La vita di un’auto elettrica: Ambiente, Geopolitica, Litio e Batterie. Sfatiamo le bufale sulla Mobilità Sostenibile

Grazie a tre esperti del Cnr, di Ispi e di Cobat proveremo a capire qual è la vita di una batteria per auto elettriche. Dall’estrazione del litio, fino alla filiera del riciclo della batteria, passando per le strategie geopolitiche mondiali, con un occhio di riguardo, che avremo, ovviamente per l’Italia.
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Mattia Giangaspero 31 Luglio 2023
Intervista a Luca Gentilini Research And Development Engineer, di Cobat - Andrea Dini, Geologo del Cnr - Alessandro Gili Centres on Geoeconomics and Infrastructure di Ispi

E se bastasse un solo articolo, lungo per carità, ma uno solo per capire tutto sulla vita di un'auto elettrica? Su come funziona, come viene assemblata, quanto è vitale la batteria. Contando il ciclo di vita, invece, quanto inquina rispetto al motore endotermico (quindi diesel e benzina). E poi la questione geopolitica, il protagonismo, almeno ‘potenziale', dell'Italia e dell'Europa. La supremazia della Cina, la potenza del Cile. L'aspetto ambientale e paesaggistico. Come funziona l'estrazione e la lavorazione del litio?  Dove avviene? Quali sono i tipi di batterie presenti?  E la lista è ancora lunghissima.

Se tutto questo ti interessa, però…, ecco che questo approfondimento, purtroppo si lungo, potrebbe bastare per capire tutto di un'auto elettrica. Precisiamo: tutto quel che serve. Nessuno è onnisciente e per spiegare quanto segue abbiamo chiesto il supporto, tramite delle interviste, a tre massimi esperti, nel settore ingegneristico, geologico-ambientale e geopolitico strategico.

  • Luca Gentilini, Research And Development Engineer, di Cobat
  • Andrea Dini, Geologo del Cnr
  • Alessandro Gili Centres on Geoeconomics and Infrastructure di Ispi

Ora, partiamo subito con lo sfatare la prima bufala. Per costruire una batteria per le auto elettriche servirebbe procedere con l'estrazione di minerali dalle Terre Rare. Niente di più falso. Un chimico potrebbe impazzire nel sentire questo. Sì Perchè non si tratta di Terre Rare, ma di materie prime critiche e sono due cose ben diverse. All'interno di queste materie prime critiche ci sono anche le Terre Rare, ma per una batteria serve il litio, il cobalto, il nichel. Ecco tutti elementi che non fanno parte delle Terre Rare. Quindi, altra bufala smentita.  Adesso partiamo con i nostri livelli di analisi sulla vita dell'auto elettrica.

Auto elettrica e batterie: funzioni, sistemi di ricarica e acquisto

Vogliamo l'elettrico? Ma l'immatricolazioni di nuove auto a batteria calano. Non vogliamo l'elettrico? Meglio soluzioni alternative come i biocarburanti. Forse questa è la giusta strada per l'Italia, però aspetta… Perchè allora nel primo semestre del 2023 c'è stato un aumento che non si è mai visto prima di nuove colonnine in tutto il Paese?

Colonnine, la mappatura in Italia

La situazione che l'Italia sta vivendo sul settore della mobilità non è chiarissima e quindi bisogna ancora avere delineati tutti i piani economici e di sistema per capire dove stiamo andando. Per il momento però l'istallazione di nuove ricariche pubbliche per vetture elettriche continua e anzi, subisce un'accelerata. Secondo il censimento periodo di Motus-E, tra gennaio e luglio del 2023 si è superata la quota dei 45 mila punti di ricarica. Volendo essere puntigliosi si è arrivati ad avere un totale di 45.210.

Ora volendo comparare questo dato con gli obiettivi prefissati dall'Unione Europea possiamo anche dire che l'Italia non sfigura affatto. Infatti l'Ue prevede che ci siano colonnine per veicoli elettrici ogni 60 chilometri per le auto, ogni 120 chilometri per i mezzi pesanti, mentre parlando di idrogeno, ogni stazioni di rifornimento deve essere distante massimo 200 chilometri. Per quanto riguarda porti e aeroporti la copertura deve essere totale. A che punto siamo in Italia? Oggi è presente una colonnina ogni 9.8 chilometri, volendo fare una media nazionale. Sappiamo benissimo però che non è così in tutti i casi. Dipende da città a città e da Regione a Regione.

Per il momento però analizziamo il dato complessivo. A dicembre le colonnine in Italia erano 36.772 e questo vuol dire che in soli tre mesi sono state installate poco meno di 9mila colonnine. Considerando poi l'intero anno, la crescita è stata quasi del 50%.

Di questo passo potremmo arrivare a quota 50mila colonnine entro la fine del 2023. Se pensi che nel 2019 le colonnine erano solo 10mila in tutti il Paese, quest'ultimo dato del primo trimestre di quest'anno è ancora più confortante.

Motus–E

Proviamo a dividere l'Italia in tre. Al Nord c'è il 58% di tutte le colonnine, al Centro il 22% e al Sud il 20%. Con esattezza, le regioni con più colonnine installate sono: Lombardia, Veneto, Piemonte, Lazio, Emilia Romagna e Toscana. Considerando, invece, solo le zone urbane e quelle fuori dalle aree metropolitane, l'Italia non si attesta in fondo alla classifica Ue. Infatti ogni 100 veicoli elettrici circolanti,  si contano 21,5 punti di ricarica a uso pubblico, a fronte degli 11,5 della Francia, degli 8,2 della Germania e degli 8,9 del Regno Unito.

