Trovata una soluzione che potrebbe proteggere il cuore dopo un infarto: microframmenti di Rna

Al momento non è ancora stato testato sull’essere umano, ma questo intervento prevede che si aumentino i livelli di un microfilamento di Rna in grado di mantenere in vita le cellule del miocardio, la membrana che riveste il tuo cuore. In questo modo verrebbero arginati i danni e le possibili complicanze che seguono un attacco ischemico.
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Giulia Dallagiovanna 2 Settembre 2019
* ultima modifica il 22/09/2020

L'infarto è un trauma per il tuo cuore: viene a mancare improvvisamente l'ossigeno di cui ha bisogno e parte del miocardio, cioè della membrana che lo riveste, va in necrosi. In altre parole, le cellule iniziano a morire e quell'area non sarà mai più utilizzabile. La causa è un'occlusione di un'arteria che porta il sangue fino al muscolo cardiaco. Il problema è che la moria può proseguire anche una volta che il vaso è stato riaperto e il cuore viene irrorato di nuovo. Per questo i ricercatori sono al lavoro per capire come limitare i danni di un attacco di questo tipo. Un nuovo studio potrebbe aver indicato una strada: un particolare micro frammento di Rna potrebbe aiutare le cellule a rimanere in vita.

Sentirai sempre parlare di Dna, e saprai anche più o meno cosa sia e a cosa serva l'acido desossiribonucleico: una sorta di libretto di istruzioni per le tue cellule, che sapranno come disporsi e come farti diventare quello che sei. Ma a tutte queste particelle serve qualcuno che "gli legga" cosa c'è scritto in questo opuscolo genetico: l'Rna, ovvero l'acido ribonucleico, di cui non avrai sentito parlare poi così tanto, fa esattamente questo.

Un microframmento chiamato MiR322 sarebbe in grado di mantenere le cellule toniche

A quanto sembra, un microframmento di questo acido, chiamato MiR322 sarebbe in grado di dire alle cellule del tuo cuore di non lasciarsi andare e rimanere toniche, mentre il sangue torna a irrorare i tessuti. Il team di ricerca ha infatti notato durante la fase ischemica, cioè quella della mancanza d'ossigeno e dell'infarto vero e proprio, ci fosse una drastica riduzione di questa sostanza. A partire dall'attacco cardiaco inizia po una sorta di oscillazione dei livelli di MiR322, che tornano a risalire subito dopo che l'episodio acuto è terminato, ma scendono di nuovo durante i giorni successivi, rendendo più deboli le cellule che compongono il miocardio.

Hanno così provato ad aumentare la quantità di questo molecola e hanno notato due fenomeni conseguenti: i livelli di Notch1, una proteina che protegge il cuore, aumentavano mentre, contemporaneamente, diminuivano quelli di FBXW7, una particella che invece favorisce la morte delle cellule. Al momento l'esperimento è stato effettuato solo su una quarantina di topi, perciò sarà necessario capire se questo meccanismo funzioni anche nell'essere umano. Inoltre, l'emivita di MiR322 è piuttosto breve, quindi bisognerà anche trovare una soluzione per aumentare i suoi tempi di sopravvivenza ed evitare che muoia prima di aver fatto effetto.

Potrebbe comunque rivelarsi la terapia del futuro, in gradi di limitare il più possibile i danni al cuore provocati da un infarto e ridurre il rischio di complicanze, come insufficienza cardiaca o un'aritmia.

Fonte| "MiR322 mediates cardioprotection against ischemia/reperfusion injury via FBXW7/notch pathway" pubblicato sul  Journal of Molecular and Cellular Cardiology il 28 maggio 2019 

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