L’Italia guadagnerebbe 70 miliardi di euro salvaguardando la biodiversità

Se l’Italia investisse, per la biodiversità, ogni anno circa 260 milioni di euro, lo 0,013% del Pil entro il 2050 avrebbe un ritorno economico di circa 70miliardi di euro, ma ci sono delle condizioni da rispettare. Vediamo quali sono.
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Mattia Giangaspero 19 Ottobre 2023

Quanti problemi ha il nostro Paese? Rifare scuole, riqualificare gli edifici, ridurre le tasse, aumentare i posti di lavoro e ci soffermiamo a questi soli grandi problemi dell'Italia di cui si è sempre parlato. Bene, sicuramente non tutti o per sempre, ma con 70 miliardi di euro guadagnati molti di questi potrebbero essere risolti.

Come fa il nostro Paese a guadagnare 70miliardi di euro? Risposta immediata: "Investendo fondi per tutelare la biodiversità." Adesso proviamo a spiegare tutto.

Secondo l’ultimo Global Risks Report del World Economic Forum, "la perdita di biodiversità e il collasso degli ecosistemi rappresentano uno dei principali rischi ambientali che affronteremo nei prossimi anni. Questi rischi potrebbero comportare una contrazione del Prodotto Interno Lordo (PIL) globale fino a 2,7 trilioni di dollari entro il 2030 (Report Banca Mondiale). Questa crisi ecologica ha profonde implicazioni economiche e richiede un impegno urgente da parte di tutti i settori della società."

Ad analizzare quanto detto dal report della Banca mondiale è stata Etifor spin-off dell'Università di Padova specializzato in consulenza, progettazione, ricerca e formazione in ambito ambientale. Attraverso un Paper specializzato intitolato “Tutelare la biodiversità in Italia è possibile e conveniente per le imprese”, viene indicata una modalità che l'Italia potrebbe perseguire ogni anno per salvaguardare la Biodiversità, con una minima spesa e massima resa. Una resa che però non riguarda la sola tutela degli ecosistemi e di chi li vive, ma anche una resa economica di ritorno, appunto di 70miliardi di euro.

L'allerta sulla biodiversità è alta anche perchè secondo il rapporto sullo stato della Natura in Europa dell’Agenzia Europea dell’Ambiente basato sui monitoraggi effettuati tra il 2013 e il 2018:

"Il 16,3% delle specie è considerato in cattivo stato di conservazione, contro il 20,6% di media europea. Per quanto riguarda gli habitat, soltanto il 9,8% delle tipologie è da considerarsi in uno stato di conservazione buono. La media europea è decisamente più alta: 14,7%".

Adesso arriviamo a parlare proprio dell'investimento.

Se le imprese italiane investissero in tutela e ripristino della biodiversità 93 euro all’anno per ogni milione di fatturato, sarebbe possibile raggiungere l’ambizioso obiettivo nazionale di ripristinare entro il 2050 il 90% degli habitat di cattivo stato di conservazione, ovvero 723.500 ettari.

Il costo annuale necessario per sostenere azioni di recupero è pari a 260 milioni di euro, ovvero lo 0,013% del Pil nazionale, ma per ciascun euro investito si stima un ritorno in benefici per la collettività pari a 14,7 euro.

Ovviamente il ritorno economico è anche dettato da diversi fattori e non solo di spesa per il ripristino della natura.

Infatti, il ritorno dei 70miliardi di euro sarebbe dovuto solo grazie alla "capacità degli ecosistemi ricchi di biodiversità di fornire servizi ecosistemici, come lo stoccaggio e il sequestro del carbonio, la regolazione della qualità dell’acqua e il controllo dell’erosione, l’impollinazione, la produzione di materie prime rinnovabili (come legno e biomasse a uso energetico, cibo e fibre), la gestione del rischio di alluvioni e servizi culturali, ricreativi o turistici".