In Italia 50.000 persone non possono “stare a casa”, perché una casa non ce l’hanno: l’appello di Avvocato di Strada

Non solo non hanno una casa in cui rifugiarsi per proteggersi dal contagio ed evitare di trasformarsi in veicolo di trasmissione, ma spesso vengono anche multati per il fatto di trovarsi in strada, che è il luogo in cui vivono. I senza dimora, in questo momento, rappresentano una categoria molto fragile che è ora di tutelare, garantendo loro il diritto alla salute. Per questo, l’associazione Avvocato di Strada ha lanciato un appello alle istituzioni.
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Sara Del Dot 17 Marzo 2020
* ultima modifica il 22/09/2020

State a casa, state a casa, state a casa. Ce lo sentiamo ripetere in tutti i modi, da giorni. È l’unica arma che abbiamo per evitare che il Coronavirus si diffonda ulteriormente provocando ancora più danni di quanti non stia già facendo. “Non ci vuole niente, mettiti sul divano, accendi la televisione, leggi, ascolta musica, metti in ordine”. In pratica non dobbiamo far altro che metterci l’anima in pace, trovarci qualcosa da fare e far passare il tempo nel modo migliore possibile.

Tuttavia, in Italia ci sono circa 50.000 persone che a casa non ci possono stare, semplicemente perché una casa non ce l’hanno. Sono le persone che ogni giorno incontri per strada, che magari ti chiedono qualche spicciolo, che dormono sotto i portici avvolti da tante coperte. Sono le persone che si recano alle mense per mangiare, nei dormitori per dormire, a cui non può essere garantita un’adeguata igiene personale. Insomma, sono persone a rischio. Lo sono sempre, ma in questo momento ancora di più. A causa del Covid-19, ma anche perché, non potendo accedere a uno spazio chiuso, vengono multati perché violano l’articolo 650 del codice penale (in pratica trasgrediscono ai provvedimenti emananti dalle istituzioni), sebbene non abbiano a disposizione alcuna alternativa.

Ecco perché l’associazione Avvocato di Strada Onlus, lo studio legale che si occupa della tutela giuridica gratuita delle persone senza dimora presente in 55 città italiane, ieri ha lanciato un appello al Presidente del Consiglio, ai Presidenti delle Regioni e ai Sindaci di tutti i Comuni chiedendo di intervenire con azioni concrete per aiutare queste persone, cessando l’irrogazione delle sanzioni e garantendo loro il diritto alla salute.

Se io non ho un una casa, non posso rispettare l’ordinanza spiega Antonio Mumolo, presidente di Avvocato di Strada. “I dormitori, per quei pochi fortunati che riescono a ottenere un posto letto, sono aperti soltanto di notte, di conseguenza le persone durante il giorno stanno per strada e non possono ottemperare alle ordinanze e i decreti per i quali dovrebbero stare a casa e non uscire senza giustificato motivo. Come avvocati di strada noi ora ci troveremo ad affrontare dei processi assurdi, dal momento che viene contestata la violazione dell’articolo 650 del codice penale per non aver ottemperato a un’ordinanza in una situazione di impossibilità a ottemperare. Quindi noi chiediamo che il Presidente del Consiglio e il ministro degli Interni mandino circolare a sindaci, prefetti e questori facendo presente che per le persone senza dimora non deve scattare la denuncia.”

Una questione legata a doppio filo con il pericolo della diffusione del Coronavirus, con cui tutti in questo momento abbiamo a che fare, e i senza dimora più degli altri, essendo privi di protezione. Per questo, l’associazione ora più che mai desidera spingere verso lo sfruttamento degli spazi inutilizzati per offrire protezione a chi è maggiormente esposto.

Il problema si risolve dando loro un tetto e un medico di base.

“Se si trovano in giro, i senza dimora possono essere veicolo di malattia, come chiunque altro. Solo che, a differenza nostra, queste persone non hanno alternative. Bisognerebbe quindi fare in modo che avessero un tetto sulla testa, un luogo dove stare. Come farlo? Ci sono tantissimi edifici, pubblici o privati, che potrebbero essere utilizzati per questo scopo: ci sono i beni confiscati alle mafie, le palestre che in questo periodo non vengono usate, i tanti immobili sfitti presenti sul territorio…”

A questo si aggiunge il tema più ampio del diritto alla salute, un diritto che non è in alcun modo garantito dal momento che, non essendo in possesso della residenza, i senza dimora non possono avere a disposizione un medico a cui rivolgersi in caso di problemi sanitari.

“La legge 833 del 1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, stabilisce all’articolo 19 che per poter avere un medico di base è necessario avere la residenza. Di conseguenza, senza residenza non c’è diritto alla salute. Noi lo denunciamo da molti anni, ma è adesso che iniziano ad accorgersi un po’ tutti del fatto che negare la residenza è assurdo. Anche perché ora c’è il Coronavirus, ma sono tante le malattie infettive a cui i senza dimora sono esposti. Per cui se queste persone non vengono curate o monitorate diventano veicolo di infezione oppure si rivolgono al pronto soccorso quando è ormai troppo tardi. In questo momento così delicato è giusto che anche loro vengano monitorati e che sia data loro la possibilità di avere un medico di base. Ed è una cosa che potrebbe essere fatta dal Governo e dalle Regioni, se solo dessero loro la possibilità di iscriversi alle liste per ottenere un medico.

Un’altra cosa che si potrebbe fare, e questa è competenza dei sindaci, è prolungare il piano freddo, ovvero la messa a disposizione di spazi coperti che vengono usati d’inverno per proteggersi dalle basse temperature. Solitamente il piano freddo chiude a metà marzo, ma questa volta, per aiutare, si potrebbe prolungare per offrire maggiore protezione diurna e notturna. Tra l’altro, dal momento che di solito si usano spazi come capannoni o luoghi fieristici, si potrebbero attrezzare in modi ingegnosi per mettere a disposizione di ciascuno qualche metro quadrato di spazio per garantire le distanze, finché tutto questo non sarà finito. Ci sono tante possibilità, se si vuole davvero affrontare il problema. E io credo che debba essere affrontato, per solidarietà, per rispetto alla nostra costituzione, per dare diritti e dignità a queste persone. E se lo si vuole affrontare da un punto di vista egoistico per tutelare la propria salute va bene lo stesso, purché si affronti”.

E com’è la situazione al momento?

“Loro sono preoccupati, spaventati e hanno anche il problema di dove mangiare, se riuscire a lavarsi… Nelle grandi città, dove ci sono più persone senza dimora, queste persone non solo sono lasciate allo sbando, ma addirittura spesso non hanno nemmeno la possibilità di nutrirsi, dal momento che stanno chiudendo anche le mense. In alcuni luoghi ci sono volontari che stanno confezionando pasti da consumare in strada, in altri posti non si riescono più a cucinare perché se prima venivano preparati in cucine da volontari che si riunivano e realizzavano fino a 500 pasti, ora non è più possibile farlo. Ciò implica un’ulteriore difficoltà per chi vive in strada e si nutriva in quei luoghi. In più, anche i nostri sportelli legali ora sono in gran parte chiusi, riceviamo soltanto su appuntamento se è una cosa urgente o in scadenza. Per questo, quello che cerchiamo di ottenere con il nostro appello è la possibilità di prevenire anche problemi giuridici legati all’inottemperanza delle disposizioni, evitando di multare i senza dimora per il solo fatto di trovarsi in strada.”

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.