La previsione del prof Pregliasco sull’influenza: “Forse sarà più leggera, anche per via del caldo. Ma spingiamo la vaccinazione”

Secondo il prof Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano, nei prossimi mesi potrebbe circolare un solo virus influenzale e potremmo assistere “solamente” a 5-6 milioni di casi. Ci aspetterebbe insomma una stagione più leggere della precedente, complice anche le alte temperature a cui stiamo assistendo.
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Kevin Ben Alì Zinati 12 Ottobre 2023
* ultima modifica il 24/10/2023
In collaborazione con il Prof. Fabrizio Pregliasco Virologo dell’Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario dell'Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano

Quella che sta arrivando, probabilmente, sarà un'influenza tutto sommato lieve. In parte anche per via del caldo anomalo che a ottobre ci consente ancora pantaloncini e magliette corte. Seguiremo comunque tutti gli aggiornamenti come facciamo ogni anno.

La stessa rassicurazione non arriverebbe tuttavia dalla campagna di vaccinazione antinfluenzale, ancora a rilento e destinata a restare lontana dall'obiettivo minimo del 75% fissato dal Ministero della Salute.

All’indomani del primo caso ufficiale registrato in Italia, un neonato di Parma, è questo ciò che dovremo aspettarci dalla stagione influenzale 2023-34 secondo il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario dell'Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano.

“Le previsioni a lungo termine, come quelle meteorologiche, hanno dei limiti. Ad oggi – ha spiegato Pregliasco – possiamo però dire che a prescindere dal Covid-19, leggermente in ripresa, nei prossimi mesi circolerà un solo virus influenzale, il cosiddetto H1N1, e potremmo registrare «solamente» 5-6 milioni di casi”.

Lo suggerirebbero l’osservazione di quanto successo nell’inverno australe appena finito, dove il virus ha dato vita a una stagione influenzale non pesantissima in termini numerici, e la comparazione manuale tra la popolazione e le caratteristiche dell’Australia con il dato storico dell’Italia. “Lo scorso anno, il sistema di sorveglianza Influnet parlava di oltre 13 milioni di casi, un dato comunque sporcato da Sars-CoV-2”.  

È chiaro, ha continuato Pregliasco, che 5-6 milioni di casi non rappresenteranno il totale. In mezzo ci saranno i casi di Covid e forme virali meno gravi, non segnalate e dovute ai virus cugini dell’influenza, dal rhinovirus agli altri coronavirus.

L’andamento metereologico dei prossimi mesi giocherà sicuramente un ruolo da protagonista. “I periodi in cui la temperatura si abbassa di molto e resta tale per diversi giorni favoriscono la diffusione dell’influenza. Non si sbaglia quindi quando si dice che l’influenza si diffonde maggiormente sotto le festività, che cadono nei mesi solitamente più freddi”. 

Climi più miti e caldi invece non favorirebbero solo la tendenza a restare meno nei luoghi chiusi e affollati ma preparerebbero un terreno decisamente più fertile per l’azione di tutti gli altri virus dell’influenza. “Se dovesse esserci un crollo delle temperature le cose potrebbero invece cambiare”.

Questo non significa che possiamo stare tutti tranquilli e che la vaccinazione antinfluenzale non servirà. Tutto l’opposto. Anzi: oggi avremmo anche un motivo in più per proteggerci chiamato «Long raffreddore».

anziano

Dietro questo nome forse un po’ mediatico e poco scientifico si nasconde una consapevolezza che il professor Pregliasco ribadisce da anni, ancora prima dell’arrivo della pandemia. Ovvero che l’influenza non è solo il momento acuto: stanchezza e molti altri suoi sintomi possono durare anche nelle settimane successive.

“Serve maggior attenzione – ha continuato il virologo – anche perché si ha la riduzione delle difese immunitarie, il rischio di sovrainfezione batterica e l’apertura al Covid-19”.

La raccomandazione insomma è quella di vaccinarsi, sia contro l’influenza sia contro il Covid-19 visto che quest’anno, come già lo scorso, possono essere somministrate contemporaneamente. Il problema però è che le cose non starebbero andando nella direzione di una maggior copertura.

In un Position Paper – quindi un documento di opinione e non uno studio pubblicato su una rivista peer reviewed – redatto da un board di esperti e indirizzato alle istituzioni sanitarie viene detto che oggi il 50% delle persone con più di 65 anni e dei pazienti fragili non si vaccina contro l'influenza o non riceve il vaccino più adatto, ovvero quello raccomandato dal ministero.

“C’è un effetto negativo dopo gli ultimi anni, lo vediamo addirittura nelle vaccinazioni per l’infanzia – ha aggiunto -. Nel 2020 i 65enni si sono vaccinati un po’ di più, siamo arrivati al 65% contro obiettivi del 75% ma già l’anno dopo e quella successivo si è tornati a valori che sfiorano il 50%, ovvero lo zoccolo duro di chi si è sempre vaccinato ma nulla di più”. 

Una pandemia sembra non bastare per scuotere gli animi e rafforzare la sensibilità verso l’importanza della vaccinazione. “Percepisco una resistenza: le cose negative che ci hanno fatto male tendiamo a dimenticarle. Non sottovalutiamo poi il fatto che i vaccini sono sempre terribili nella percezione di molti cittadini, colpa anche di quel rumore di sottofondo fatto da no-vax ideologici che, alla fine, incide su una quota di esitanti” 

Infine, a gravare sulla campagna di vaccinazione ci sarebbe anche la sottovalutazione del rischio da parte di molti, racchiusa in quell’«adagio» diventato ormai tristemente famoso: «Tanto è solo un’influenza». “Ecco: diciamolo alle famiglie delle centinaia di persone che ogni settimana muoiono per influenza o Covid” ha concluso Pregliasco.

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