Rospo della vanga: perché rischia di sparire questa specie caratteristica della Pianura Padana

Un tempo questo animale popolava le aree umide dell’Italia settentrionale, ma da alcuni decenni il numero di esemplari sta calando in maniera costante a causa della riduzione dell’habitat, tanto che lo Iucn ha classificato il rospo della vanga come specie in pericolo. Con le attività di monitoraggio sul territorio si tenta di salvarlo dall’estinzione.
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Rubrica a cura di Federico Turrisi
19 Giugno 2020

Sai qual è la classe di animali vertebrati che risente maggiormente degli effetti del cambiamento climatico? La risposta è gli anfibi. Spesso ci scordiamo della loro presenza (soprattutto se viviamo in città); ma svolgono un ruolo indispensabile per l'equilibrio degli ecosistemi e la sopravvivenza di molti di loro è seriamente minacciata. A livello mondiale il 41% delle specie di anfibi è considerato a rischio estinzione. In Europa le cose non vanno meglio e si stima che il 60% delle specie di anfibi sia in una fase di declino. La situazione più grave è in Italia per un motivo molto semplice: siamo uno dei Paesi più ricchi nel Vecchio Continente dal punto di vista della biodiversità e ospitiamo un numero più elevato di specie.

Oggi vogliamo concentrarci su una in particolare: il pelobate fosco (nome scientifico Pelobates fuscus), detto anche rospo della vanga per le sue abitudini fossorie. Trascorre infatti gran parte dell'anno interrato in cunicoli poco profondi che scava da solo, di solito in suoli sabbiosi e ricchi di sostanza organica, e fuoriesce soltanto nelle notti umide e piovose per nutrirsi e riprodursi.

Si tratta di una specie endemica della Pianura Padana, tant'è vero che all'interno del territorio del Parco del Ticino, a cavallo tra Piemonte e Lombardia, si trova il sito più importante al mondo. Il problema è che rischiamo di perderla. Il comitato italiano dell'Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) l'ha inserita nella categoria EN, che sta per Endangered, ossia in pericolo.

In passato il rospo della vanga era molto diffuso nei pioppeti, nelle risaie e in generale nelle zone vicine ai corsi d'acqua, ma da alcuni decenni la sua popolazione è in forte declino, a causa soprattutto della perdita di habitat. Tanto per cambiare c'è lo zampino dell'uomo: cementificazione, traffico stradale, uso di fertilizzanti chimici e di pesticidi, interventi di bonifica delle zoni umide per ricavare terreni coltivabili hanno spinto questo piccolo animale sull'orlo dell'estinzione e reso la sua presenza sul territorio molto rara. In Piemonte in 20 anni si è passati da 21 siti riproduttivi a 7, e in nessuno di questi la popolazione può essere considerata al sicuro. In tutta Italia si contano appena una ventina di popolazioni, molto frammentate e in certi casi composte da pochi individui.

Non è casuale che l'Unione Europea abbia inserito il pelobate fosco nella direttiva Habitat n. 92/43/CEE tra le specie la cui conservazione è prioritaria. Data la carenza di informazioni sulla sua presenza sul territorio, vengono portate avanti diverse attività di monitoraggio nella Pianura Padana (che spesso contano anche sulla collaborazione dei cittadini in caso di avvistamenti), come nel caso del recente progetto europeo LIFE Gestire 2020. Già con il precedente progetto LIFE Natura 2000 “Pelobates”, che aveva coinvolto anche l'Università di Torino, il parco naturale della Valle del Ticino e il WWF Italia per il ripopolamento della specie in un'area di 100 ettari in Piemonte, erano stati raggiunti risultati incoraggianti: se nel 2003 nel sito riproduttivo si contavano una decina di esemplari, nel 2014 il numero di rospi è salito a oltre 500. Ma non per questo è concesso abbassare la guardia: il destino del rospo della vanga rimane appeso a un filo.

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Laureato in lettere e giornalista professionista, sono nato e cresciuto a Milano. Fin da bambino ad accompagnarmi c’è (quasi) sempre stato un altro…