Tipizzazione linfocitaria: cos’è e cosa ci aiuta a scoprire questo esame

La tipizzazione linfocitaria è un esame che viene prescritto a pazienti con patologie autoimmuni o ematologiche, compresi i tumori del sangue. Serve per valutare la popolazione e le sottopopolazioni di linfociti per arrivare a una diagnosi o a una terapia mirata. Ma come funziona? Proviamo a capire meglio.
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Valentina Danesi 20 Settembre 2023
* ultima modifica il 10/10/2023

La tipizzazione linfocitaria è un esame del sangue che inizia con un normale prelievo. Lo scopo è valutare la presenza di segnali di patologie autoimmuni o ematologiche. È un test fondamentale e viene prescritto a pazienti che stanno seguendo un percorso di diagnosi, ad esempio, per leucemie linfatiche, immunodeficienze primarie e secondarie o herpesvirus. Oltre a una funzione diagnostica, la tipizzazione linfocitaria è utile anche per calibrare meglio la terapia da prescrivere.

Cosa sono i linfociti?

Partiamo chiedendoci: che cosa sono i linfociti? Semplice: non sono altro che cellule del sangue appartenenti ai globuli bianchi e rappresentano il cuore dell’immunità acquisita. I linfociti si distinguono in due macro-gruppi:

  • linfociti B: fanno sì che vengano prodotti anticorpi che si legano all’antigene e lo distruggono
  • linfociti T: si sviluppano nel timo e sono a loro volta suddivisi in linfociti T helper (DD4) e linfociti T citotossici. I primi organizzano l’azione e stimolano la produzione di anticorpi da parte dei linfociti. I linfociti T citotossici invece sono in grado di distruggere altre cellule.

Ma devi sapere che si può fare un’ulteriore suddivisione tra le diverse popolazioni di linfociti caratterizzate dai cosiddetti antigeni CD (Cluster Differentiation) presenti sulla superficie delle cellule:

  • I linfociti T totali, detti CD3, sono fondamentali per l’immunità;
  • I linfociti T Helper (CD4), che hanno una funzione di supporto ai linfociti B nella produzione di anticorpi;
  • I linfociti T citotossici (CD8), che distruggono virus, batteri e altri agenti patogeni esterni;
  • I linfociti T regolatori (CD25), che regolano la produzione del linfociti T Helper;
  • I linfociti B (CD19), servono per produrre anticorpi;
  • I linfociti NL (Natural Killer), una sottopopolazione linfocitaria che produce citochine, riconoscendo e distruggendo cellule infette o tumorali.

Come funziona il test di tipizzazione linfocitaria

La tipizzazione linfocitaria è un’analisi che serve per verificare eventuali malattie ematologiche, quelle che vanno a colpire il sangue per intenderci, così come di diverse patologie che interessano il sistema immunitario. E come si effettua? Fa male? Assolutamente no! È un semplice prelievo di sangue.

Il sangue prelevato viene poi analizzato con diversi metodi: la citometria a flusso, l’immunofluorescenza e varie tecniche immunoenzimatiche.

Perché si richiede questo test

Quando il tuo medico potrebbe chiedere di sottoporti a questo prelievo? Per scoprire l’eventuale presenza di malattie autoimmuni, immunodeficienze primarie e secondarie (AIDS), leucemie linfatiche acute e croniche. Ma non solo, è molto utile anche nei casi di trapianto d’organo per capire nel singolo soggetto come si sta sviluppando la risposta linfocitaria al trapianto e scoprire cosi il rischio di un eventuale rigetto.

Che risultati può dare il test

Il risultato è molto complesso da leggere e interpretare ecco perché è essenziale che venga fatto da uno specialista come un immunologo o un ematologo. In generale lo specialista osserverà l’identificazione degli antigeni (proteine) chiamati CD (cluster differentiation, gruppo di differenziazione) presenti sulla membrana cellulare dei linfociti del paziente e la loro conta (numero di cellule per microlitro (millimetro cubo) di sangue).

Fonti| ISS, Humanitas 

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