
“Ampiezza mentale, per non rinchiudersi con ossessione su poche idee, e flessibilità per poter modificare o completare le proprie opinioni”. Lo scrive Papa Francesco quasi a voler dire la sua riguardo a un problema che rimane molto comune, piuttosto diffuso e forse poco trattato: la dipendenza dalla religione.
Molti si chiederanno come sia possibile e soprattutto che male può fare essere devoti al proprio Credo, essere puntuali nella preghiera e alimentare la propria fede come si crede giusto. In verità, la dipendenza dalla religione è considerata a tutti gli effetti un disturbo ossessivo compulsivo (DOC).
Forse può esserti sembrato di intravedere questo problema tra le persone di una certa età, quelle che non perdono la Santa Messa del mattino (e ci ritornano nel tardo pomeriggio), quelle che si confessano un giorno sì e un giorno no, quelle che non perdono un rosario in Chiesa o trasmesso su Radio Maria; in verità, ci sono anche persone ben più giovani che presentano tutte le caratteristiche di un disturbo ossessivo compulsivo nell’ambito religioso e che vivono la propria fede in modo paranoico.
In tutto questo fervore religioso la dipendenza si manifesta come scrupolosità. Ci si ritrova a vivere un costante stato di ansia e apprensione, a provare sensi di colpa, a dubitare sul fatto di rispettare sufficientemente i dettami della propria religione. La principale domanda che potrebbe porsi una persona dipendente dalla religione è: come faccio a sapere che ciò che sto vivendo è davvero una conseguenza della scrupolosità dettata dal problema e non una mancanza di fede o un peccato perpetrato giorno dopo giorno? D'altronde, se l'insegnamento è mettere il proprio Dio al centro della propria vita, qualcuno (forse anche più infervorato) eliminerebbe ogni dubbio rispondendo che c'è da preoccuparsi per chi non ne ha dipendenza.
La fede diventa quindi una questione di vitale importanza. Chi soffre di questa dipendenza ed è afflitto da questa scrupolosità vive nello sforzo costante di seguire le regole spirituali e religiose, sentendo che non è mai abbastanza e che di conseguenza potrebbe fare sempre di più. Questa dipendenza di tipo religioso trova terreno fertile nei soggetti cresciuti in un ambiente dove la religiosità viene vissuta in modo autoritario e punitivo: sono persone ipersensibili, con un notevole senso di responsabilità e una forte tendenza a reprimere i propri impulsi, Nel momento in cui nasce l'ossessione, che altro non è che un pensiero intrusivo, un’idea fissa che si presenta nella mente del soggetto senza che questi la voglia, il passo verso il disturbo ossessivo compulsivo è breve.
Alcuni di questi oggetti hanno per esempio l'ossessione di commettere un atto blasfemo, se non addirittura di bestemmiare. Magari hanno avuto un’educazione religiosa strutturata e piuttosto rigida e solo l'idea di aver potuto pensare ad un atto così inaccettabile, li fa sentire colpevoli. Ecco come, per scacciare questa costante paura di peccare in qualche modo, il soggetto mette in atto delle compulsioni: formule e frasi, gesti e comportamenti ripetitivi che il soggetto attua per purificarsi o redimersi. Come avviene in tutte le ossessioni il tema del controllo diventa importantissimo perché, quando questo non accade, la sensazione è di non avere più il controllo della propria mente, quasi a sfiorare una forma di pazzia.
Per curare una forma di dipendenza di questo tipo si ricorre a delle tecniche specialistiche di psico-educazione per imparare a gestire l'ansia, le ossessioni e le compulsioni. La Terapia Cognitivo-Comportamentale, per esempio, non solo mira a contenere l'ansia e le emozioni negative, ma si concentra anche sullo schema di funzionamento personale che sostiene il disturbo.
Il soggetto deve imparare a sostituire questo schema con schemi di pensiero e di comportamento più appropriati ed efficaci. Si tratta di un vero e proprio allenamento, che prevede sedute dallo psicanalista ed esercizi da fare a casa. Solo in alcuni casi alla terapia è anche necessario affiancare un supporto farmacologico.