Sport all’aperto: per chi ha la fibrosi cistica rinunciare è un problema e parte la campagna #iononmifermo

Chi è affetto da questa patologia deve muoversi e fare attività fisica per rendere il muco meno denso ed evitare che si depositi nei polmoni, ostruendo le vie aeree. Ma dall’esplodere dell’epidemia, questo non è più stato possibile. La Lega Italiana per la Fibrosi Cistica sta affrontando il problema con video sedute di fisioterapia e sfide social. Come ci ha raccontato la Presidente.
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Giulia Dallagiovanna 1 Aprile 2020
* ultima modifica il 30/07/2021

Più o meno dagli inizi di marzo la tua vita è cambiata. Hai iniziato a lavarti le mani molto più spesso, porti sempre con te un gel idroalcolico per quando acqua e sapone non sono a portata di mano, esci molto di rado e cerchi di farlo indossando sempre una mascherina. E soprattutto non puoi entrare in contatto quasi con nessuno, a meno che non abiti con te. Ti sembrerà strano, ma in Italia c'erano circa 6mila persone che vivevano già in questo modo. Sono i malati di fibrosi cistica, che oggi vivono il problema opposto: non possono più praticare attività fisica all'aperto, nonostante sia parte integrante della loro terapia.

"Chi è affetto da questa patologia indossa sempre i dispositivi di protezione quando deve entrare in un ospedale o viene a contatto con altri malati – ci spiega Gianna Puppo Fornaro, Presidente della Lega Italiana Fibrosi Cistica. – Ora però il problema aumenta, perché nelle strutture sanitarie dove dovrebbero recarsi, potrebbero incontrare anche pazienti con il Covid-19".

Sì perché chi soffre di fibrosi cistica presenta dei polmoni già esposti a una buona dose di stress. Le sue ghiandole endocrine, infatti, producono un muco denso e molto appiccicoso, che si deposita sulle superfici con cui viene a contatto, intasandole. Le prime a farne le spese sono proprio le vie respiratorie, che possono finire con l'essere seriamente danneggiate. Si è inoltre ben più esposti al rischio di contrarre altre malattie e infezioni. Come quella da nuovo Coronavirus, appunto.

"Se uno di loro risultasse positivo al tampone e dovesse essere ricoverato, oltre ai timori dati dal virus in sé, ci sono anche quelli legati alla propria condizione – prosegue la Presidente. – Si tratta infatti di una malattia rara e sarebbe meglio se ci fosse uno specialista di fiducia a seguirli. Ma questo naturalmente non è possibile".

Anche i trapianti sono stati rimandati e questo potrebbe essere un problema

Non si sentono dunque abbandonati, ma sicuramente più fragili di fronte a questa minaccia che nessuno aveva previsto. Se infatti anche tu avrai dovuto rimandare impegni e magari qualche controllo medico di routine, devi sapere che c'è chi si è visto posporre un intervento di trapianto a data da destinarsi. "Tutte queste operazioni sono ferme, perché le terapie intensive sono occupate dai pazienti con il Covid-19, ma la paura è che passi troppo tempo o che non si riescano più ad effettuare".

Intanto, ci si organizza in smartworking anche per la propria salute. Al proprio medico vengono inviati periodicamente i resoconti di spirometrie eseguite nella propria abitazione, in modo che le proprie funzioni respiratorie vengano tenute monitorate. E poi ci sono gli incontri online con gli psicologi, organizzati dall'associazione, per dare un supporto e aiutare a gestire questa situazione molto stressante. Ma forse ancora più importanti sono le video sedute con i fisioterapisti.

"All'inizio erano un po' perplessi, ma alla fine ha funzionato – racconta la dottoressa Fornaro. – Chi è affetto da fibrosi cistica deve praticare attività fisica per rendere il muco meno denso ed evitare che si depositi nei polmoni. Perciò anche se non si può uscire di casa, bisogna sforzarsi in tutti i modi di muoversi". E per questa ragione, hanno anche lanciato la campagna social #fciononmifermo, dove vengono lanciate delle sfide tra i membri della Lega Italiana Fibrosi Cistica e si invita chi la raccoglie a pubblicare un video in cui fa qualche esercizio in casa propria.

Insomma, si cerca di fare il possibile nell'attesa che questo periodo passi. Anche se uno dei problemi di questa epidemia è proprio che non è dato sapere quando sarà davvero finita. Purtroppo.

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.