel sangue e vedere la propria terra deturpata era una ferita che non potevano accettare.

Joannah Stutchbury, keniana da ben tre generazioni, non era come un costruttore. Per gli eco-eroi, un polmone verde a ridosso di una città in espansione non può avere sembianze diverse da quelle di un patrimonio inestimabile da proteggere, tutelare, salvare. Per Joannah la foresta di Kiambu era un tesoro.

Insieme a centinaia di ambientalisti, Joannah ha combattuto tutta la sua vita per salvaguardare la foresta. Ha lanciato petizioni e aizzato folle e media internazionali, ha portato centinaia di manifestanti nelle strade e per ogni albero sradicato ne ha piantato uno nuovo e giovane, arrivando a ripopolare la foresta con quasi 1500 piante.

Per la foresta di Kiambu, Joannah ha messo in capo il coraggio e la determinazione. Un giorno si è addirittura accovacciata dentro il braccio meccanico di una ruspa, tenendosi la testa fra le mani, per impedire che quel mostro di ferro continuasse la distruzione della sua foresta.

Era il 2018.

Oggi Joannah Stutchbury non si occupa più della foresta di Kiambu. Ma non se n’è lavata le mani. Non è scappata dall’altra parte del mondo per sfuggire alle ripetute minacce di morte o per la paura di quegli uomini che le avevano detto che l’avrebbero uccisa se avesse continuato a mettere i bastoni tra le ruote alla costruzione di una strada di accesso attraverso la foresta.

Non ha mollato, Joannah Stutchbury. Anzi, ha dato la sua vita per provare a salvare la foresta di Kiambu.

Ha combattuto fino all’ultimo. Fino alla notte del 15 luglio 2021. Quel giovedì stava tornando a casa nella periferia di Nairobi quando, fermata l’auto, era scesa a liberare il vialetto d’ingresso dai rami che ne bloccavano il passaggio. Era buio e Joannah era sola.

Poi la raggiunse un individuo, forse due. Forse quel piccolo uomo nemmeno si palesò e le sparò nascosto dietro una pianta, nell'oscurità dell’infamia perché così fanno i codardi. Fatto sta che quel giovedì, il sangue di Joannah si mescolò con la sua terra.

Nessuno le rubò alcun oggetto di valore, nessuna porta di casa venne ritrovata forzata e non mancò nulla. Nessuno rubò niente perché nessuno era interessato a farlo. L’obiettivo dell’imboscata, di quell’esecuzione in piena regola era solo lei.

Joannah non condannava l’espansionismo dell’uomo in quanto tale, ma la sua versione cinica e insensibile: quella che se ne infischia dell’ambiente e delle sue ricchezze.

Il suo approccio, piuttosto, era pervaso dai principi della permacultura. Un modo di vivere ecosostenibile, in cui la progettazione degli insediamenti umani rispetta la centralità dell'agricoltura e il territorio.

Quando venne uccisa, Joannah Stutchbury aveva 67 anni, molti dei quali vissuti come custode della foresta di Kiambu. Si spense lì, fuori dal dialetto di casa, con il motore dell'auto acceso e diversi diversi colpi d’arma da fuoco in corpo.

Lì, a pochi passi dai suoi alberi, sotto le stelle del Kenya.

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Giornalista fin dalla prima volta che ho dovuto rispondere alla domanda “Cosa vuoi fare da grande”. Sulla carta, sono pubblicista dal altro…