Un intervento delicatissimo, multiplo e combinato. Un intervento con cui cardiochirurghi, urologi e anestesisti dell’ospedale di Padova hanno salvato la vita a un uomo di 70 anni. Un intervento da record, mai eseguito prima in nessuna struttura sanitaria del mondo.
Nella letteratura scientifica, infatti, mai prima di oggi si era letto di un doppio intervento a soli sei giorni l’uno dall’altro: l’asportazione di un pericoloso tumore al rene attraverso la chirurgia robotica e ECMO artero-venoso e l’impianto di un ventricolo artificiale con innovativa tecnica micro-invasiva.
Un paziente di 70 anni era ricoverato all’ospedale di Padova con un quadro di insufficienza cardiaca grave: era in cura da dieci anni per un grave scompenso cardiaco. Durante il ricovero, è stato sottoposto a una Tac che complicato ulteriormente la situazione evidenziando una massa al rene.
Subito radiologi, urologi, cardiochirurghi e anestesisti si sono confrontati per definire l’approccio terapeutico. Il tumore renale doveva essere asportato il più in fretta possibile per evitare metastasi ma la grave insufficienza cardiaca rendeva l’intervento ad altissimo rischio di mortalità.
Non solo: la scoperta del tumore e il rischio di diffusione della neoplasia legata alla terapia immunosoppressiva aveva eliminato anche l’opzione del trapianto.
L’unica opzione salvavita era l’impianto di un ventricolo artificiale per risolvere la patologia cardiaca.
Per impiantare il ventricolo artificiale i cardiochirurghi utilizzato un Ecmo, ovvero un sistema di che supporta le funzioni vitali attraverso la circolazione extracorporea, inserito grazie a una piccola incisione di 5 centimetri a livello dell’inguine.
Una volta stabilizzato il paziente, i chirurghi sono passati al rene. L’hanno isolato dagli organi circostanti e liberato dal grasso della loggia renale per poi procedere con l’asportazione del tumore, risparmiando la parte sana di organo.
Tutto tramite un approccio con il robot chirurgo che ha permesso di eliminare il tremore della mano umana durante l’operazione, ridurre le perdite di sangue e i danni al tessuto renale e anche una minor invasività.
Il secondo intervento, eseguito a soli 6 giorni di distanza, ha tenuto medici e paziente in sala operatoria per oltre 8 ore.
Ed è stato eseguito attraverso un’innovativa tecnica micro-invasiva che ha evitato la riapertura dello sterno, riducendo così il rischio di mortalità e di sanguinamento post-operatorio.
La novità dell’intervento è stata proprio la modalità di accesso al cuore, avvenuto attraverso due piccoli incisioni: una sottoclaveare per l’anastomosi della protesi vascolare del ventricolo artificiale e l’altra attraverso una minitoracotomia anteriore sinistra per il posizionamento della pompa.
Questo approccio ha permesso l’esposizione solo di una piccola parte del cuore evitando la completa apertura del pericardio.
Fonte | Ospedale di Padova