Somministrare una sola dose ai guariti dal Covid? Il prof. Abrignani: “Funziona e ci garantirebbe più vaccini”

Secondo l’Immunologo dell’Università degli studi di Milano, la prima dose del vaccino innesca una risposta immunitaria simile a quella indotta dall’infezione senza però causare la malattia. Un individuo già infettato ha dunque già avuto la risposta immunitaria contro il virus e la prima dose di vaccino funzionerebbe da boost, rendendo quindi non necessario ricorrere a due dosi.
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Kevin Ben Alì Zinati 1 Marzo 2021
* ultima modifica il 01/03/2021
Intervista al Prof. Sergio Abrignani Immunologo presso l'Università degli Studi di Milano

Un cambio in corsa per ritrovare l'equilibrio tattico. Nel contesto sportivo può tradursi nell'ingresso in campo di forze fresche o il passaggio a un diverso modo di giocare, in quello quotidiano dell'emergenza sanitario nella somministrazione di una sola dose di vaccino a chi ha già incontrato e superato il Covid-19. È la mossa su cui sta ragionando il Governo: l'Agenzia Italiana del Farmaco ha già dato luce verde e per renderla ufficiale si attende solo la firma del Ministro della Salute Roberto Speranza. Ma in concreto, che cosa significa pungere una volta sola oltre 2milioni e quattrocento mila persone? L'abbiamo chiesto al professor Sergio Abrignani, immunologo dell'Università degli Studi di Milano.

Professor Abrignani, perché a chi è già stato infettato potrebbe bastare una sola dose di vaccino?

Nei vaccini a due dosi , la prima è un innesco, chiamata anche “priming”, che ha lo scopo di iniziare la risposta immunitaria che in questo caso è diretta contro la proteina Spike. La seconda dose, il “boost”, ha invece il compito di potenziare la risposta immunitaria e indurre memoria di ciò che è stato riconosciuto. Questo meccanismo avviene quale che sia il vaccino usato: a Rna, a vettori virali o a proteine ricombinanti. L’infezione da Coronavirus insieme alla malattia che abbiamo imparato a conoscere come Covid-19 innesca una risposta immunitaria. Da un punto di vista immunologico, la prima dose di un vaccino innesca una risposta immunitaria simile a quella indotta dall’infezione senza però creare la malattia. Se un individuo è già stato infettato ha dunque già avuto il priming della risposta immunitaria contro il virus e la prima dose vaccinale funziona da boost, rendendo quindi non necessario ricorrere a due dosi di vaccino.

Quanto devono essere recenti le infezioni?

Somministrare una sola dose di vaccino è sicuramente funzionale per i guariti della seconda ondata. Il più “antico” degli infettati ha al massimo un anno e sebbene non abbiamo informazioni precise in merito a quanto e quando decada la risposta immunitaria post infezione, abbiamo ragione di credere che una singola dose di vaccino sia efficace anche per gli infettati della prima ondata di febbraio-marzo 2020.

Il tipo di vaccino che verrebbe somministrato a un guarito sarebbe comunque rapportato alla categoria cui appartiene, giusto? 

Funzionerebbe così. Ricordando che i migliori vaccini sono quelli a Rna (Pfeizer e Moderna), che proteggono dalla malattia più del 90% e che per questo vengono dati alle popolazioni più a rischio (ultra65enni e operatori sanitari). L’altro vaccino ad oggi autorizzato in Europa è a base di adenovirus (AstraZeneca), è anch’esso sicuro ma è efficace in maniera minore (circa 60%) e per questo è utilizzato nella fascia di popolazione (18-65 anni) che è meno a rischio.

Ci sono differenze tra la protezione che svilupperebbe un guarito dall’infezione a cui viene somministrata una sola dose di vaccino rispetto a quella di una persona mai infettata cui ne vengono somministrate due?

Ad oggi non lo sappiamo perché non c’è stato il tempo materiale per approfondirlo nel dettagli. Possiamo però ragionare per similitudine con altre infezioni e perciò possiamo dire che, in generale, il livello di protezione raggiunto nei due casi dovrebbe essere simile. Uso il condizionale ricordando che tutto è iniziato “solo” un anno fa e che oggi stiamo ragionando su richiami di terza dose con vaccini di seconda generazione. A febbraio 2020 era inimmaginabile.

E rispetto all’efficacia contro le varianti? 

Per quello che ne sappiamo, la maggior parte delle infezioni, oggi, in Italia, sono ancora causate dal ceppo originale detto "Wuhan" e tutti i vaccini finora disponibili sono stati creati specificamente contro il ceppo Wuhan. Nelle ultime settimane è stato dimostrato che i vaccini a nostra disposizione sono efficaci anche contro la più diffusiva delle varianti, quella inglese. Vaccinare con una sola dose un guarito dall’infezione con ceppo Wuhan non sarebbe dunque diverso dal vaccinare con due dosi la stessa persona che non avesse fatto l’infezione.

Come si inseriscono le vaccinazioni dei guariti dal Covid nella scala di priorità che guidano la campagna vaccinale? 

In un mondo ideale, la vaccinazione seguirebbe la normale lista di priorità basata su età e presenza di comorbidità. Oggi però non è così. Accanto al livello di priorità definite nel piano vaccinale, c’è una sottoprioritizzazione dettata non dal livello di rischio di incorrere in una malattia grave ma dalla logistica. C’è carenza di vaccini e se un centro vaccinale si trovasse con 100 vaccini e 120 persone da vaccinare, di cui 20 già guarite, è chiaro che si vaccinerebbe quelli che l’infezione non l’hanno ancora fatta, dal momento che chi ha già fatto il Covid ha già un certo livello di risposta immunitaria e quindi di protezione.

E se un individuo dovesse infettarsi tra la prima e la seconda dose di vaccino, dovrebbe comunque fare il richiamo o anche a lui basterebbe la prima iniezione? 

L’infezione nei 21-28 giorni tra la prima e la seconda dose è un’eccezione che si è comunque già verificata, soprattutto negli individui maggiormente esposti come medici o infermieri. Se una persona fa la prima dose, si infetta e lo scopre perché si manifesta la malattia, la vaccinazione viene posticipata perché non si somministra un vaccino a chi ha la malattia in atto. In linea teorica, potremmo dire che quell’individuo, una volta guarito dal Covid, non dovrebbe ricevere la seconda dose di vaccino perché si trova nella stessa situazione di chi ha già fatto l’infezione e gli è quindi sufficiente una sola dose. Ripeto, però, che si tratta di eccezioni e oggi, in piena emergenza pandemica, non si possono costruire le regole sulle eccezioni.

Professore, quale sarebbe il più grande vantaggio del vaccinare con una sola dose i guariti? 

Ci garantirebbe di avere a disposizione maggiori quantità di vaccino. Poiché molte infezioni avvengono in modo asintomatico è chiaro che molti dei gia infettati, non sapendo di esserlo stati, verranno vaccinati due volte. Fino ad ora, nella popolazione di medici e operatori sanitari che son stati vaccinati, circa il 5-10% era già stata infettata. Va detto chiaramente che la doppia vaccinazione non ha creato alcun rischio: sottoporre i guariti a una sola dose di vaccino non è un problema di sicurezza ma è un modo per risparmiare dosi in un momento di carenza.

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