La mappatura delle auto elettriche?

Il parco vetture elettriche circolante in Italia, sempre affidandoci ai dati di E-Motus, è di 199.779 auto. La previsione è che entro il 2026 queste arrivino a 1milione e entro il 2030 a 4milioni. Rispetto però al 2022, comunque si registra un incremento nell'immatricolazione del +31.93%, con 32.684 nuove elettriche immatricolate.

Bonus colonnine, tutti gli sgravi del governo

Nell'Ecobonus approvato a inizio gennaio non erano previste le agevolazioni per l'acquisto di colonnine da installare in casa o nei condomini, ma successivamente con il decreto Milleproroghe il governo ha aggiustato il tiro a marzo. Di cosa si tratta?

Il Bonus colonnine copre due anni per gli acquisti, il 2023 e il 2024. Saranno quindi riconosciuti fino a 1.500 euro per i privati e 8.000 per i condomini. Può essere, quindi, richiesta l'agevolazione fiscale pari all'80% della spesa totale, sia d'acquisto, sia di installazione di wallbox o all'interno del proprio box, o nei. condomini.

Questo contributo non è, però, una novità che il nuovo governo ha introdotto, anzi. Il contributo al singolo privato o ai condomini era già previsto all'interno del DPCM firmato dal precedente governo il 4 agosto 2022. Non era mai entrato in vigore. Il testo prevedeva e prevede tutt'ora uno stanziamento di 40 milioni di euro a fondo perduto. Finito questo finanziamento non si potrà più richiedere il bonus. Queste risorse sarebbero dovute essere disponibili già a partire dallo scorso ottobre, con scadenza 31 dicembre 2022.

La misura, però, non è mai diventata operativa. Perchè? Perchè mancava il necessario decreto attuativo. Il rischio della cancellazione di questo incentivo era quindi elevato, ma grazie all'intervento del governo con una norma inserita nel decreto Milleproroghe si è sbloccato tutto ed è finalmente partita la possibilità di ricevere gli sconti. Non preoccuparti se hai già installato la colonnina in casa o nel tuo condominio.

Infatti la norma è retroattiva e garantisce a chiunque abbia installato il wallbox dal 4 agosto 2022 il contributo. Il bonus per wallbox domestiche e punti di ricarica condominiali sarà erogato sotto forma di rimborso, tramite bonifico sul conto corrente del contribuente o del condominio, e non tramite sconto in fattura come accade per gli incentivi auto.

Batterie: stato solido, stato liquido e senza cobalto

Prima di acquistare una vettura elettrica, oltre che analizzare la situazione "colonnine intorno a te" e sgravi fiscali per l'installazione in casa,  è importante capire anche quale batteria è stata installata nella vettura che si desidera acquistare. In questo momento le tre tipologie di batterie presenti sul mercato sono:  batteria allo stato solido, liquido e senza cobalto.  In aiuto per spiegare al meglio le differenze che vi sono tra i vari tipi di batteria è intervenuto Luca Gentilini, Research And Development Engineer, di Cobat

Stato Solido Liquido e senza Cobalto

"Le batterie allo stato solido prevedono che l’elettrolita liquido venga sostituito da quello solido. L’elettrolita è una membrana che viene messa per dividere l’anodo dal catodo, ovvero sia i due serbatoi degli ioni di litio e questi ioni attraversando l’elettrolita producono energia elettrica. Senza l’elettrolita il passaggio degli ioni di litio sarebbe incontrollato e ci sarebbe un’esplosione.

Ad oggi viene usato l’elettrolita liquido che ha due principali problemi. Se non venisse messo in pressione, rischia di diventare gassoso e infiammabile. L’altro vero problema però è che questo elettrolita occupa tanto volume.

E con la sostituzione di questo elettrolita allo stato solido si avrebbero batterie con molta più intensità di energia, quindi significa maggiore autonomia di km per le auto.

Questo inoltre è una questione tecnologica che non c’entra con l’utilizzo delle materie prime critiche e quindi, dopo vari studi, si potrebbe arrivare ad un cambio strategico.

Ora parliamo del cobalto. Attraverso la ricerca si sta riuscendo a diminuire la percentuale di cobalto all’interno del catodo, aumentando la percentuale di nichel.

Quindi le batterie moderne contengono sempre meno cobalto a discapito di maggiore nichel, senza però inficiare sull’autonomia e potenza che rimane la medesima.E questo nuovo metodo di costruzione del catodo di una batteria diventa fondamentale ancora di più per il futuro. Attualmente in circolazione ci sono vetture con percentuali alte di cobalto, in futuro sempre meno."

Se si dovesse attivare correttamente la filiera di riciclo di una batteria si riuscirebbe a recuperare tanto cobalto, al punto tale che possa bastare anche per le batterie del futuro, senza quindi estrarne di nuovo.

Conviene acquistare o noleggiare un'auto elettrica?

