Sotto la Sicilia un enorme quantità d’acqua: la scoperta degli scienziati

17,5 km cubi d’acqua nelle rocce al di sotto dei monti Iblei in Sicilia. Una risorsa che potrebbe essere sfruttata contro gli effetti dei cambiamenti climatici.
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
16 Dicembre 2023 * ultima modifica il 18/12/2023

Le rocce del sottosuolo siciliano custodirebbero un enorme volume d’acqua che potrebbe divenire in un futuro un’importante fonte di approvvigionamento non convenzionale. È questa la scoperta importante di un gruppo di ricercatori italiani e dell’Università di Malta i cui risultati sono stati pubblicati da poco sulla prestigiosa rivista ‘Communications Earth & Environment’ di Nature Portfolio. Alla luce degli effetti del riscaldamento globale che, localmente, stanno modificando la distribuzione delle precipitazioni con prospettive apparentemente tutt’altro che rosee per l’hot spot del Mediterraneo, questa scoperta e il metodo di indagine utilizzato hanno implicazioni significative per studi e ricerche in aree geologiche e climatiche simili e con problemi di scarsità idrica.

Modello concettuale proposto per il sistema di circolazione delle acque sotterranee profonde all’interno della Fm di Gela. (Da Lipparini et al., 2023)

L'oro blu a 2 km di profondità

Lo “scrigno” geologico che custodirebbe il tesoro liquido è la cosiddetta “Formazione di Gela” (Fm. Gela), unità litostratigrafica caratterizzata da carbonati di piattaforma marina risalenti al Triassico superiore, ovvero rocce calcaree che un tempo somigliavano più o meno alle attuali barriere coralline.

Queste rocce sono costituite da una elevata permeabilità e dunque da un complesso dedalo di fratture, pori e aperture in grado di farsi attraversare e ospitare grandi quantità d’acqua ma anche idrocarburi. Essendo già note le falde acquifere più superficiali della sequenza iblea, gli studi si sono concentrati sulla Fm. Gela e dunque oltre gli 800 metri di profondità, con un approccio innovativo che ha combinato l’analisi dei dati di pozzo derivati dall’esplorazione petrolifera e avanzate tecniche di modellazione tridimensionale del sottosuolo.

Acqua per 7 milioni di piscine olimpioniche

Il volume d’acqua immagazzinato nelle rocce, stimato dagli studiosi, è pari a circa 17,3 chilometri cubi: l’equivalente di circa 7 milioni di piscine olimpioniche! Si tratta però di acque a vario grado di salinità, dunque non proprio dolci e direttamente utilizzabili per il consumo umano, come testimoniano i dati geochimici infatti al crescere della profondità aumenterebbe il grado di salinità dell’acqua (tra 2.000 e 20.000 mg/l).

Distribuzione della salinità (mg/L di NaCl equivalente) delle acque sotterranee nella Formazione di Gela su mappa strutturale. Grafico di variazione della salinità delle acque con la profondità. (Da Lipparini et al., 2023)

Ma a cosa è dovuto questo enorme accumulo d’acqua? Come spiega Lorenzo Lipparini, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e primo autore dello studio "La distribuzione di questo accumulo di acque fossili è stato attribuito a un meccanismo di ricarica meteorica guidato dall'abbassamento del livello del mare nel Messiniano. Abbiamo ricostruito che questo abbassamento del livello del mare, avvenuto circa 6 milioni di anni fa, ha raggiunto i 2400 metri sotto l'attuale livello del mare nel bacino del Mediterraneo orientale, creando le condizioni favorevoli all'infiltrazione di acque meteoriche e all’accumulo e conservazione di questa preziosa risorsa idrica nel sottosuolo".

Nuove opportunità di approvvigionamento

Preziosa sì e potenzialmente anche sfruttabile, come sottolinea Lipparini "Queste acque addolcite potrebbero avere utilizzi diversificati, dalla potabilità all’utilizzo per scopi industriali e agricoli, aprendo così nuove prospettive per la Sicilia meridionale e altre regioni costiere del Mediterraneo". Visto il livello di salinità sarebbe necessaria ovviamente una potabilizzazione della risorsa, tuttavia uno stock d’acqua così voluminoso rappresenta una potenziale fonte di approvvigionamento strategica non solo per l’area iblea ma probabilmente per l’intera Sicilia, a patto ovviamente che si migliori anche lo stato dell’infrastruttura idrica regionale.

"Questo approccio innovativo potrebbe, essere esteso ad altre aree dell’Italia e del Mediterraneo caratterizzate dalla carenza idrica e da condizioni geologiche analoghe", suggerisce il primo autore dello studio, che conclude "Grazie ai risultati raggiunti si potrà ora cercare di individuare possibili nuovi accumuli anche in aree quali Marocco, Tunisia, Egitto, Libano, Turchia, Malta e Cipro, per citarne alcune”.

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…