Per la prima volta raccolti campioni della faccia nascosta della Luna. Cosa ce ne faremo?

Successo della missione cinese Chang’e 6 che ha riportato sulla Terra campioni del lato nascosto del nostro satellite. Una sfida geopolitica nello spazio.
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
30 Giugno 2024 * ultima modifica il 30/06/2024

È atterrata nel deserto della Mongolia, dopo 53 giorni di missione, la sonda Chang'e 6, sesto capitolo del programma cinese di esplorazione della Luna, portando con sé un vero e proprio tesoro geologico del nostro satellite naturale. Il lander della sonda, infatti, ha prelevato campioni di roccia e suolo proveniente dalla faccia nascosta della Luna, porzione molto diversa dalla faccia visibile, per cui c'è grande attesa sull'elaborazione e la condivisione dei risultati scientifici. Le analisi potrebbero rivelare particolari inediti sulle fasi di formazione del nostro satellite, nonché sulla geologia della Luna con importanti implicazioni dal punto di vista strategico ed economico.

La missione Chang'e

La missione Chang'e 6 è l'ultimo step di un programma spaziale cinese che è iniziato tra 2007 e 2010 con il lancio degli orbiter Chang'e 1 e 2, ed è proseguito con l'allunaggio dei rover Chang'e 3 e 4, rispettivamente nel 2013 e nel 2018, mentre è del 2020 la missione Chang'e 5 che ha con successo riportato sulla Terra alcuni campioni lunari provenienti dalla faccia visibile della luna.

La sesta missione ha invece riguardato la faccia nascosta del nostro satellite, per la precisione il bacino di Aitken nella zona del polo sud lunare. La zona è stata scelta per le caratteristiche geologiche, tra cui l'antica attività vulcanica, per l'età delle rocce e per la struttura termica della crosta che sembra essere unica nel suo genere. Una volta atterrato, il lander ha lavorato con una trivella e un braccio robotico per prelevare i campioni ed in circa 3 giorni ha raccolto il materiale lunare. La navicella si è poi ricongiunta con l'altra, rimasta in orbita, in cui è stato trasferito il materiale geologico che ha poi raggiunto la Terra con una capsula di rientro.

Non solo scienza

Lo studio dei campioni lunari può certamente contribuire alla conoscenza della formazione del nostro satellite nonché della sua geologia. Tuttavia, gli studi scientifici possono essere indirizzati ad analizzare il quadro delle risorse minerali presenti sulla superficie del satellite per una loro potenziale futura estrazione. Terre rare e metalli di strategica importanza, potrebbero trovarsi nelle rocce e nella regolite lunare, pronti per essere estratti dalle future missioni. Anche l'acqua è uno degli obiettivi di ricerca delle missioni spaziali sulla luna: trovare acqua ghiacciata potrebbe essere di grande aiuto per l'allestimento delle future basi spaziali lunari.

L'interesse per lo sfruttamento delle risorse minerarie sulla Luna si fa dunque sempre più importante, considerato che anche la Nasa aveva in programma da anni una missione simile a quella cinese, in una sfida geopolitica che potrebbe ridisegnare gli equilibri di potere non solo nello spazio ma anche sulla Terra. Al momento comunque non è ben definito un perimetro di azione dei diritti di estrazione mineraria sulla Luna, per cui servirà necessariamente una regolamentazione o le implicazioni politiche e "ambientali" potrebbero essere fortemente negative.

Corsa alla Luna, ma a che prezzo?

Sonde, rover, satelliti e presto anche gli astronauti della Missione Artemis della Nasa. La corsa alla Luna è ormai una realtà. Missioni su missioni, che iniziano anche ad essere private, si stanno lanciando alla conquista del nostro satellite naturale, in un contesto normativo che offre una scarsissima se non nulla protezione dell'ambiente lunare, dove insistono ancora aree di enorme valore scientifico. I crateri lunari, soprattutto quelli della zona nascosta attorno ai poli, sono aree permanentemente in ombra, dove nel corso di miliardi di anni si sono accumulate grandi riserve di ghiaccio che testimonierebbero il trasporto dell'acqua da parte degli asteroidi dal Sistema Solare esterno verso la Terra. Se fosse dimostrato, queste zone rappresenterebbero un tassello scientifico fondamentale per raccontare chi siamo e da dove veniamo.

I crateri lunari fanno gola agli astronomi, qui infatti potrebbero essere installati i grandi telescopi ad infrarosso che necessitano di bassissime temperature per operare, ma anche alle compagnie spaziali che potrebbero sfruttare l'acqua per le basi o per le strutture adibite al turismo spaziale. Non solo acqua, ma anche terre rare, metalli ed elio-3 (da sfruttare per fini energetici) fanno gola a governi e industrie terrestri, anche se ancora fattibilità tecnica ed economica del loro sfruttamento è ancora tutta da verificare. Insomma siamo pronti a colonizzare e sfruttare un nuovo corpo celeste, ma siamo sicuri di esserne in grado, visto come abbiamo ridotto la Terra?

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…