Partiamo dalla premessa che non ci troviamo nel periodo migliore per comprare un auto. Perchè? Perchè in questo momento i tassi di interesse sono ancora molto alti e l'ultima Direttiva Europea sullo stop alle auto a benzina e diesel entro il 2035 di certo ha destabilizzato il consumatore o compratore. Allora iniziamo facendo chiarezza su quest'aspetto. Se si è già in possesso di un'auto a benzina e diesel, quindi immatricolata prima del 2035, si potrà continuare a circolare fino al 2050. Quindi se questo dubbio ti bloccava sul comprare un'auto, quantomeno adesso non lo hai più.

 Acquistare un auto significa avere a reddito un bene che nel corso del tempo perderà il suo valore, ma significa anche che, finito di pagare negli anni che si desiderano (dai 3 ai 7 anni), il bene risulta proprio, non ci sarà più nessuna tariffa che riguarderà il solo costo della vettura. In quel caso quindi si potrà decidere bene cosa farne. Volendo potrai anche rivenderla per avere liquidità e spendere in futuro quei soldi ottenuti per altro.

Altro punto da dover analizzare. Acquistare un'auto significa anche procedere con pratiche separate per il bollo, l'assicurazione, il tagliando, il treno di gomme invernali e così via.

Il noleggio invece cosa ti garantisce? Primo aspetto fondamentale è che non avrai a reddito ciò che noleggi. Quindi nel caso avessi finanziamenti attivi per, faccio un esempio, un immobile, con il noleggio tutte le pratiche burocratiche per arrivare al possesso della vetture viaggerebbero ben spedite e non si bloccherebbero all'ostacolo: "hai attivi altri mutui/finanziamenti, quindi no". Secondo aspetto positivo riguarda tutto quell'elenco che ti avevo fatto prima. Il pagamento in questo caso sarà unico. La rata mensile della vettura comprenderà tutto, anche l'auto sostitutiva volendo.

Questo è fondamentale perchè non dovrai effettuare più pagamenti diversi al mese. Magari ti sfugge qualcuno… Inoltre il possedere un'auto a noleggio significa che, anche se la macchina si dovesse deprezzare con il tempo, personalmente a te non interesserà, poichè il bene non sarà mai tuo. E qui arrivano alcune criticità. Prendere una macchina a noleggio vuol dire proprio questo: tu spenderai dei soldi ogni mese per un bene che non sarà mai tuo e a fine del contratto di noleggio sarai obbligato a rilasciare la vettura al concessionario, non potrai riscattarla. Cosa succede dopo? O continuerai con il noleggio di un'altra auto o deciderai di acquistare.

Il problema del noleggio è che potresti finire in un loop dove le spese per il costo dell'auto non finiranno mai.

È come se diventasse una sorta di tassa di soggiorno continua, la rata del condominio o la tassa dei rifiuti. Sarai sempre costretto a pagare e ripeto, per un bene che non sarà mai tuo.

Un dato a favore del noleggio resta quello legato all'aspetto legale e penale. Non pagando le rate mensile non accadrebbe nulla a livello legale, dovrai solo restituire la vettura (previo accordo di tempo, massimo 3 mesi). Non sarebbe così con una vettura che paghi tramite finanziamento.

Il noleggio sarebbe anche un'ottima scelta nel caso di auto elettrica. Sì perchè in questo momento la mobilità elettrica si sta ancora evolvendo, l'autonomia delle batterie non è molto longeva e con il tempo si usura in fretta. Sapendo che in futuro potrebbero esserci altri sistemi di ricarica o altri tipi di batterie, più avanzate tecnologicamente, il rischio sarebbe quello di acquistare un auto che nel giro di tre-quattro anni potrebbe non essere funzionale. Infine, i veicoli elettrici potrebbero essere più costosi da aggiustare in caso di guasti, mentre nel canone di noleggio tali interventi, come detto prima, sono già inclusi, così come il tagliando, le coperture assicurative e il soccorso stradale in caso di necessità.

Quindi è meglio l'acquisto o il noleggio? Per l'auto elettrica, l'aspetto legale e l'aspetto di avere un unicum di rata che comprende tutti gli aspetti ti direi il noleggio. Per un fattore economico invece sarebbe meglio un acquisto, avrai sempre un bene che potrai decidere sempre quando poterlo vendere, eventualmente (anche prima di una svalutazione eccessiva quindi). E sempre per un aspetto economico, in questo modo non saresti obbligato a pagare per tutta una vita una rata, che non è una tassa…

Terre rare o Materie Prime Critiche?

La gente non sa più a chi credere quando si parla di mobilità sostenibile e di auto elettriche. Perchè il mondo, tutto d’un tratto ha deciso: “Sai che c’è, via il motore endotermico, passiamo all’elettrico”.

La risposta è alquanto banale: “Per una questione ambientale e di sostenibilità”. Ma niente da fare, non basta. Sono in molti a non credere, chiamando tutto questo ‘’una favola’’. Ci sono state anche discussioni al Parlamento Europeo con esponenti politici che hanno parlato di come "l’estrazione delle materie prime critiche che servono poi per costruire le batterie per le auto elettriche porta allo stesso grado di inquinamento che genera il motore endotermico."

Il geologo del Cnr Andrea Dini adesso spiegherà quali sono i tipi di estrazioni presenti al mondo e quanto inquinano a livello ambientale.

Nel mondo

Geologo Dini, possiamo provare a spiegare meglio come funziona questo mondo delle materie fondamentali per l’auto elettrica?

