Riapre in anticipo la stagione della caccia in 14 regioni. Ed è subito polemica

Da oggi è attiva la preapertura della stagione venatoria nel nostro Paese, fatta eccezione per Liguria, Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto e Toscana. Le associazioni animaliste insorgono: “Con questa concessione ai cacciatori l’Italia rischia la procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea”.
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Federico Turrisi 2 Settembre 2020

Possono tornare a sparare le doppiette dei cacciatori in Italia. E lo fanno in anticipo. Se infatti la legge 157/1992, che regola il prelievo venatorio della fauna omeoterma (cioè gli animali a sangue caldo, essenzialmente uccelli e mammiferi) prevede che l'apertura ordinaria della stagione della caccia avvenga la terza domenica di settembre, 14 regioni su 20 regioni – sono escluse Liguria, Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto e Toscana – hanno deciso di concedere la preapertura al 2 settembre. Scatenando ovviamente l'ira di associazioni animaliste e ambientaliste, che sono impegnate a impugnare i provvedimenti delle amministrazioni regionali davanti ai rispettivi Tar.

Le reazioni

Contro la preapertura si schiera in prima fila il WWF: "Quella che dovrebbe essere una deroga concessa solo in presenza di rigorose e determinate condizioni scientifiche, è ormai una consuetudine. Le deroghe sono quasi sempre autorizzate in violazione delle leggi italiane ed europee poste a tutela degli animali selvatici e delle aree dove vivono, si nutrono e si riproducono. Come se non bastasse, molte delle Regioni che stanno autorizzando l’anticipo della caccia hanno anche deciso il posticipo della chiusura al 10 febbraio, anziché al 31 gennaio per alcune specie. Una tendenza filovenatoria delle Regioni resa ancor più evidente dall’adozione di numerosi provvedimenti che tendono ad allargare le maglie delle norme vigenti".

Dello stesso avviso è la Lipu, la Lega Italiana Protezione Uccelli, che pone l'accento sulla problematica del prelievo venatorio nei confronti di specie considerate vulnerabili, come la tortora selvatica: "È molto concreto il rischio che l’Italia diventi oggetto di una procedura di infrazione europea per la caccia alla tortora selvatica, come già accaduto per Francia e Spagna. La caccia alla tortora selvatica è autorizzata nonostante le richieste internazionali di moratoria, l’opposizione del ministero dell’Ambiente italiano, il Piano di gestione nazionale della specie, che sconsiglia le preaperture, e il parere negativo da parte dell’Ispra. Una serie di divieti che le regioni hanno disatteso, a dimostrazione della sudditanza culturale e politica nei confronti del mondo venatorio".

Perché la caccia esiste ancora?

Ogni volta che ci ritroviamo a dare notizie di questo genere è inevitabile parlare dello scontro che si viene a creare tra cacciatori e amministratori locali, da una parte, e associazioni che si battono per i diritti degli animali, dall'altra. Questo perché la caccia per attività ricreative o commerciali è visto ormai come qualcosa di superato, oltre che pericoloso (nella scorsa stagione di caccia in seguito ad incidenti sono morte 24 persone e ne sono state ferite 58).

Nel 1990 il referendum che proponeva l’abolizione della caccia su tutto il territorio italiano non raggiunse il quorum e pertanto la consultazione non fu dichiarata valida. Oggi la legge italiana considera la fauna selvatica patrimonio indisponibile dello Stato, soggetto a tutela nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale. Lo stato può però derogare a tale principio, nelle forme e nei limiti stabiliti dalla legge, rilasciando al cacciatore una concessione (la “licenza di caccia”) al fine di abbattere esclusivamente le specie elencate e nei periodi stabiliti dalla legge stessa. Spetta poi alle regioni attenersi alle modalità fissate dalla legge statale nella stesura dei calendari venatori, dei piani faunistici e della pianificazione del territorio.

Diverso è il discorso riguardante la caccia per contenere una specie. Prendiamo un caso classico come quello dei cinghiali. La normativa nazionale prevede che, al fine di ridurre gli impatti causati dalla fauna selvatica alle attività umane o all’ecosistema, possano essere attuati interventi diretti di controllo della popolazione animale. Ma questi interventi non sono assimilabili al prelievo venatorio, perché possono essere attuati in tutto l’arco dell’anno e perché sono dettati da una situazione straordinaria in cui è necessario risolvere un problema generato dalla presenza della fauna selvatica.

Il punto è un altro. Ci sono regioni che, a suon di deroghe, periodicamente emanano calendari venatori in parziale difformità con la legge quadro (vedi il caso delle preaperture e dell'inserimento di alcune specie vulnerabili nella lista degli animali che si possono cacciare). Anziché proporre di modificare la legge, sarebbe più opportuno sollecitare gli apparati pubblici a vigilare sul rispetto delle norme, in un'ottica di salvaguardia della fauna selvatica e del patrimonio naturale.