L’introduzione perduta de “La fattoria degli animali” e l’assenza di libertà d’espressione

In un testo perduto e ritrovato nel 1971, l’autore britannico George Orwell metteva in chiaro come “Animal farm” fosse una metafora contro lo stalinismo e come questo suo pensiero smascherasse l’assenza di libertà di stampa nel Regno Unito.
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Sara Polotti 26 Agosto 2023

"All animals are equal, but some animals are more equal than others".

Ovvero: "Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri".

Se questa frase tratta da uno dei suoi romanzi più noti (accanto a 1984) è diventata la più famosa, un motivo c'è: racchiude molta della filosofia di George Orwell e praticamente tutto il senso de La fattoria degli animali.

Ma c'è qualcosa che è sfuggito ai più. Originariamente Animal farm conteneva una prefazione stilata dallo stesso autore, che per qualche motivo

Si intitolava The freedom of the press e toccava temi attualissimi. Non solo la critica alla società, quindi, ma soprattutto la libertà di stampa, come recita il titolo.

L'introduzione perduta

Come prima cosa, nell'introduzione perduta e ritrovata (la si può leggere sul sito della British Library) George Orwell mette in chiaro il senso della metafora del romanzo che ha scritto. Descrivendo una società di animali in una fattoria, sta infatti mettendo in dubbio e criticando lo stalinismo.

A quel tempo l'Unione Sovietica godeva di popolarità, soprattutto tra gli intellettuali britannici di cui faceva parte, e secondo lo scrittore fu proprio la metafora dietro alla favola da lui scritta a far sì che diverse case editrici rifiutassero la pubblicazione. In altre parole, a quell'epoca – è il suo parere – la censura non era appannaggio del governo, ma degli editori.

La libertà di espressione secondo Orwell

Andando avanti, quindi, Orwell parla di come la libertà di espressione sia effettiva solo quando non coinvolge il pensiero dominante. In altre parole, secondo lo scrittore gli intellettuali britannici professavano al suo tempo la libertà di pensiero, ma solo quando questo non contraddiceva la loro visione sul mondo.

The issue involved here is quite a simple one: Is every opinion, however unpopular – however foolish, even – entitled to a hearing? Put it in that form and nearly any English intellectual will feel that he ought to say “Yes”. But give it a concrete shape, and ask, “How about an attack on Stalin? Is that entitled to a hearing?", and the answer more often than not will be “No”. In that case the current orthodoxy happens to be challenged, and so the principle of free speech lapses.

Tradotto, il testo di Orwell dice questo: "La questione qui trattata è semplice: qualunque opinione – per quanto sciocca – ha diritto d'essere ascoltata? Mettendola così, ogni intellettuale inglese risponderebbe ‘Sì'. Ma dandole una forma concreta e chiedendo ‘Anche un attacco verso Stalin ha diritto d'essere ascoltato?', la risposta più frequente sarebbe ‘No'. In quel caso verrebbe sfidata la corrente ortodossia, e il principio di libertà di pensiero cadrebbe".

Un messaggio attuale

Anche se non fu pubblicato (venendo ritrovato solo nel 1971), il testo introduttivo di George Orwell fa parecchio riflettere su un diritto e su un principio spesso dato per scontato, che non andrebbe invece mai sottovalutato. La libertà di pensiero e di espressione (che non significa dire indiscriminatamente ciò che si pensa, quando questo ferisce e colpisce gli altri) è sempre minacciata. Anche nel proprio ambiente.

Garantire questo diritto significa non avere paura di esprimersi anche quando questo risulta difficile, ma anche garantire per primi e per prime la libertà alle persone attorno, favorendo sempre il dialogo.