Partiamo da una premessa. Il mondo delle critical raw material che comprendono litio, cobalto, nichel ma anche il caolino che è una materia molto importante per la ceramica (e non parlo solo di piatti, ma ceramica che serve per mezzi tecnologici), sarà finalmente strutturato in Europa nel mese di agosto con il Critical Raw Material Act con la lista aggiornata. Una lista che comprende più di 30/35 materiali diversi, tra metalli e anche minerali industriai. Ecco questo mondo è quasi del tutto fondamentale per l’elettronica e la tecnologia ed è molto complicato parlarne nel dettaglio. Non tutti sanno che per fare una batteria non serve solo il litio, ma anche nichel e cobalto e molto ancora.

Per evitare una confusione generale sul tema dell’estrazione, prendiamo, però, come esempio il materiale d’eccellenza, ovvero il litio.

Attualmente il litio viene prodotto al 60% dall’Australia da delle rocce granitiche particolari che si chiamano pegmatiti e queste pegmatiti contengono un minerale molto ricco di litio che si chiama spodumene.

Cosa bisogna fare?

Devono abbattere la roccia. Una volta abbattuta la roccia va frantumata e resa ad una granulometria adatta per separare il minerale ricco di litio, quindi lo spodumene, dal resto dei minerali, come il quarzo.

In questa roccia lo spodumene è il 30% del volume, l’altro 70% è materiale di scarto.

Un materiale di scarto che però serve e serve all’industria della ceramica per esempio. Ecco perchè prima ho citato il caolino. Questi scarti sono minerali ricercati da questa industria. Ed è fondamentale che questi materiali non vadano in discarica perchè la ceramica attualmente li utilizza, quindi aggiungendo a questi materiali lo spodumene, non si andrebbe ad abbattere nuove rocce. L’intera roccia verrebbe utilizzata.

Se questa estrazione per il litio non dovesse essere fatta, la roccia verrebbe ugualmente abbattuta. Quindi l’impatto ambientale non cambierebbe.

Adesso poniamo il caso della discarica.

Il materiale che va in discarica è comunque un materiale inerte e può servire per fare le massicciate delle strade per esempio. Non è un materiale dannoso.

Questa è la fase d’estrazione. Ora torniamo allo spodumene. Dallo spodumene serve un processo metallurgico per estrarre il litio. In questo caso il materiale va scaldato ad alta temperatura e spesso viene utilizzato l’acido solforico per farlo reagire e il minerale si disfa e libera il litio. A quel punto lo stesso litio viene mescolato con altre sostanze quali l’ossido di calcio per farlo trasformare in ‘’carbonato di litio’’.

Alla fine un piccolo scarto con acido solforico ci sarà sempre, però questo stesso scarto non contiene metalli pericolosi e se fatto reagire con il carbonato di calcio verrà neutralizzato.

Il carbonato di litio è il materiale di base con cui si costruisce la batteria. Quindi la fase estrattiva possiamo dire che ha un impatto paesaggistico. Bisogna aprire le cave e adesso in Europa si sta aprendo una miniera, precisamente in Austria. Una miniera non a cielo aperto, ma in galleria. Questo vuol dire che i costi di lavoro sono maggiori, però eviti impatti paesaggistici, perchè non si vede nessuna cava.

Alla fine con questo tipo di estrazione non si genera nessuna discarica di materiali tossici e quindi non sarebbe inquinante. Sempre se viene gestita correttamente, ma questo è un aspetto che deve essere alla base di qualsiasi lavoro.

Un’altra tipologia di estrazione riguarda i giacimenti di salar. In questo caso è tutta un’attività a cielo aperto. Vengono estratte acque salate dal sottosuolo. Vengono messe dentro dei bacini di evaporazione perchè la concentrazione di litio è troppo bassa in origine. Questi bacini sono grandi come campi da calcio è occupano superfici enormi del deserto di Atacama ad esempio e lì vengono lasciate per 24 mesi. Caldo, siccità e l’acqua evapora. Lentamente quelle soluzioni si concentrano e il contenuto di litio sale a sua volta.

Quindi nell’estrazione non c’è impatto, perchè vengono fatte delle perforazioni per far salire su l’acqua salata. Invece nelle evaporazioni c’è un grandissimo impatto paesaggistico. Si creano dei bacini che rovinano l’intero ecosistema delle popolazioni indigene.

Un altro aspetto riguarda o il pompaggio delle salamoie in profondità o la lavorazione dopo l’evaporazione. Questo perchè viene usata una grande quantità di acqua potabile ed è qui il problema. Questa acqua potabile in posti come il deserto di Atacama non è illimitata e molte sorgenti che venivano usate dalle popolazioni locali si sono seccate.

Questo porta non solo a un impatto paesaggistico enorme, ma anche alla creazione di flussi migratori. Si impoverisce talmente tanto l’ecosistema di un luogo che chi lo abita è costretto ad andarsene.

Aspetta, perchè manca ancora il processo industriale. Per fortuna non si tratta di un processo inquinante. Vanno fatti precipitare, a livello di concentrazione, tutti gli altri minerali e metalli presenti, come il calcio, il magnesio, il sodio. A quel punto rimarrà solo il litio. Tutti gli scarti non sono tossici. Anche in questo caso poi il litio verrà trasformato in carbonato di litio.

L’inquinamento diretto anche in questo caso non esiste, ma il cambio paesaggistico è talmente tanto profondo che potrebbe portare a inquinamenti indiretti.

