La sindrome di Von Hippel-Lindau: cosa vuol dire convivere con la tendenza a sviluppare tumori

Una malattia rara che colpisce circa 1 persona ogni 40mila, ma quando è presente mette a repentaglio tutta la vita. A cominciare dalla necessità di sottoporsi a una ventina di visite di controllo ogni anno, da specialisti diversi e che probabilmente vivono anche in zone dell’Italia lontane dal paziente. Come si può quindi lavorare? O avere una famiglia?
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Rubrica a cura di Giulia Dallagiovanna
5 Ottobre 2020
Intervista al Prof. Giuseppe Opocher Direttore scientifico dell'Istituto Oncologico Veneto di Padova

Ti ricordi l'ultima volta che ti sei sottoposto agli esami medici di routine? Prelievo del sangue, controllo della vista, analisi delle urine. Ora aggiungi anche visite che di norma si fanno ancora più di rado: l'appuntamento dall'urologo, quello dal nefrologo e un altro da un endocrinologo. Metti insieme circa una ventina di specialisti e immagina di dover prendere un appuntamento con ciascuno di loro almeno una volta l'anno. Ogni anno. Ma non è finita qui. Non basta un qualunque oculista, devi trovarne uno che sia esperto anche della Sindrome di Von Hippel-Lindau, la malattia rara di cui soffri, che poi è anche la ragione per cui devi passare per tutti questi ambulatori. E allora la faccenda si fa ancora più complicata. Sì, perché di questi specialisti non se ne trovano molti e potresti finire per prenotare controlli diversi in città diverse. Magari persino all'estero.

La vita di chi è affetto da questa patologia assomiglia molto da vicino a un continuo pellegrinaggio. Non per niente il professor Giuseppe Opocher, direttore scientifico dell'Istituto Onologico Veneto, l'ha definita la più complessa che esista in Medicina. "È una malattia genetica tumorale multiorgano – ci spiega, – che predispone il paziente all'insorgenza di tumori, per la maggior parte benigni, ma pur sempre pericolosi per l'area in cui si collocano". I primi sintomi possono comparire anche attorno ai 5 o 6 anni, ma una volta arrivati a 50 anni le manifestazioni sono ormai tutte conclamate. E sono tante e molto diverse tra loro.

Partendo dalla testa e arrivando fino agli arti inferiori, si incontrano per primi gli emangioblastomi su cervelletto e midollo spinale, che sviluppandosi in uno spazio ristretto possono anche rivelarsi fatali o provocare lesioni che ti renderanno paraplegico e non potrai più muovere gambe e braccia. Poi neoplasie attorno al sacco endolinfatico, all'interno dell'orecchio, o angiomi nell'occhio, i quali possono risultare anche perdita dell'udito o della vista. "Ci sono storie terribili di ragazzi diventati improvvisamente ciechi, magari dopo essere stati a una festa, perché il tumore ha causato il distacco della retina", conferma il professor Opocher.

Proseguendo, vengono coinvolti via via quasi tutti gli organi, come il pancreas, i reni, il surrene (una ghiandola che si trova sopra il rene e deputata alla produzione di alcuni ormoni), il legamento largo dell'utero nelle donne e l'epididimo che si trova nel testicolo dell'uomo. Più rari sono invece i tumori che interessano i polmoni.

"Bisogna poi tenere presente che, avendo una predisposizione a sviluppare neoplasie, ne compare anche più di una sullo stesso organo", aggiunge Opocher. E come potrai immaginare, ciascun cancro presenta complicanze o può avere ripercussioni sull'organismo e lasciare strascichi. "Io ho 50 anni -, inizia a raccontare Francesco Lombardi, avvocato di Torino e fondatore dell'Associazione italiana famiglie VHL Onlus. – Ho già subito diversi interventi chirurgici, mi hanno dovuto asportare alcuni organi, soffro di insufficienza renale, insufficienza pancreatica e di diabete".

La vita dunque viene completamente rivoluzionata. Non è facile ad esempio trovare un datore di lavoro disposto a concedere a un suo dipendente tutti i permessi di cui ha bisogno per le innumerevoli visite a cui si deve sottoporre. E non è nemmeno scontato poter costruire una famiglia. "Ho scelto di avere quattro figli, perché ho incontrato una compagna che ha voluto compiere questo percorso con me. Ma la stragrande maggioranza dei pazienti preferisce evitare", prosegue Lombardi.

Anche perché questa malattia nasconde un'altra insidia. Come ti ho accennato prima, è genetica. Viene cioè provocata da una mutazione del gene VHL e la trasmissione è autosomica dominante. Vale a dire che se anche un solo genitore ne è affetto, c'è un'elevata possibilità che la contraggano i figli. Nello specifico, si tratta del 50% a ogni nuovo concepimento.

