Invertito l’invecchiamento nel cervello dei topi: la chiave per fermare le conseguenze dell’età potrebbe essere il microbiota

Dopo aver prelevato un campione di microbiota fecale da topi giovani, i ricercatori dell’University College di Cork lo hanno trapiantato in esemplari più anziani, notando in questi ultimi un’inversione del processo di deterioramento cerebrale nei roditori, che riuscivano a trovare più velocemente le vie di uscita da un labirinto e a memorizzarne i percorsi. I risultati confermano il legame tra li microbiota e il cervello, ma serviranno altri studi per capire se gli stessi effetti siano osservabili sugli umani.
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Alessandro Bai 13 Agosto 2021
* ultima modifica il 13/08/2021

Immagina che la medicina possa intervenire sull'invecchiamento del tuo cervello, frenando questo processo e risolvendo o perlomeno attenuando i vari problemi che ne derivano, ad esempio il declino cognitivo. Al momento è solo fantasia, ma in futuro chissà: un primo passo importante in questa direzione è stato fatto da un team di ricercatori dell’University College di Cork, in Irlanda, che attraverso un trapianto di microbiota fecale sono riusciti a eliminare alcuni segni di vecchiaia cerebrale nei topi, evidenziando come questi effetti negativi siano di fatto reversibili. I risultati ottenuti sono stati pubblicati sulla rivista Nature Aging e confermano i legami, emersi negli ultimi anni, fra i batteri presenti nell'intestino umano e lo stato di salute di una persona, ma ci vorranno ulteriori studi per capire se gli stessi meccanismi valgano anche per gli esseri umani.

Trapianto di microbiota per fermare l'invecchiamento

Che con il passare dell'età il cervello vada incontro a un graduale deterioramento non è di certo una novità. Tutte quelle piccole dimenticanze, o la difficoltà ad apprendere nuove capacità, sono infatti legate all'invecchiamento, un processo sul quale, stando a diversi studi effettuati negli ultimi anni, possono influire anche quei batteri, funghi e protozoi che formano il cosiddetto microbiota intestinale, che ha tra le proprie funzioni anche il supporto del sistema immunitario. Non è un caso, infatti, che il microbiota cambi la sua composizione nel tempo: ecco perché il team irlandese ha voluto vederci più chiaro, per capire se le variazioni della popolazione di microbi intestinali fosse direttamente collegata agli effetti negativi notati a livello cerebrale.

Per verificare questa ipotesi, i ricercatori hanno ottenuto dei campioni di feci da topi di 3-4 mesi di età, l'equivalente di un giovane adulto, trapiantandoli in roditori di 20 mesi. Il primo effetto osservato è stato relativo alla composizione del microbiota dei topi anziani, che risultava alterata e molto più simile a quella degli esemplari giovani dai quali avevano ricevuto i microbi intestinali. Ma non era tutto qui: in seguito al trapianto, gli animali più vecchi hanno mostrato variazioni importanti nell'ippocampo, dimostrandosi più veloci sia a trovare le vie di uscita o le piattaforme nascoste presenti in un labirinto, sia a memorizzarne i percorsi, reazioni che invece non sono state notate nei roditori in cui era stato trapiantato il microbiota di altri topi anziani.

"È come se avessimo premuto il pulsante ‘rewind' sul processo di invecchiamento", ha commentato il neuroscienziato John Cryan, tra gli autori dello studio. "Questa ricerca potenzialmente può cambiare le carte in tavola, dato che abbiamo dimostrato che il microbioma (cioè il patrimonio genetico esprimibile dal microbiota, ndr) può essere controllato al fine di invertire il deterioramento del cervello legato all'invecchiamento. Inoltre, abbiamo notato un miglioramento nelle abilità di apprendimento e nella funzione cognitiva". Nonostante l'entusiasmo per la scoperta, però, il ricercatore avverte che "è ancora presto e ci vorrà molto altro lavoro per capire se e come questi risultati possano essere riprodotti negli umani".

Fonte| "Microbiota from young mice counteracts selective age-associated behavioral deficits" pubblicato su Nature Aging il 9 agosto 2021

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