Detto questo però l’obiettivo che nei prossimi anni, molte ditte minerarie che lavorano all’estrazione del litio in questi salar, si stanno ponendo è quello di evitare la fase d’evaporazione, che è quella più impattante.

Si vuole trovare il modo di prelevare direttamente il litio dall’acqua salata. Quindi nella prima fase. Poi la stessa acqua salata verrebbe re-immessa in profondità.

In Inghilterra

Fino adesso ti ho parlato di giacimenti di litio convenzionali, ma esiste una nuova frontiera legata ai fluidi con concentrazioni di litio molto più basse rispetto a quelle delle rocce o dei salar. Però qui viene in aiuto la tecnologia.

Un esempio è la cava di Saint Austel, presente in Inghilterra , nella Cornovaglia. Si tratta di una cava esistente e abbandonata, di caolino e hanno scoperto che è presente anche un granito con concentrazione di litio. Quindi in questo caso non c’è un nuovo impatto paesaggistico.

Se con la tecnologia si dovesse riuscire a ottenere grandi concentrazioni di litio da questi graniti si aprirebbe una frontiera, perchè di quei graniti con così poca percentuale di litio ne è pieno il mondo.

In Italia

Sta partendo ora l’esplorazione nel Lazio e non ancora in Campania o Toscana. Però quel che sappiamo è che è presente un potenziale minerario di litio contenuto all'interno di fluidi geotermici. Questi fluidi geotermici, fluidi caldi, si trovano a grandi profondità. Ti parlo di 1500-3000 metri. In questi fluidi geotermici abbiamo un potenziale. E questo si trova tra il Sud della Toscana e i campi Flegrei, il Vesuvio. Si tratta di una fascia di una centinaia di chilometri che finisce con un vulcano che è ancora attivo. Sotto queste terre ci sono delle camere magmatiche, delle zone dove si è accumulato del magma caldo e le temperature sono molto elevate, più di quelle presenti all'interno della crosta terrestre.

Per questo motivo l'acqua meteorica che si infiltra fino a grandi profondità, viene scaldata fino a temperatura di 300 gradi e siccome l'acqua viene considerata come un solvente, soprattutto quando è calda, scioglie degli elementi chimici presenti sulle rocce che attraversa. In particolare se c'è il contatto con queste rocce vulcaniche ricche di litio, questi stessi fluidi si arricchiscono di litio. Questo è quello che sappiamo del potenziale di estrazione di litio in Italia.

Non apriremo una cava di roccia, non ci sarebbero bacini di acque salate dove è presente il litio, ma si aprirebbero dei pozzi dove quel che vedresti è un tubo che esce fuori da un campo.

Un tubo da cui viene estratto il fluido caldo e che poi entra direttamente in un impianto industriale. Si estrae il litio, si può estrarre il calore (per l'energia elettrica e per il teleriscaldamento). Il sistema che si potrebbe sviluppare in Italia sarebbe molto virtuoso e sostenibile e potrebbe portare tre effetti positivi.

Energia elettrica, energia per il teleriscaldamento e litio per le batterie elettriche per le auto. L'acqua che rimane alla fine di questo processo poi verrebbe re-immessa alla profondità da cui è stata estratta e quindi non rimarrebbe nulla dalla superficie.

E a livello paesaggistico potremmo ridurre l’impatto dei parchi dedicati all’energia solare con meno pannelli fotovoltaici per esempio.

La filiera del riciclo, nuove batterie senza estrazione

Un altro dubbio amletico che sorge sempre costantemente quando si parla di auto elettriche è la gestione della batteria a fine vita. Cosa deve fare il possessore dell’auto elettrica?

Per spiegare questo mondo, a Ohga è intervenuto Luca Gentilini di Cobat

Partendo dall’ambito legislativo le batterie sono una categoria merceologica per la quale una direttiva europea del 2006 impose una responsabilità estesa del produttore.

Cioè?

In sostanza chi commercializza o trae un profitto economico dalla commercializzazione della batteria, deve farsi carico di gestire la batteria a fine vita. Il produttore poi può fare questa cosa in due modi, o costruendo un’industria del riciclo oppure iscrivendosi a un consorzio e Cobat in Italia è uno dei più grandi.

La legge europea pone anche dei vincoli su cosa bisogna fare per ‘’sbarazzarsi’’ della batteria. Queste non possono essere mandate in discarica e non possono essere mandate al recupero energetico. Quindi è obbligatorio il riciclo delle materie che compongono la batteria.

Questo diventa particolarmente sfidante per le batterie delle auto elettriche, in quanto sono prodotti molto complessi e contengono materie quali, metalli, rame e alluminio, ma anche il litio, il cobalto, il manganese, il fosforo, il nichel. Contengono un liquido che si chiama elettrolita che è infiammabile e tossico all’inalazione. Contengono un’energia residua che è difficile di dissipare tramite scarica. Insomma tutti prodotti complessi per il loro recupero.

Queste batterie sono non il prodotto macroscopico, ma delle piccole celle che poi compongono il grande parco batteria.

In Italia viene fatto?

Non c’è nessun impianto che svolge l’ultimo passaggio, ovvero quello di separare i metalli. Viene fatto solo da big player del nord Europa.

Cobat, però, punterà sul primo impianto di riciclo in Italia, precisamente l’idea è di allestirlo in Abruzzo e questa nuova filiera potrà garantire tantissimi posti di lavoro.

