“La Terra ha raggiunto un punto di ebollizione”, dobbiamo ridefinire il nostro modo di vivere e produrre

Le ondate di caldo estremo in India, ma anche le guerre che rivelano la nostra dipendenza dai combustibili fossili. La carenza di materie prime e le crisi, anche alimentari, che ne potrebbero derivare. Ma secondo lo Stockholm Environment Institute è anche un momento di grandi opportunità e speranze per un cambiamento vero.
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Giulia Dallagiovanna 20 Maggio 2022

La Terra ha raggiunto "un punto di ebollizione", sostiene il report Unlocking a better future dello Stockholm Environment Institute (SEI). E considerando che per questo weekend di metà maggio sono attesi fino a 35 gradi non è difficile credergli. L'analisi è stata pubblicata in occasione della conferenza delle Nazioni Unite, Stoccolma 50, per fare un punto rispetto agli ultimi 50 anni. Non un periodo di tempo scelto a caso: proprio nel 1972 si è tenuta la prima Conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente umano, che ha stabilito un quadro d'azione e un'agenda globale da seguire. "Ma nonostante le grandi ambizioni, lo stato attuale del nostro pianeta dimostra che è rimasto molto da fare", scrivono gli autori che invocano decisioni coraggiose basate sulla scienza e un completo ripensamento del nostro modo di vivere.

Secondo il report, le basi per mettere in atto un cambiamento sono state gettate. Tra queste si annoverano gli investimenti pubblici che mirano a un cambiamento strutturale in direzione della sostenibilità o l'accelerazione nello sviluppo di tecnologie green. Quello che manca, però, è un'azione decisa e di rottura con il passato. "Il mondo è arrivato a un punto di ebollizione sotto molti punti di vistaha spiegato Åsa Persson, direttrice di Ricerca al SEI. – Dalle ondate di caldo estremo nel Sud dell'Asia, alle guerre e ai conflitti, dall'aumento dei prezzi delle materie prime, alle crisi che ne derivano".

Tutto è intrecciato, fanno notare gli autori. E infatti le grandi compagnie energetiche europee, come Eni, stanno facendo i salti mortali per poter continuare a pagare il gas come richiesto dalla Russia, ma senza violare le sanzioni imposte dall'UE. Così non ci liberiamo dai combustibili fossili e continuiamo a finanziare la guerra. E ancora, i giacimenti delle multinazionali dell'energia vengono venduti a società più piccole, che continuano a estrarre gas e petrolio. Greenwashing da una parte, mantenimento dello stesso livello di inquinamento dall'altra.

Mentre la Terra raggiunge una soglia di ebollizione e a maggio stiamo già accendendo i condizionatori, continuiamo a vivere a fare affari come se niente fosse.

Secondo il SEI, però, questo può essere un momento favorevole e pieno di speranza. Perché se è vero che ci stiamo avvicinando a un punto di non ritorno, è anche vero che mai come in questo momento storico è forte la consapevolezza del pericolo che stiamo correndo. E su questa spinta dovremmo anche agire. Le mosse da fare, stando al report, sono quattro:

  1. Non utilizzare più il PIL come unica unità di misura del progresso di un Paese, ma focalizzarsi anche su indicatori che tengano in considerazione un benessere equamente distribuito e un'economia inclusiva
  2. Stabilire un forum periodico delle Nazioni Unite incentrato sul modo di vivere sostenibile
  3. Una campagna globale per educare i bambini al corretto rapporto con la natura
  4. Migliorare il rapporto quotidiano che abbiamo con la natura, integrandola nella città, proteggendo il benessere degli animali e promuovendo una dieta vegetariana

Si chiede infine un miglior coordinamento tra gli Stati affinché si possano affrontare insieme le crisi ecologiche e si possano sanzionare coloro che invece non agiscono.