Rosalie Fish, l’attivista e atleta che corre per i diritti delle donne indigene d’America

Si dipinge una mano aperta di colore rosso sul viso e corre. Rosalie Fish è un’atleta, ma anche un’attivista. Non corre solo per vincere, ma soprattutto per denunciare le violenze e gli omicidi che fanno delle donne indigene del Canada e degli Stati Uniti, vittime senza giustizia.
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Gaia Cortese 12 Maggio 2021

Lo sport può diventare un’opportunità per veicolare un messaggio. In questa storia, la corsa di Rosalie Fish è diventata uno strumento per promuovere l’emancipazione femminile, un modo per rivendicare i diritti delle donne, in particolare quelli delle donne indigene.

Nata a Auburn (Washington), Rosalie Fish è un’atleta statunitense di appena vent’anni. Durante il suo ultimo anno di liceo, Rosalie si è ispirata ad un’atleta indigena, Jordan Marie, che nel 2019 alla Maratona di Boston ha reso onore a 26 vittime indigene dipingendosi sul volto una mano aperta di colore rosso. Dietro questo messaggio, ci sono le difficili condizioni di vita delle donne indigene in Canada e negli Stati Uniti, e dati e numeri a dir poco allarmanti: la percentuale delle donne indigene assassinate negli Stati Uniti è infatti 10 volte superiore alla media degli omicidi nazionali.

Anche Rosalie è una donna indigena. Appartiene alla tribù Cowlitz della riserva di Muckleshoot e le sue origini sono già state diverse volte motivo di discriminazione. Quando frequenta la Muckleshoot Tribal School non le è permesso partecipare ad alcuni incontri competitivi, nonostante abbia largamente raggiunto il tempo di qualificazione richiesto.

Non solo. Tra le donne indigene scomparse figura anche Alice Looney, la zia di Rosalie.. La donna scompare nel 2004 e il suo corpo viene ritrovato solo quindici mesi dopo.

Così nel maggio 2019, allo start di una competizione di atletica, Rosalie si presenta con l’impronta di una mano rossa disegnata sulla bocca con le dita che si allargano fino alle guance, mentre sulla gamba spiccano le lettere MMIW (Missing and Murdered Indigenous women è campagna di sensibilizzazione sul problema delle donne indigene scomparse e uccise, portata avanti dall'atleta). Per Rosalie Fish, infatti, correre non è solo più uno sport, ma un’opportunità di emancipazione femminile e un modo per rivendicare il proprio ruolo all’interno della società in quanto donna e in quanto indigena.

La percentuale delle donne indigene assassinate negli USA è 10 volte superiore alla media degli omicidi nazionali.

La mano aperta disegnata sulla bocca è un modo per porre fine al silenzio a cui ancora troppe donne indigene sono costrette. Rosalie continuerà a fare il nome di una donna scomparsa o uccisa a ogni sua gara, fino a quando non ci saranno più nomi a cui rendere onore.