Cosa succede se dovessi comprare un’auto elettrica, usarla per 10 anni e poi dover cambiare la batteria. Come funziona nel concreto?

Esiste un regolamento europeo approvato dal Consiglio e che a breve verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, nel quale viene specificato che tutte le batterie sono accompagnate da un passaporto digitale e da altre informazioni che ne facilitano lo smontaggio, il ricondizionamento e tutte quelle fasi tecniche che possono portare una batteria non del tutto esaurita a essere re-immessa sul mercato, sia dalla casa madre, sia da enti terzi. Sicuramente questo sarà un business model vantaggioso per i possessori delle auto elettriche per due motivi principali.

Chi acquista un’auto elettrica nuova e dovrà cambiare la sua batteria, avrà a disposizione sia batterie nuove sia quelle ricondizionate.

L’altra prospettiva è che chi commercializza le batterie decida a priori di fornire sempre nuove batterie agli acquirenti di auto elettriche, ma con il ritiro di quelle vecchie.

Auto elettrica vs Auto a Benzina o Diesel, chi inquina di più?

Adesso arriviamo al fatidico confronto tra due generazioni, passata e futura, anche se, in questo fase della loro vita forse è più corretto come termine "due generazioni di transizione". Transizione perchè sul diesel gli ultimi studi scientifici hanno evidenziato come sia più impattante sull'ambiente rispetto alla benzina. E in futuro, come si sta già parlando, arriveranno sempre più biocarburanti. Transizione per l'elettrico, perchè attualmente tutto il parco di auto elettriche presente non avrà le stesse capacità di autonomia di auto elettriche del futuro (per futuro intendiamo 2035, non andiamo troppo oltre). Questo perchè le batterie a litio necessiteranno di un'evoluzione che potrà migliorare anche l'intero ciclo di vita della stessa auto.

Quindi dopo aver sciolto questi nodi su auto elettriche e auto a diesel, passiamo alla fase successiva. Alla fatidica domanda: "Ma quale auto inquina meno?"

Sì, so già cosa starai pensando, ma in quest'analisi si tiene conto di tutto l'intero ciclo di vita dell'auto e anche la sua produzione, quindi tutto ciò che avviene prima di essere immatricolata.

La vettura elettrica ha emissioni pari a zero allo scarico. I suoi consumi di utilizzo sono fino a 4 volte più bassi di quelli di un’auto tradizionale. Quindi le emissioni di CO2 nell'intero ciclo di vita di un'auto elettrica (dalla produzione all'utilizzo fino allo smaltimento), se considerato il mix energetico medio europeo, sono del 55% inferiori rispetto a quelle di un veicolo endotermico di pari peso e potenza alimentato a benzina, e del 47% inferiori nel caso di un veicolo diesel. Se si dovesse considerare l'utilizzo, nella produzione della vettura, di energia elettrica totalmente rinnovabile e non quindi un mix di vari fonti meno e più inquinanti, le emissioni totali arrivano ad essere dell'80% in meno rispetto alle auto a diesel. Questo è quanto emerge dall'analisi del think thank sul clima Ecco, fatta durante il dibattito sul bando  europeo dei motori endotermici al 2035. Lo stesso think thank Ecco cita poi un report datato 2020 curato da Ricardo Energy&Environment per la Commissione Europea sulla "Life Cycle Assessment" (valutazione sul ciclo di vita, Lca) dell'auto elettrica.

A quest'analisi si aggiungono altri due report sul ciclo di vita condotti dall'International Council of Clean Transportation (Icct) nel 2021 e da Transport and Environment (T&E) nel 2022.

Tutti e tre gli studi giungono alla medesima conclusione, ovvero che è falso considerare la produzione di auto o vetture elettriche tanto inquinante al punto tale da considerare le electric car molto emissive come, se non di più le auto a diesel o benzina.

La ricerca del 2022 della Fondazione Caracciolo (il centro studi dell'Aci) analizza proprio la fase emissiva che avviene nella produzione di un'auto elettrica e paragona quel che accade in Cina, e quel che accade in Europa. Pensa la produzione nella Nazione asiatica ha un'impronta carbonica superiore del 35% rispetto alla produzione in Europa dove si utilizza più energia verde. Sempre nello stesso studio si parla anche di  come l'e-auto produca comunque meno emissioni di una a motore endotermico.

Si fa l'esempio di una Smart elettrica fabbricata e alimentata al 100% con elettricità da fonti rinnovabili, questa produce 29 volte meno CO2 di una Smart a benzina.

Anche considerando la produzione della stessa Smart con un mix energetico inquinante,  le sue emissioni nell'intero ciclo di vita sono pari, e non superiori, a quelle della stessa auto a benzina.

Stop Auto  benzina e diesel entro il 2035, cosa accadrà veramente?

Se sei in possesso di un’auto a motore endotermico, tranquillo potrai continuare a circolare in Europa anche dopo il 2035, precisamente entro il 2050. Dopo non più e questo ha più senso, perchè si considera come ultimo anno d’acquisto di un’auto a benzina o diesel il 2034. Quindi 16 anni dopo da quell’anno dovresti cambiare modello.

Pero la legge Europa fa anche delle eccezioni. Eccezioni che riguardano i carburanti sintetici o gli e-fuels, ma anche i motori endotermici attuali.