Una delle insidie della VHL è che basta un solo genitore con la malattia, per trasmetterla ai figli

Gli ostacoli da superare, però, cominciano molto prima che si pensi a un progetto di vita o di famiglia. Già alla prima manifestazione arriva forse lo scoglio più importante: la diagnosi. "La prima volta che si incrocia questa malattia – spiega Lombardi – è quando insorge un problema grave, come un tumore, magari quando si è ancora molto giovani. Quindi ci si trova già in una condizione psicologica difficile, perché il medico ha già parlato di cancro. Lo specialista però potrebbe non intuire che la questione è molto più complessa e riguarda tutto il corpo, non solo la singola neoplasia. Questa è una delle nostre battaglie più importanti: trasmettere il messaggio che quando si presenta un ragazzo di 15 anni con un tumore emangioblastoma o un distacco della retina, tra le varie possibilità bisogna prendere in considerazione anche la VHL".

In quanto malattia rara, che colpisce circa 1 individuo ogni 40mila, non sarà infatti in cima alla lista delle opzioni che il medico valuterà. La diagnosi precoce però è l'unica reale possibilità di cura contro questa sindrome. E lo scopo di tutti gli interventi che vengono messi in campo è quello di migliorare la qualità della vita. "Non possiamo pensare di rimuovere tutti i tumori che si formano, quindi si devono trovare strategie per convivere con la VHL – precisa il professor Opocher. – Si tiene sempre monitorata la situazione e si ricorre all'operazione chirurgica solo quando è inevitabile". Anticipare non è sempre una buona idea. "Magari la sindrome esordisce con un tumore del rene e si invece di rimuovere l'organo, come si farebbe di norma, bisogna cercare di asportare solo il tumore e lasciare quanto più tessuto possibile, perché molto probabilmente se ne formeranno altri. Oppure un paziente ha già sviluppato anche un feocromocitoma senza saperlo, condizione che lo espone al rischio di arresto cardiaco durante la pre-anestesia. Due esempi dove la fretta non è buona consigliera", conclude.

Ricapitolando: devi sperare che il medico che hai di fronte intuisca la malattia rara di cui soffri e poi iniziare il giusto percorso terapeutico e soprattutto trovare gli specialisti nelle varie discipline che sappiano davvero come si affronta la VHL. Sì, ma dove? Se lo chiedono spesso anche i pazienti stessi. Il gruppo Whatsapp dell'Associazione fondata da Francesco Lombardi è pieno di persone che si chiedono dove trovare un oculista che conosca anche la sindrome o un endocrinologo che sappia come affrontare la situazione. La Onlus è nata anche per questo: mettere in comunicazione tra loro i malati, in modo che possano sostenersi l'un l'altro e scambiarsi informazioni, soprattutto di tipo pratico.

"Gli amici provano a starti vicino, ma non sanno come esserti d'aiuto perché non possono capire fino in fondo cosa significhi vivere con la VHL – fa notare Lombardi. – Mi capita spesso, ad esempio, che mi chiami qualcuno che ha ricevuto la diagnosi e alla fine mi ringrazi, perché finalmente gli è apparsa una luce nel buio, qualcuno che sappia davvero di cosa ha bisogno".

E poi c'è l'Istituto Oncologico Veneto a Padova, dove il professor Giuseppe Opocher negli anni '90 ha dato vita alla prima e unica equipe multidisciplinare sulla VHL presente in Italia. Conta in tutto 27 specialisti. Un paziente quindi sa di poter trovare tutti medici di diversi ambiti, tutti in comunicazione tra loro, che siano in grado di guardare al suo tumore come alla manifestazione di un problema più grande. C'è chi infatti prende una settimana di ferie dal lavoro per poter effettuare tutte le visite di controllo all'IOV ed evitare una sorta di pellegrinaggio sanitario che finisce per trasformare una persona in un malato e basta.

Proprio il professore accende una speranza, guardando ai progressi della Ricerca: "È vero che non esiste ancora una cura per la VHL, ma è stato scoperto che la proteina riveste un ruolo molto importante per lo sviluppo dei tumori. Perciò sono stati studiati farmaci che inibissero la sua azione. E so che si sta lavorando allo sviluppo di medicinali ancora più specifici. Anche se per il momento non è ancora pensabile di poter prevenire del tutto la malattia".

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Sono Laureata in Lingue e letterature straniere e ho frequentato la Scuola di giornalismo “Walter Tobagi” di Milano. Mi occupo principalmente altro…