Un nuovo studio scientifico confermerebbe le ipotesi già avanzate da altri studiosi: l'attuale crisi bradisismica dei Campi Flegrei è provocata da una possibile risalita di magma. A queste conclusioni è giunto un team internazionale di ricercatori guidato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con l’Università degli Studi Roma Tre e l’Université de Genève, nell’ambito del progetto “LOVE-CF” finanziato dall’INGV per l’indagine multidisciplinare dei Campi Flegrei. I risultati sono stati pubblicati pochi giorni fa sulla rivista Nature – Communications of Earth and Environment.
Utilizzando metodi geodetici, modellazione meccanica e simulazioni petrologiche, il team di ricerca ha descritto l'evoluzione della sorgente di deformazione che ormai dal 2005 solleva il centro della caldera dei Campi Flegrei. I risultati indicano l'allargamento e la risalita di una sorgente di deformazione da circa 6 a circa 4 km di profondità e, contemporaneamente, osservano una deflazione limitata a profondità maggiore di circa 8 km. In sostanza, i dati indicherebbero la risalita di magma da un serbatoio profondo (a circa 8 km di profondità) ad uno più superficiale (circa 4 km) nell'arco degli ultimi anni.
Sarebbe questo il motore principale della recente crisi bradisismica che si sta traducendo in deformazione del suolo, aumento dei terremoti e variazione di parametri geochimici e geofisici. Secondo i dati petrologici il volume di magma coinvolto sarebbe compreso tra 0,06-0,22 chilometri cubi. Gli esperti avvertono che, sebbene al momento non ci siano segnali di eruzione imminente, tuttavia il possibile continuo accumulo di magma e l'aumento della pressione nel sottosuolo rappresentano un rischio che deve continuare ad essere monitorato e gestito con grande attenzione.
Alle stesse conclusioni era arrivato un altro studio che aveva analizzato i dati degli ultimi 40 anni. Il sistema vulcanico del resto è attivo ed è in una fase di "ricarica" magmatica, il magma si muove e si accumula senza però raggiungere necessariamente la superficie e provocare un'eruzione. I magmi dei Campi Flegrei, inoltre, sono molto viscosi e ricchi in silice, risalgono dunque con grande difficoltà. Tuttavia è necessario monitorare costantemente la situazione perché ci troviamo in una delle zone più densamente abitate d'Italia.
“Negli ultimi decenni la rete di misura delle deformazioni del suolo tramite GNSS ha raggiunto un altissimo livello di sviluppo tecnologico per il numero di stazioni in tutta l’area vulcanica, e per l’affidabilità dell'elaborazione del dato, che è acquisito in continuo e processato giornalmente" spiega Elisa Trasatti, ricercatrice dell’Osservatorio Nazionale Terremoti dell’INGV e coordinatrice del gruppo di ricerca, "Inoltre, il dato satellitare ha permesso una ricostruzione con grande copertura areale. Grazie all’alta qualità dei dati, è stato possibile sviluppare modelli avanzati per individuare la causa delle deformazioni monitorate. Questo ha permesso di effettuare un passo ulteriore nella determinazione dell’origine dell’attività dei Campi Flegrei”.
Nel frattempo la crisi bradisismica dei Campi Flegrei continua. Secondo gli ultimi bollettini disponibili online sul sito dell'INGV, il sollevamento totale del suolo, registrato alla stazione del Rione Terra (Pozzuoli), è di 132,5 cm da novembre 2005 e di circa e di circa 15 cm da gennaio 2024. Negli ultimi giorni, tuttavia, si sta registrando una riduzione della velocità di deformazione che comunque ad agosto scorso ha raggiunto un valore pari a circa 20 mm al mese. Anche l'attività sismica nelle ultime settimane si è mostrata meno incisiva rispetto al mese di agosto, per esempio.
Questo ovviamente non significa necessariamente che ci sia un'evoluzione a breve termine verso una fine dei fenomeni, ma nemmeno che si arrivi a breve ad un'eruzione; è necessario continuare a monitorare costantemente i parametri geochimici e geofisici, preparando comunque la popolazione a qualsiasi eventualità. "I dati più recenti, dal 2023 a oggi" spiega ancora il Direttore dellOsservatorio Vesuviano Di Vito, "mostrano similitudini con quanto osservato nei precedenti 16 anni, con una lieve intensificazione delle manifestazioni. Quindi, al momento non ci sono ragioni per ritenere che l’attività magmatica non stia ancora proseguendo come definito nello studio. Siamo costantemente in contatto con la Protezione Civile per garantire che ogni più piccolo sviluppo venga seguito con la massima attenzione".