Infatti per chi produce e produrrà meno di 1000 veicoli ogni anno, sarà prevista un'esenzione totale dalla legge. I costruttori, che invece producono da 1000 a 10mila veicoli o da 1000 a 22mila furgoni, tutti a motore endotermico classico, potranno venderli per tutto il 2035, quindi fino al 31 dicembre di quell’anno. Anche il mercato dell'usato non verrà preso in considerazione. Quindi si sta parlando solo di una nuova produzione di auto, tram, autobus e cosi via.

Cina, America, Europa e Italia: la Geopolitica dell'elettrico

Per chiarire al meglio il quadro geopolitico mondiale sulla situazione materie prime critiche, minerali, ma anche la stessa costruzione delle batterie, abbiamo ascoltato l'esperto Ispi, Alessandro Gili.

1. La Cina che ruolo strategico gioca sia dal punto di vista dell'estrazione di materie prime critiche, sia dal punto di vista commerciale? 

La Cina è il principale Paese produttore di terre rare al mondo, con una produzione che equivale a circa il 70% mondiale, mentre detiene riserve pari al 34%. Pechino detiene inoltre l’85% della capacità mondiale di raffinazione di questi minerali. Questo è il primo fattore che ha permesso alla Cina di divenire uno dei maggiori produttori di tutte quelle tecnologie fondamentali per la transizione energetica (pannelli solari, turbine eoliche, batterie e veicoli elettrici).

La Cina produce oltre l’80% dei pannelli solari al mondo, circa il 65% delle turbine eoliche (50% meno costose di quelle occidentali), il 70% delle batterie elettriche e circa il 60% dei veicoli elettrici.

Si può ben capire come Pechino abbia un controllo dell’intera catena del valore per quel che riguarda le tecnologie della transizione e, soprattutto, dei veicoli elettrici, e come ciò la ponga in una situazione di vantaggio competitivo rispetto agli altri Paesi.

2. E l'Europa?  Si rischia una dipendenza dalla Cina come è avvenuto con la Russia per il Gas?

L’Europa, a partire dal Green Deal presentato nel 2019, ha compreso come fosse necessario puntare sulla transizione energetica. Nel 2020 ha adottato la prima versione di Strategia Industriale ma è stato solo più recentemente, attraverso il varo del Net Zero Industry Act e del Critical Raw Materials Act della primavera 2023, che l’Unione ha compreso di essere in ritardo e di dover accelerare dal punto di vista industriale per recuperare il terreno perso nei confronti della Cina, ma anche per rispondere all’Inflation Reduction Act americano, varato dall’Amministrazione Biden nel corso del 2022. Il Net Zero Industry Act ha come obiettivo quello di aumentare l’autonomia strategica, la resilienza e la diversificazione delle proprie catene del valore, nonché incrementare la produzione interna.

Nella proposta vengono individuate otto categorie di tecnologie considerate strategiche e che necessitano di un supporto strategico:

  1. fotovoltaico e solare termico
  2. componenti dell’eolico onshore e offshore
  3. batterie e storage
  4. pompe di calore e geotermico
  5. elettrolizzatori
  6. biogas e biometano
  7. Carbon Capture and Storage (CCS)
  8. tecnologie di rete.

Il Net Zero Industry Act conferma la forte trazione geopolitica della Commissione europea e un nuovo approccio che, in nome dell’autonomia strategica, include forti elementi di dirigismo economico. È infatti previsto che, nelle otto categorie considerate come strategiche, si arrivi a un obiettivo di produzione interna del 40% entro il 2030. Inoltre, proprio per assicurare la diversificazione delle catene degli approvvigionamenti per questi prodotti, si richiede che, nel quadro degli appalti pubblici, ricevano un punteggio inferiore quelle offerte che prevedono di usare prodotti da un Paese terzo che detenga in quel settore più del 65% della quota di mercato nell’UE.

È una misura chiaramente indirizzata ad arginare la vincita di appalti pubblici da parte di aziende e prodotti cinesi (più competitivi in termini di prezzo), considerando che la Cina possiede nella gran parte dei settori considerati strategici più del 65% della quota di mercato UE. Il Net Zero Industry Act afferma infatti che la fornitura di un determinato prodotto debba essere considerata insufficientemente diversificata laddove un singolo Paese terzo fornisca più del 65% della domanda per una specifica tecnologia net zero all’interno del mercato europeo.

Inoltre, il Critical Raw Materials Act richiede che l’UE, entro il 2030, riesca a coprire attraverso la produzione interna il 10% dei consumi di estrazione di minerali critici, il 40% della loro lavorazione e almeno il 15% per il loro riciclo. Inoltre, non più del 65% del consumo annuo dell’Unione di ciascuna materia prima strategica, in qualsiasi fase di lavorazione pertinente, dovrà provenire da un unico Paese terzo.

Le misure sono quanto mai urgenti, poiché si stima che Pechino esporterà 1,3 milioni di veicoli elettrici nel 2023, contro le circa 680,000 del 2022. E una porzione molto rilevante di tale export si riverserà in Europa.

Il prezzo di un veicolo elettrico cinese è in media 10,000 euro meno costoso di quello europeo, e ciò rappresenta un cruciale vantaggio competitivo. Inoltre, il dazio medio europeo all’import di veicoli elettrici cinesi è pari al 10%, contro il 27% degli Stati Uniti.

