Per mettere la freccia, imboccare l’uscita e abbandonare l’autostrada dell’emergenza sanitaria sai bene che dobbiamo vaccinare e accelerare il ritmo con cui, ogni giorno, immunizziamo le persone. Vero. Ma non c’è solo questa via e dimenticarcene può diventare pericoloso.
Accanto a ciò che possiamo fare per prevenire l’infezione, dovremmo anche fare i conti con chi il vaccino non lo farà (o non potrà farlo) e rischierà così di ammalarsi. Puoi capire quindi che parallelamente al vaccino, sarà quindi determinante sviluppare trattamenti terapeutici sempre più efficaci contro il Covid-19.
Uno di questi si potrebbe somministrare direttamente a casa, ai pazienti infetti e con sintomi lievi, utilizzando l’interferone beta per arginare la progressione della malattia a forme più severe.
Lo sta sperimentando uno studio dell’Istituto di farmacologia traslazionale del Consiglio nazionale delle ricerche, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità.
Nei prossimi mesi 60 pazienti paucisintomatici over65 verranno trattati con l’interferone a casa propria e i risultati serviranno per valutare l’efficacia di un trattamento che potrebbe diminuire i ricoveri non necessari e il conseguente sovraffollamento degli ospedali.
Prima di andare oltre provo a risolvere il dubbio che ti starà accompagnando da qualche riga e ti spiego cos’è l’interferone e perché è al centro di questa nuova potenziale terapia.
Gli interferoni sono delle proteine prodotte naturalmente dalle nostre cellule in risposta ad una grande varietà di stimoli, tra cui le infezioni virali. Quando ci ammaliamo a causa di un virus, gli interferoni svolgono un ruolo decisivo prima di tutto perché agiscono come campanelli di allarme.
Più di uno studio, però, ha dimostrato che gli interferoni assumono anche delle importanti proprietà immunomodulatorie quando vengono combinate con un’attività antivirale diretta: è stato osservato che specialmente nelle prime fasi dell’infezione queste proteine sarebbero capaci di indurre la produzione di anticorpi e la stimolazione di risposte cellulari contro il virus.
I ricercatori hanno spiegato che i soggetti anziani presentano fisiologicamente una concentrazione ridotta dei livelli di interferone e per questo sono più vulnerabili alle infezioni.
Siccome diverse evidenze scientifiche hanno dimostrato che gli interferoni possiedono un ruolo chiave nel controllo delle fasi più precoci di replicazione di Sars-CoV-2 e nell’attivazione del sistema immunitario, lo studio si propone di provare a ripristinare nei pazienti anziani livelli ottimali di interferone nelle prime fasi dell’infezione.
A guidare la sperimentazione c'è l'assunto che il trattamento con l’interferone, stimolando una migliore risposta immunitaria contro il virus, contribuirebbe a frenare l’avanzata della malattia.
Il vantaggio, come ti ho spiegato all'inizio, è anche doppio perché nelle menti dei ricercatori c'è l'idea, una volta confermate efficacia e sicurezza, di sviluppare un trattamento facilmente somministrabile a casa di ogni paziente. Questo consentirebbe di evitare i ricoveri e tenere gli ospedali a disposizione di eventuali casi più gravi.
Fonte | Cnr