La città fantasma di Consonno, quando la natura presenta il conto

In questo episodio di Contro Natura ti porteremo alla scoperta dell’ex città dei balocchi di Consonno. Ti racconteremo la sua tragica storia segnata dalle speculazioni, dagli eccessi e di come la natura sappia sempre regolare i conti.
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Rubrica a cura di Beatrice Barra
13 Ottobre 2023

Stanze vuote, un silenzio agghiacciante, l'eco di risate che non ci sono più. Non è l'inizio di un racconto horror, ma quello che resta di una città abbandonata a pochi km da Milano: la città fantasma di Consonno.

Consonno, dal Medioevo al boom economico

La storia di questo piccolo borgo risale addirittura al Medioevo. Posizionato a 634 metri sopra il livello del mare, Consonno è uno dei punti più alti della zona, da cui si riesce a osservare chiaramente il fiume Adda che esce dal lago di Como e tutti i paesi posti al di sotto.

All’inizio del ‘900 la vita per i circa 300 abitanti – quasi tutti agricoltori – a Consonno scorreva lenta, scandita dai ritmi della natura. Eppure, silenziosamente, la fine si stava avvicinando.

Fonte: Consonno, Facebook

Partiamo dal presupposto che a Consonno nessun abitante era proprietario della casa in cui abitava o del terreno che coltivava. Infatti tutto il borgo e i circa 170 ettari di campi e boschi che lo circondano erano proprietà di due facoltose famiglie della Brianza, fondatrici della "Immobiliare Consonno Brianza" – che avevano in mano il destino di tutto il borgo – fino a quando su Consonno mise gli occhi il Grande Ufficiale Mario Bagno, Conte di Valle dell'Olmo.

L’imprenditore individuò in Consonno il luogo ideale per realizzare i suoi progetti: prima di tutto con il via libera del Consiglio Comunale e del sindaco Luigi Viganò realizzò una strada per collegare direttamente il borgo e la frazione ad Olginate e poi, l’8 gennaio 1962 (per la cifra di 22.500.000 lire), il Conte acquistò in un colpo solo tutto il borgo di Consonno.

Il progetto del "Conte Amen": da borgo agricolo a città dei balocchi

Inizialmente il Conte Bagno sembrava voler aiutare il borgo che si stava spopolando a causa di una crisi dell'agricoltura, quindi le sue intenzioni furono interpretate come un’opportunità per incrementare il turismo e, soprattutto, per ridurre le fatiche del trasporto dei prodotti agricoli grazie alla nuova strada asfaltata. Gli abitanti soprannominarono addirittura Bagno “Il Conte Amen”, per la velocità con cui riuscì a ottenere ciò che voleva e completare i lavori.  Ben presto, però, questa sua capacità non sarebbe più stata vista come una cosa positiva.

Fonte: Consonno, FB – Mario Bagno

Erano i ruggenti anni 60, l’Italia era nel pieno del boom economico, si respirava euforia e divertimento. Proprio seguendo questa onda di libertà il Conte Mario Bagno piombò come un uragano sul borgo di Consonno distruggendo tutto quello che trovò. Con quale autorizzazione?

É quello che ci siamo chiesti anche noi. Per questo motivo abbiamo richiesto il fascicolo di documenti relativo alle autorizzazioni e alla pianificazione territoriale di Consonno. Richiesta che è stata respinta, stando alla missiva che ci è stata inviata dal legale di "Immobiliare Consonno Brianza" per mancanza di "giustificazione o interesse specifico alcuno". (A nostro parere l'interesse specifico è il diritto di cronaca, ma andiamo avanti).

É stato possibile stravolgere Consonno perché all’epoca non c’era l’attenzione che c’è oggi, sia dal punto di vista etico che normativo, in merito alla tutela ambientale nel campo dell’edilizia, specialmente se parliamo di un territorio a tutti gli effetti privato, com’era Consonno. Ti basti pensare che le ruspe e l’esplosivo spianarono la collina davanti alla frazione solo perché limitava il panorama. Poi vennero rase al suolo tutte le case, lasciando integri solo la casa del cappellano, il cimitero e la Chiesa di San Maurizio. Addirittura alcuni residenti non furono nemmeno avvertiti dei lavori e scoprirono che la loro casa stava per essere demolita solo quando le ruspe sfondarono i muri del salotto.

Insomma, in men che non si dica dalle rovine del vecchio borgo agricolo sorse una eccentrica e sfarzosa nuova Consonno, la Las Vegas della Brianza.

La Las Vegas della Brianza

Nella nuova città dei balocchi alla fine vennero realizzate: sale da gioco e sale da ballo, un hotel e una galleria di negozi in stile arabeggiante, tutto decorato con sfingi egiziane, cannoni e pagode cinesi, fino addirittura a un improbabile minareto, cioè una torre araba, presente in quasi tutte le moschee. Vennero progettati anche uno zoo, luna park e dei circuiti automobilistici.

All’inizio l’idea del Conte non sembrò così male. Grazie alla vicinanza a Milano, e alla presenza di grandi ospiti come Celentano, Mina fino a Pippo Baudo, tantissime persone accorsero curiose. In breve tempo Consonno divenne veramente il posto giusto per chi cercava divertimento, emozioni e, si dice, anche avventure al limite della legalità.

