Jane Goodall, la signora degli scimpanzé che riscrisse il nostro rapporto con gli animali

Jane Goodall iniziò la sua vita da eco-eroe in Tanzania, dove ha dedicato la sua vita a studiare e proteggere gli scimpanzé. Nei suoi oltre 60 anni di studi ha portato alla luce tutto ciò che oggi conosciamo su questi animali.
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Rubrica a cura di Kevin Ben Alì Zinati
22 Febbraio 2022

Taccuino in mano, Jane Goodall iniziò la sua vita da eco-eroe il 14 luglio del 1960, la prima volta che mise piede in Tanzania. Da allora ha speso tutta la sua vita per studiare, riscoprire e proteggere le popolazioni di scimpanzé. È grazie a lei se oggi sappiamo così tanto su questi animali. Un dato in particolare: che noi e gli scimpanzé, e gli animali in generale, non siamo poi così diversi. 

Forse sei troppo giovane e il 14 luglio del 1960 non te lo ricordi semplicemente perché non eri ancora nato. Oppure c’eri, ma seguendo il racconto della nascita e della diffusione dei movimenti ambientalisti e animalisti negli anni, hai finito per perderti quel dettaglio apparentemente secondario.

Il 14 luglio del 1960 potrebbe dunque essere passato inosservato mentre invece è il momento in cui il mondo è cambiato.

O meglio, è il giorno in cui ha iniziato a cambiare poiché il processo è stato lungo e ha dato risultati nel tempo. Ma quel giorno è stato compiuto il primo passo, letteralmente.

Il 14 luglio di 60 anni fa Jane Goodall mise per la prima volta piede in Tanzania per (ri)scoprire e salvare gli scimpanzé selvatici diventando così la prima scienziata a studiare la vita e la mente di questi animali nel loro ambiente naturale.

L’amore di Jane per gli animali ha radici profonde come quelle di una quercia secolare. Fu sua mamma Vanne a spingerla verso questo mondo misterioso e affascinante. Fin quando ragazzina le propinava libri sugli animali, la indottrinava con i miti di Tarzan e del Dr. Dolittle e facendo leva sul suo precoce spirito di osservazione la spinse ad annotare su un piccolo taccuino tutte le caratteristiche che riusciva a distinguere degli animali con cui viveva.

Un episodio in particolare alimentò la fiammella da eco-eroe di Jane. E come spesso succede arrivò per caso, quando un giorno una cara amica le buttò sul tavolo una proposta tanto semplice quanto incredibile: “Vuoi venire con me in Kenya?”.

Jane accettò e proprio lì, sul suolo africano, un altro soffio di vento diede forza al suo fuoco interiore. Qui Jane incontrò il dr. Louis Leakey, un famoso antropologo e paleontologo che tra i propri campi di ricerca dava particolare attenzione allo studio degli scimpanzé.

Tra tutti gli animali, gli scimpanzé furono quelli che più rimasero nel cuore e nell’animo di Jane. Probabilmente ad affascinarla fu la loro vicinanza con l’uomo: nella scala evolutiva, gli scimpanzé rappresentano il gradino immediatamente antecedente a noi e in qualche modo studiare questi animali avrebbe potuto significare anche scoprire qualcosa in più su di noi.

Jane aveva 26 anni quando il 14 luglio del 1960 fece ritorno nel continente africano. Questa volta sbarcò a Gombe, in Tanzania, in quello che è ora conosciuto come Parco Nazionale di Gombe Stream.

Si tratta di una piccola lingua di terra sulle rive del lago Tanganica, al confine occidentale con il Congo, ricca di colline e ricoperta da foreste dove vivono diverse popolazioni di scimpanzé.

Qui, taccuino alla mano, avviò la sua ricerca sugli scimpanzé entrando in un universo praticamente mai esplorato. Come le aveva insegnato la mamma Vanne, Jane studiò e annotò per anni i movimenti, i comportamenti e le evoluzioni dei suoi scimpanzé e nel tempo portò alla luce tutto ciò che oggi sappiamo su questi animali.

Jane Goodall fu la prima a rendersi conto che gli scimpanzé sono davvero molto simili all’uomo, al punto che sono in grado di mettere in atto comportamenti fino a quel momento ritenuti peculiari dell’essere umano.

Jane, infatti, scoprì che gli scimpanzé possono pensare per risolvere semplici problemi e che sono capaci di maneggiare utensili per costruire. In più, notò che questi animali possiedono una vita affettiva ed emotiva complessa, proprio come la nostra, e che sono in grado di provare emozioni.

Dopo l’Inghilterra, Jane trovò una seconda casa in Tanzania. Nel 1977 fondò il Jane Goodall Institute e diede un’ulteriore spinta alla ricerca sugli scimpanzé. Vivendo sul campo per anni, però, Jane si rese anche conto che queste popolazioni animali erano seriamente minacciate da gravi pericoli.

Le deforestazioni e le sfrenate riconversioni di terre a uso agricolo rischiavano di lasciare senza casa centinaia di esemplari di scimpanzé che, giorno dopo giorno, si avvicinavano sempre di più all’estinzione. Per questo il Jane Goodall Institute avviò massicci progetti di conservazione della specie e di tutela del suo habitat.

Grazie al suo impegno contro la fagocitazione di ambienti naturali e specie da parte dello sviluppo economico Jane negli anni ’70 divenne una delle più famose e seguite ambientaliste del mondo.

E da allora non ha smesso di combattere per il Pianeta. Oggi, anche ultraottantenne, viaggia quasi 300 giorni all’anno per portare la sua esperienza e la sua conoscenza in ogni angolo del globo cercando di sensibilizzare sempre più persone sui danni che l’uomo è in grado di fare all’ambiente in cui vive.

Jane non è riuscita solo a cambiare per sempre il modo in cui pensiamo agli scimpanzé, gli animali davvero più vicini a noi. I suoi studi hanno rivoluzionato il nostro rapporto con tutto il resto del regno animale poiché è ormai chiaro che non siamo poi così diversi.

È questa la più grande lezione che Jane Goodall mette di fronte ai cittadini del mondo: una volta che ne saremo consapevoli, che avremo annullato ogni distanza tra noi e il Pianeta, saremo in grado di trovare una soluzione a questo processo di autodistruzione che abbiamo innescato. Solo così, insomma, potremo garantirci un futuro.

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Giornalista fin dalla prima volta che ho dovuto rispondere alla domanda “Cosa vuoi fare da grande”. Sulla carta, sono pubblicista dal altro…