Il lato oscuro delle auto elettriche: i costi ambientali (e sociali) della produzione delle batterie

Attualmente le batterie di cui sono dotati i veicoli elettrici sono composte da materiali come litio e cobalto, il cui processo di estrazione ha un notevole impatto ambientale. Sotto la lente ci sono anche il mancato rispetto dei diritti umani e lo sfruttamento della manodopera minorile nelle miniere di cobalto in Africa.
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Federico Turrisi 7 Aprile 2020

Sarebbe un sogno avere finalmente città libere dallo smog in futuro. Le auto elettriche sono ritenute fondamentali per il processo di decarbonizzazione e per la transizione verso un modello di mobilità sostenibile. Che tu lo voglia o no, l'elettrico si appresta a rivoluzionare il settore automobilistico e tutte le case produttrici si stanno muovendo di conseguenza. Pensa che, stando ai dati del Global EV Outlook 2019 realizzato dallo Iea, l'Agenzia internazionale dell'energia, alla fine del 2018 nel mondo c'erano oltre 5,2 milioni di punti di ricarica, ben il 44% in più rispetto all'anno precedente. Secondo lo Smart Mobility Report 2019 curato dal Politecnico di Milano, in Italia se consideriamo uno scenario "accelerato" (ossia se siamo particolarmente ottimisti) nel 2030 il 65% delle nuove immatricolazioni saranno di auto elettriche, con un volume d'investimento per il settore da 214 miliardi di euro. Cifre da capogiro, insomma.

Ma siamo proprio sicuri che i veicoli elettrici siano a zero emissioni? La risposta è no. Anzi, inquinano perfino più di un'autovettura alimentata a diesel. Tanto che un recente studio condotto dall'Ifo (Institute for Economic Research), ente di ricerca indipendente con sede a Monaco di Baviera, è arrivato alla conclusione che una Tesla Model 3 ha un effetto negativo sull'ambiente, calcolando le emissioni di CO2 sull'intero ciclo vita, maggiore rispetto ad una vettura turbodiesel di analoghe dimensioni. Si stima che mediamente occorrono percorrenze da circa 45 mila a circa 75 mila chilometri da parte delle auto elettriche per scontare lo sbilanciamento iniziale che la fase produttiva ha sull’impatto ambientale della mobilità elettrica.

Ma come è possibile che le auto elettriche, che sono chiamate a mandare in pensione quelle tradizionali proprio in nome dell'ambiente, abbiano in realtà un'impronta di carbonio superiore? Certo, la colpa è in parte da attribuire al fatto che i combustibili fossili hanno ancora un peso rilevante nel mix energetico della maggior parte dei paesi nel mondo. Ma c'è anche un altro responsabile: la batteria. La tecnologia sta studiando soluzioni per aumentare l'efficienza dei dispositivi e ridurne l'impatto sull'ambiente sia per quanto riguarda la fase di produzione sia per quanto riguarda quella di smaltimento, ma nella situazione presente le batterie delle auto elettriche sono delle autentiche bombe ecologiche.

Partiamo dal principio, ossia da come vengono prodotte le batterie delle auto elettriche. La tipologia più diffusa attualmente sul mercato è la batteria agli ioni di litio. Devi sapere che circa l'80% di tutto il litio del mondo si trova in un'area compresa tra Cile, Argentina e Bolivia, in Sudamerica. Comunque si tratta di una risorsa naturale presente in grandi quantità nel nostro pianeta. Questo metallo alcalino viene utilizzato per produrre gli accumulatori di energia (le batterie per l'appunto) in quanto garantisce un buon rapporto peso/potenza ed è in grado di non disperdere grande quantità di carica in caso di inutilizzo.

Il problema maggiore è legato al processo di estrazione che è molto dispendioso dal punto di vista economico e soprattutto ambientale. Per estrarre il litio occorrono immense quantità d'acqua, tanto che il Cile ha cominciato a prelevarne perfino dal mare, con il problema non indifferente di doverla desalinizzare. Si calcola che per ogni tonnellata di litio sono richiesti circa 1,8 milioni di litri d'acqua. Le conseguenze sull’ecosistema e sulle comunità locali – in particolare, sono gli agricoltori a pagare il prezzo più alto – sono devastanti, dal momento che il rischio di contaminazione dei corsi d'acqua, attraverso fuoriuscite di sostanze tossiche come l'acido cloridrico, usate per ricavare il litio, è piuttosto elevato. Nel Salar de Atacama, in Cile, per fare un esempio, le attività minerarie legate al litio hanno consumato il 65% delle risorse idriche disponibili.

Per realizzare le batterie agli ioni di litio c'è poi bisogno di altri minerali: nichel, manganese, e soprattutto cobalto. Il principale paese produttore di cobalto al mondo è la Repubblica Democratica del Congo, in Africa. Come ha denunciato l'organizzazione non governativa Amnesty International, nelle miniere si commettono gravi violazioni dei diritti umani: turni di lavoro massacranti, nessun rispetto delle norme di sicurezza per i lavoratori e, in alcuni casi, sfruttamento di manodopera minorile. L'approvvigionamento di cobalto, in sostanza, spesso avviene in maniera tutt'altro che etica, un fatto che imbarazza non poco i giganti dell'hi-tech.

C'è infine da considerare il consumo energetico legato ai processi produttivi delle batterie in senso stretto. Uno studio della Commissione europea ha valutato l’impronta di carbonio delle batterie al litio pari a 77 kg CO2 / kWh. Per rendere più green il ciclo di produzione è necessario incrementare nel mix energetico la percentuale di fonti rinnovabili e diminuire gradualmente quella proveniente dai combustibili fossili. Finché ciò non avverrà, il contributo della produzione di batterie per le auto elettriche in termini di emissioni di CO2 avrà sempre un ruolo non secondario. E poi occorre innovare, sviluppando competenze tecniche sempre più avanzate. È qui che si gioca la sfida più importante.