Fonte: FORTEPAN Erky–Nagy Tibor/ Wikimedia Commons

Ma la fama durò poco. Ben presto la Las Vegas della Brianza non fu più una novità e i conti iniziarono a non tornare.

Dal dissesto idrogeologico alla frana che segnò la fine di Consonno

Le prime conseguenze sul territorio di tutti i lavori fatti dal Conte arrivarono già nel novembre 1966. Gli scavi e le esplosioni avevano creato un grave dissesto idrogeologico, cioè una degradazione del suolo. Il 4 novembre 1966 (triste data per le alluvioni in Italia) considerevoli quantità di fango e pietre iniziarono a slittare verso valle, finché, un anno dopo, una frana invase per la prima volta la strada di Consonno.

Fonte: Consonno, Facebook

È proprio dopo questa frana che iniziarono ad emergere le reazioni di varie associazioni pubbliche, che definirono il progetto insostenibile. Praticamente si accorsero che il progetto creato dal Conte Bagno aveva scopi puramente economico-personali e si scontrava con la tutela del paesaggio. Allo stesso modo, su richiesta del Consiglio Comunale, anche l’ordine degli architetti iniziò a sottolineare che le strutture erano incoerenti con il paesaggio e che, fondamentale, i lavori stavano compromettendo ettari di verde.

Alla fine però fu proprio la natura a segnare la fine di Consonno: nell'ottobre del 1976 una nuova frana, partita proprio da quello che rimaneva della collina spianata, cadde sulla strada di accesso della Las Vegas della Brianza, isolandola completamente. Stavolta nessuno intervenne.

Fonte: Consonno, Facebook

La frana, in aggiunta alla poca presenza da parte dei visitatori, decretò l’abbandono della città. E oggi, dopo più di quarant'anni, la struttura è ancora lì inutilizzata.

I tentativi di riqualifica

In realtà un tentativo di riqualifica è stato fatto. Negli anni 80 lo stesso Conte Bagno tentò di salvare Consonno ristrutturando una parte del Grand Hotel Plaza per costruirci una casa di riposo per anziani. Infermieri e degenti dell’ospizio diventarono gli ultimi custodi di una città che intorno a loro si stava trasformando in una città fantasma. Scenario che si realizzò definitivamente nel 2007 quando anche la casa di cura fu trasferita.

Consonno oggi, tra abbandono e rave

Fine della storia? Non proprio. L’ormai famosa città fantasma oggi è ancora un’attrazione, ma per un pubblico completamente diverso. Negli ultimi anni Consonno è diventata una meta per organizzare rave e festini illegali in cui centinaia di giovani si radunano per “divertirsi” arrivando persino a distruggere irrimediabilmente le rovine di ciò che c'era un tempo.

Ma questa in realtà non è solo la storia di Consonno: a livello nazionale sono più di 248 i km2 di edifici non utilizzati, ovvero una superficie più o meno grande quanto Parma.

Per non parlare del fatto che, solo nel 2021, la costruzione di nuove abitazioni, industrie e parcheggi ha sfiorato i 70 km2. Ovvero, in media, vuol dire che l’italia ha perso circa 19 ettari di suolo al giorno. Contemporaneamente i luoghi abbandonati vengono lasciati a deteriorarsi, causando a volte anche problemi ambientali ed economici.  Ma fortunatamente oggi, si aprono le porte a nuove prospettive.

L'opportunità del riuso adattivo

Si sta cominciando a vedere gli ecomostri non solo come uno spreco di spazio e di risorse, ma come un’opportunità. Il riuso adattivo, cioè la riqualifica di questi edifici abbandonati con uno scopo diverso da quello per cui erano stati originariamente costruiti, permette di dare vita a nuovi spazi attraverso la riduzione del consumo di suolo e di energia, il miglioramento della qualità funzionale, ambientale e paesaggistica dei territori, la creazione di opportunità di sviluppo sociale, culturale ed economico e la prevenzione del rischio di degrado, vandalismo e inquinamento.

In Italia ci sono molti esempi di riuso adattivo di edifici abbandonati, che dimostrano come sia possibile far rinascere questi luoghi valorizzandone, allo stesso tempo, il patrimonio storico e artistico. Uno fra tutti è il Parco Dora a Torino, un parco nato dall’idea di riconvertire un’ex area industriale storica della città, dove per quasi un secolo sono state attive fabbriche legate al settore automobilistico. Questo progetto ha saputo cogliere le potenzialità di queste industrie inutilizzate trasformandole in luoghi di bellezza e di benessere: eventi culturali, musicali, luoghi per fare sport.

Fonte: Consonno, Facebook

È per questo che diventa essenziale far conoscere Consonno non solo come lo scheletro di una città dei divertimenti, con edifici pericolanti a rischio di crollo imminente, dove tutto ciò che rimane dei felici tempi passati sono le macabre arcate in ferro arrugginito, sulle quali si legge ancora, “A Consonno è sempre festa”, "Consonno è il paese più piccolo e bello del mondo” ma anche come una città ricca di potenzialità, che può rinascere ancora seguendo e rispettando le regole dettate dall’ambiente che la circonda. Così, fra qualche anno, potremmo sentirne nuovamente parlare: ma questa volta come un museo, un parco tematico o un luogo di aggregazione – legale – all’insegna del sano divertimento.

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Polentona acquisita e curiosa instancabile. Sono a Milano dal 2016 e scrivo per passione da quando ho cinque anni. Amo il altro…