Spiagge bianche di Rosignano: dove gli scarti industriali si travestono da sogno caraibico

“Caraibi italiani”, così sono chiamate le Spiagge Bianche, in Toscana. Un paradiso artificiale nato da un secolo di scarti industriali chimici versati nel mare.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Rubrica a cura di Beatrice Barra
15 Giugno 2023

In questa foto non è immortalata una lontanissima isola caraibica: quelle che vedi sono le cosiddette spiagge bianche di Rosignano, in Toscana. Ogni fine settimana, con l’arrivo dell’estate, migliaia di persone in cerca del “sogno caraibico” affollano questo tratto di circa cinque chilometri di litorale sabbioso. Sai da dove nasce il suo colore bianco? Da circa 100 anni di scarti industriali chimici versati nel mare.

Cos’è successo esattamente un secolo fa?

Era il 1913 quando un famoso inventore e industriale belga, Ernest Solvay, costruì uno stabilimento chimico per la produzione di carbonato di sodio vicino a un piccolo tratto di costa in Toscana, sotto Livorno.

La zona disponeva di tutte le materie prime necessarie per la produzione di carbonato di sodio: il calcare di cave locali, il sale e l’acqua di mare. In più, oltre a essere collegata a una linea ferroviaria, si trovava proprio lungo la storica via Aurelia, che collegava Roma al Nord Italia, e poteva agevolare i trasporti. L'enorme industria chimica ha cambiato per sempre il destino di queste zone prima quasi completamente disabitate. Negli anni l’insediamento chimico è diventato la sodiera più grande d’Europa e ha iniziato a fornire un grandissimo numero di posti di lavoro. Prima sono stati costruiti alloggi per gli operai e per le loro famiglie, e poi anche una scuola, una chiesa e un ospedale. In poche parole è nata una straordinaria "company town", una cittadina pensata per i bisogni dell’azienda ma allo stesso tempo attenta a tutte le necessità della comunità, in gran parte formata dai lavoratori Solvay e dalle loro famiglie. Un legame talmente forte che nel 1917, quell'insieme di alloggi è diventato un vero e proprio paese rinominato, in onore della fabbrica stessa, Rosignano Solvay.

Cos’è il carbonato di sodio?

Il carbonato di sodio, o semplicemente soda (da non confondere con la soda caustica), è una polvere bianca impiegata in molti settori, ad esempio nella preparazione del vetro, come additivo negli alimenti confezionati e per creare saponi e detergenti.

Si trova già naturalmente in diversi tipi di minerali, ma può essere prodotta industrialmente. Il complesso processo chimico che crea il carbonato di sodio ha inizio da due elementi: il calcare e il sale, che nella maggior parte dei casi non sono mai puri, anzi sono rocce e minerali che in natura sono contaminati da particelle di metalli pesanti. Quando vengono polverizzate, queste impurità vengono rilasciate direttamente in mare come materiali di scarto, insieme ai residui di calcare polveroso.

Perché la spiaggia è così bianca?

È da circa 100 anni che la "Fossa Banca", ovvero il canale di scolo dall’industria, pompa gli scarti direttamente nel mare, tanto che ha letteralmente modificato il paesaggio. Da una parte, la tipica spiaggia beige della costa maremmana ha lasciato il posto a una sabbia troppo bianca, fatta quasi unicamente di calcare; dall’altra sono finite nel mare anche le particelle di metalli pesanti tra cui arsenico, mercurio e piombo, che sono tre delle dieci sostanze chimiche estremamente preoccupanti per la salute pubblica secondo dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Nel 2017, l’industria chimica in Italia ha scaricato in mare circa 4 tonnellate di arsenico; quasi 6 tonnellate di cromo; 13 tonnellate di benzene e altri inquinanti tutti molto pericolosi per la salute delle persone.

A denunciare per primo questo problema è stato proprio il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente che nel 1999 ha definito questo tratto di costa uno dei più inquinati d’Italia avendo sversato nel Mar Mediterraneo più di 400 tonnellate di mercurio. Per non parlare poi, negli anni successivi, della scoperta di canali di scarico illegali, del superamento dei limiti delle emissioni di sostanze nocive, dei danni alle praterie di Posidonia oceanica – un’alga esclusiva del Mediterraneo – soffocate dal materiale di scarto della fabbrica di soda, fino a due blackout elettrici che hanno causato la fuoriuscita di ammoniaca e di conseguenza una morte eccezionale di pesci.

