junk food

La scienza ha scoperto perché la “dieta occidentale” fatta di cibi grassi e zuccheri compromette la memoria

Uno studio pubblicato sulla rivista Brain, Behavior and Immunity ha scoperto che una dieta ricca di alimenti grassi e zuccheri riduce i livelli di acetilcolina, un neurotrasmettitore nel cervello coinvolto nei processi di memoria. Meno concentrazioni di questa proteina equivarrebbero a una memoria meno efficace.
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Kevin Ben Alì Zinati 8 Maggio 2024
* ultima modifica il 08/05/2024
In collaborazione con il Dott. Simone Gabrielli Biologo nutrizionista

Che i problemi di memoria potessero essere collegati a ciò che portiamo sulla nostra tavola è una strada investigativa ormai già aperta e battuta.

Alimenti ricchi di grassi saturi e zuccheri sono da tempo sotto la lente d’ingrandimento ma un nuovo studio sembra aver svelato il “vero” modo in cui questi “soliti sospetti” agiscono e danneggiano il nostro organismo.

Uscendo dalla metafora, ciò che voglio dirti è per molto tempo si è pensato che un’alimentazione squilibrata come la cosiddetta «Western Diet», tra le altre cose, favorisse l’obesità e l’alterazione del microbiota intestinale inficiando, così, le nostre capacità cognitive e mnemoniche.

In realtà, secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista Brain, Behavior and Immunity, il junk food finirebbe per ridurre i livelli di acetilcolina, un neurotrasmettitore nel cervello: meno concentrazioni di questa proteina corrisponderebbero a una memoria più fallace, specialmente nella popolazione più giovane.

L’ha spiegato un gruppo di ricercatori dell’University of Southern California di Los Angeles attraverso i risultati di un esperimento fatto su modelli animali, in cui un gruppo di topi è stato alimentato con una dieta a base di alimenti ad alto contenuto di grassi e zuccheri.

Confrontandolo con un coorte di topi nutriti invece in maniera sana, gli scienziati hanno visto che il primo gruppo falliva nei test di memoria, non riuscendo a identificare oggetti e ambienti noti d giorni. Il secondo gruppo, invece, aveva superato il testo con successo.

Si tratterebbe della prova che alimentarsi con cibi industriali, estremamente lavorati e processati, molta carne rossa, prodotti fritti, grassi e unti (come «prevede» la dieta occidentale) non solo non fa bene in generale alla salute ma compromette in maniera seria e irreparabile pure il funzionamento della memoria.

Questi risultati si inseriscono in un filone di ricerca che aveva già portato ad indagare il legame tra una dieta povera di alimenti sani, bassi livelli di acetilcolina  nel cervello e il morbo di Alzheimer.

La loro bontà è stata ulteriormente confermata con il test inverso: somministrando farmaci per favorire la produzione di acetilcolina, i topi hanno recuperato le propria capacità di memoria.

“Si tratta solo di uno studio fatto su topi, siamo ben lontani da avere delle risposte servono tanti altri studi ma la «Western Diet» rimane una dieta con pessime abitudini alimentari. Troppo ricca di calorie, grassi saturi e zuccheri liberi da evitare a prescindere dal risultato che uscirà dal progredire di queste ricerche” ha commentato il dottor Simone Gabrielli, biologo nutrizionista, dando uno sguardo ai risultati del studio dai quali emerge, tra l’altro, un apparente non coinvolgimento del microbiota intestinale.

I danni a carico del microbiota sono stati considerati a lungo tra i responsabili dei difetti di memoria, sebbene quest’ultimo esperimento abbia dimostrato come le scarse prestazioni di memoria non dipendessero da sue alterazioni.

Ciò però non significa che non abbia un ruolo nella nostra salute. Il dottor Gabrielli ci aveva già spiegato che questo insieme di oltre 10mila miliardi di mocrorganismi è fondamentale per le sue funzioni metaboliche, strutturali (per lo sviluppo dei villi intestinali e delle cellule epiteliali dell'intestino che partecipano alla costituzione della barriera epiteliale) e protettive contro le infezioni.

“Negli ultimi anni abbiamo capito che il microbiota intestinale influisce non solo sulla salute del nostro intestino ma dell’intero organismo. Ancora non si conoscono molti aspetti e i meccanismi precisi, ma più portiamo avanti le ricerche e più ci avviciniamo a comprendere come prenderci cura del nostro microbiota per rimanere in salute” ha concluso il nutrizionista.

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