La lotta di Cecilia contro il Parkinson a colpi di bracciate

Già l’anno scorso Cecilia Ferrari, alla quale è stato diagnosticato il Parkinson 11 anni fa, aveva attraversato a nuoto lo Stretto di Messina. Anche quest’anno si è ripetuta. Il suo obiettivo? Sensibilizzare la gente sulla malattia e dimostrare a medici e malati che una buona qualità di vita è possibile.
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Federico Turrisi 29 Luglio 2019
* ultima modifica il 22/09/2020

"Lei ha la malattia di Parkison, mi dispiace". Quando senti queste parole pronunciate dal medico il mondo ti crolla sotto ai piedi. È come se un giudice avesse emesso la sua sentenza di condanna inappellabile. Significa che la tua vita e quella delle persone che ti stanno accanto non saranno più le stesse. Significa avere la consapevolezza di soffrire di una malattia neurodegenerativa grave, per cui non esiste una cura: la situazione è irreversibile, può solo peggiorare nel tempo. "La malattia di Parkinson mi è stata diagnosticata 11 anni fa. È stato un momento decisamente traumatico, il giorno più brutto della mia vita".

A parlare è Cecilia Ferrari, 54 anni, veterinaria di Arona, città sul Lago Maggiore in provincia di Novara. Lei però non si è data per vinta e ha rispolverato una sua vecchia passione, il nuoto, per dimostrare che la malattia non ha annientato la sua forza d'animo. E così un anno fa ha portato a termine l'impresa di attraversare lo stretto di Messina a nuoto e oggi 29 luglio si è concessa il bis. Circa tre chilometri e mezzo di bracciate, da Punta Faro, in Sicilia, a Cannitello, in Calabria.

L'iniziativa si chiama #SwimForParkinson e rientra nell'ambito del progetto ‘Un mare da vivere… senza barriere', promosso dall'associazione L'Aquilone Onlus di Messina, col patrocinio della Fondazione Limpe per il Parkinson Onlus e dell'Accademia per lo Studio della Malattia di Parkinson e i Disordini del Movimento (Limpe-Dismov). Nel 2018 Cecilia era l'unica malata di Parkinson, all'interno del gruppo dei partecipanti, a compiere la traversata dello stretto di Messina; oggi invece era in compagnia di altri quattro "colleghi", come li definisce lei parlando con noi di Ohga.

"Se undici anni fa, dopo che mi era stato diagnosticato il Parkinson, avessi conosciuto una come me, probabilmente avrei vissuto meglio e con un diverso spirito quel periodo difficilissimo. A me il medico aveva detto a proposito dello sport: «massì se lo vuole fare, si liberano delle endorfine, perché no». E invece no! Dev’essere fondamentale, ma sotto tutti i punti di vista, da quello fisico a quello mentale. Ben vengano i medici che prescrivono fin da subito esercizi di ginnastica e altre attività fisiche per i malati di Parkinson. Il messaggio fondamentale di #SwimForParkinson è questo ed è rivolto sia ai pazienti sia ai medici: si può condurre una vita di qualità ancora per un po' di tempo."

L'attività fisica è molto importante perché la malattia di Parkinson colpisce il cervello e in particolare i neuroni dopaminergici che producono un neurotrasmettitore, la dopamina per l'appunto, fondamentale per il controllo dei movimenti del corpo. Tra i sintomi, oltre al tremore a riposo (che è probabilmente il segno più evidente, quello che contraddistingue il Parkinson nell'immaginario collettivo), ci sono anche la rigidità muscolare e la bradicinesia, ossia il rallentamento dei movimenti. Ma fare attività fisica può avere effetti benefici anche a livello emotivo.

"Il nuoto mi ha aiutato a canalizzare le energie e a neutralizzare la negatività. Per me fa parte della terapia stessa. Avere un obiettivo, impegnarsi per raggiungerlo, coinvolgere altre persone: per me tutto ciò è importantissimo."

Testimonial d'eccezione di #SwimForParkinson è l'ex campione di nuoto Massimiliano Rosolino, che Cecilia ha avuto il piacere di incontrare e con cui ha avuto occasione di confrontarsi in una speciale intervista doppia per promuovere l'evento.

"È davvero molto simpatico. Ha fatto un sacco di battute, con lui mi sono divertita molto. Abbiamo nuotato un po’ insieme ed è stata un'esperienza sinceramente emozionante. Quasi stentavo a crederci. Sono cose belle, e sono contenta che mi accadano."

Non abbattersi mai e guardare avanti, nonostante la malattia. Ma verrebbe da aggiungere, nonostante gli ostacoli che la vita ci mette di fronte e che molto spesso mettiamo noi stessi. L'esempio di Cecilia allora non ha come destinatari solo coloro che soffrono di Parkinson. È una lezione a non arrendersi rivolta a tutti.

"Non voglio dire che sia bello essere malati, assolutamente. Però bisogna anche pensare a una sorta di rovescio della medaglia che per fortuna c’è. Convivere con la malattia è già pesante di suo; cerchiamo di essere il più positivi possibile e di apprezzare maggiormente quello che di buono la vita ci riserva."

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.