Il divieto di balneazione

In base alle rilevazioni dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, nelle zone intorno alla Fossa Bianca c’è un divieto permanente di balneazione a titolo preventivo, proprio a causa dello scarico industriale e degli alti livelli di mercurio dispersi; ma allo stesso tempo il mare è definito come “eccellente” dal punto di vista biologico, insomma "pulito". Questa contraddizione nasce perché i prelievi dell’ARPAT valutano solo la presenza di Escherichia Coli ed enterococchi intestinali, batteri che possono essere pericolosi per la salute umana, senza considerare tutto il resto. Il risultato è un divieto di balneazione limitato a un tratto di mare, oltre il quale i turisti continuano a fare il bagno senza grandi preoccupazioni.

La situazione oggi

Nel corso degli anni, la Regione Toscana e altri enti istituzionali hanno siglato vari accordi con la fabbrica di soda per cercare di migliorare la situazione, ma purtroppo non sono sempre andati a buon fine. Nel 2022 alla multinazionale è stata rinnovata l'autorizzazione integrata ambientale (AIA), ciò significa che le autorità hanno confermato che lo stabilimento in Toscana è in regola per proseguire con la produzione di soda e ha il permesso di sversare un massimo di 250.000 tonnellate all'anno di solidi sospesi, cioè gli scarti di polvere bianca, nel mare. Secondo la fabbrica produttrice di soda, lo scarico diretto in mare attraverso un canale aperto è un'ottima opzione poiché le correnti sottomarine fanno sì che il calcare non si accumuli, ma si distribuisca uniformemente sul fondale. Ma non solo: la fabbrica afferma di non usare e nemmeno di aggiungere metalli pesanti nel corso del processo produttivo, anzi sostengono che il calcare che si deposita nuovamente sul litorale gioca un ruolo importante nell’aiutare la costa contro l'erosione delle spiagge.

L’attenzione internazionale e l’intervento della finanza

Dove purtroppo fino a oggi non sono riuscite le molte battaglie di attivisti e ambientalisti, è intervenuto il mondo della finanza. Bluebell Capital Partners, un fondo attivista, acquistando una sola quota delle azioni dell’azienda è riuscito a dare la giusta importanza a questo disastro ambientale anche a livello internazionale. Collaborando con altre associazioni come il WWF Italia,  l’organizzazione no profit Project Zero e la onlus Medicina Democratica, Bluebell sembra essere riuscita a trovare un accordo con la multinazionale: l'obiettivo è di ridurre i rifiuti di calcare del 20% rispetto ai livelli consentiti entro il 2030 e del 40% entro il 2040 in Italia. Contemporaneamente sembrerebbe che l’azienda stia lavorando a un nuovo processo di produzione di carbonato di sodio che dovrebbe consentire a Solvay di ridurre a zero qualsiasi scarico di residui di calcare entro il 2050.

Sappiamo che tutt’oggi su questo paradiso artificiale ci sono ancora molte opinioni contrastanti: tra chi pensa che non ci sia nessun problema e chi invece pensa che il problema sia bello grosso. Ciò che è evidente è che queste spiagge apparentemente da sogno sono l'eredità di uno sviluppo industriale passato che privilegiava unicamente il lavoro senza avere la minima consapevolezza della natura circostante. Fortunatamente oggi lo scenario si è completamente ribaltato: le questioni ambientali sono al centro dei più importanti dibattiti politici, studi scientifici e della nostra quotidianità. Proprio per questo diventa fondamentale far conoscere questo luogo non unicamente come una bizzarra meta turistica da visitare ma anche come un simbolo che ci ricorda che non esiste sviluppo tecnologico senza il rispetto dell'ambiente che ci circonda.

Questo articolo fa parte della rubrica
Polentona acquisita e curiosa instancabile. Sono a Milano dal 2016 e scrivo per passione da quando ho cinque anni. Amo il altro…