Centrale sarà la questione delle gigafactories, ovvero le grandi fabbriche destinate alla produzione di batterie. ACC, joint venture paritetica tra Stellantis, Mercedes e TotalEnergies, ha inaugurato nel maggio 2023 una nuova fabbrica di batterie in Francia.

Nei prossimi anni, inoltre, ACC realizzerà altre due gigafactories in Germania e poi in Italia, a Termoli. Con un investimento complessivo di 7,3 miliardi di euro, si concretizza quindi la possibiità di creare un campione europeo nel campo delle batterie.

L’Italia, come si vede, è inserita nel quadro più complessivo della partita industriale europea.

Urge investire nella riconversione rapida del tessuto industriale italiano, in particolare per quel che riguarda la componentistica legata ai veicoli a motori endotermici, aziende che si concentrano nel Nord del Paese.

Servono alleanze industriali e incentivi che attirino i grandi player internazionali a programmare investimenti in Italia in stabilimenti ad alto contenuto tecnologico.

È inoltre cruciare per l’Unione Europea la creazione di una filiera integrata nel campo delle batterie e dei veicoli elettrici, nonché una diversificazione degli approvvigionamenti delle materie prime necessarie alla loro produzione: in tal modo, con un aumento considerevole della produzione, sarebbe possibile diminuire i costi e aumentare le economie di scala.

3. In tutto questo non si parla mai abbastanza degli Stati Uniti. Quale ruolo assumono? 

Gli Stati Uniti hanno compreso nell’ultimo biennio, anche in funzione della complessiva strategia geopolitica e industriale anticinese, l’importanza di creare un’industria interna competitiva per quanto riguarda le tecnologie della transizione energetica. Il varo dell’Inflation Reduction Act è stato un game changer nella politica industriale americana.

Approvato nell’agosto 2022, l’Inflation Reduction Act è, nonostante il nome possa trarre in inganno, un imponente piano da 369 miliardi di dollari di investimenti, sussidi e sconti fiscali mirante a quattro obiettivi fondamentali: assicurare la posizione degli USA quale; maggiore produttore di energia al mondo; supportare la reindustrializzazione dell’economia americana; garantire una forte risposta alle aspirazioni di egemonia economica e tecnologica americana e, infine, accelerare la transizione energetica del Paese.

Insieme all’Infrastructure Investment and Jobs Act e al CHIPS and Science Act, l’IRA costituisce l’ultimo tassello di un piano complessivo per il rafforzamento dell’apparato industriale e infrastrutturale americano, nonché per un progressivo decoupling economico dalla Cina.

L’aspetto che però allarma l’alleato europeo è la forte presenza di elementi protezionistici e, in particolare, sussidi condizionati a requisiti di produzione locale (local-content requirements), distorsivi del mercato e del commercio, nonché vietati dalle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).

Al contrario dei precedenti sussidi europei che erano sostanzialmente non discriminatori, alcuni sussidi previsti dall’IRA (circa il 60% del totale dei crediti fiscali) discriminano nei confronti dei produttori stranieri, rendendo potenzialmente il commercio in tecnologie verdi più frammentato e meno efficiente, anche nel garantire gli obiettivi della transizione energetica. Tali sussidi americani andrebbero quindi a impattare negativamente sulla competitività dell’industria europea, provocando delocalizzazioni, riducendo l’export e, infine, determinando un deflusso di tecnologia.

Ad esempio, l’IRA prevede che i 7.500 dollari di crediti fiscali garantiti ai consumatori per l’acquisto di veicoli elettrici si applichino soltanto alle macchine che assicurino l’assemblaggio finale in Nord America (quindi anche in Canada o Messico). Inoltre, metà del credito fiscale è collegato all’origine delle batterie e l’altra metà alle materie prime utilizzate per la produzione del veicolo.

A tali crediti si aggiungono sussidi per la produzione di batterie, parti di turbine eoliche e componenti dei pannelli solari, così come per materiali critici come alluminio, cobalto e grafite.

Per i 50 minerali critici individuati dall’IRA si prevede, in particolare, che essi debbano essere prodotti internamente, se possibile, oppure importati da Paesi con i quali gli USA abbiano un accordo di libero scambio.

Attraverso l’IRA, gli Stati Uniti hanno portato molte imprese a riconsiderare le proprie strategie di produzione in Europa.

Tesla ha recentemente annunciato una strategia di riduzione della presenza in Europa a causa degli incentivi previsti dal piano USA. In particolare, l’azienda americana ha ridimensionato i piani per produrre batterie nel sito tedesco di Brandeburgo, in favore di nuovi siti produttivi negli USA.

Ma non è la sola: Nothvolt – impresa svedese di batterie -, Linde – gigante chimico tedesco – nonché Volkswagen ed Enel hanno tutte espresso il loro forte interesse ad espandere le loro attività negli USA, attratte non solo dalla generosità dei sussidi dell’IRA, ma soprattutto dalla semplicità delle regole del piano nella concessione di sussidi e crediti fiscali.

Più recentemente, UE e USA si sono confrontate sulla possibilità di eliminare gli elementi dei rispettivi piani che potrebbero danneggiare reciprocamente le proprie economie.

L’orizzonte, come concordato anche in ambito G7, è quello di arrivare a supply chains resilienti tra like minded countries, cioè tra Paesi che condividano interessi geopolitici ed economici.