Tumore del polmone: l’Ue approva una nuova e più efficace immunoterapia “ad agente singolo”

Si chiama atezolizumab e ad oggi rappresenta la prima e unica monoterapia contro il carcinoma del polmone non a piccole cellule metastatico con elevata espressione di PD-L1. È disponibile in tre dosaggi, che permettono una maggiore flessibilità nella gestione del trattamento, e rispetto alla chemio aumenterebbe notevolmente la sopravvivenza dei pazienti.
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Kevin Ben Alì Zinati 6 Maggio 2021
* ultima modifica il 12/05/2021

Arrivano nuove speranze terapeutiche per il trattamento del carcinoma del polmone non a piccole cellule metastatico, una delle principali cause di morte per cancro al mondo. Pensa che ogni anno colpisce quasi 1,8 milioni di persone causando oltre 4.900 morti al giorno.

La novità, firmata Roche, è stata approvata dalla Commissione europea. Si chiama atezolizumab ed è un anticorpo monoclonale che, usato come monoterapia, aumenterebbe la sopravvivenza dei pazienti rispetto alla sola chemioterapia.

Quella con atezolizumab ora la prima e unica immunoterapia “ad agente singolo” mirata contro il tumore al polmone e disponibile in tre dosaggi. Questa triplice disponibilità è decisiva perché permette la sua somministrazione ogni due, tre o quattro settimane offerendo tanto ai medici quanto ai pazienti una maggiore flessibilità nella gestione del trattamento.

L’approvazione dell’Ue è arrivata dopo i risultati ottenuti dallo studio di fase III IMpower110. Qui i ricercatori hanno messo a confronto due gruppi di pazienti: il primo trattato con la chemioterapia tradizionale, al secondo invece è stato somministrato il trattamento immunoterapico con agente singolo atezolizumab.

L’anticorpo monoclonale funziona così. Si lega a una proteina chiamata PD-L1, che si esprime sulle cellule tumorali e sulle quelle immunitarie infiltranti il tumore, e ne blocca le interazioni con i recettori di PD-1 e di B7.1: inibendo il PD-L1, l’atezolizumab riattiverebbe l’azione difensiva dei linfociti T.

I risultati dello studio gli avrebbero dato ragione. La terapia con atezolizumab ha portato all’aumento della sopravvivenza complessiva di 7,1 mesi rispetto alla chemioterapia proprio in quei pazienti con un’espressione elevata di PD-L1. Per questo, la Commissione europea ne ha autorizzato l’utilizzo in quei casi caratterizzati da un iper presenza della proteina.

In più, oltre a un profilo di sicurezza elevato, il trattamento avrebbe fatto registrare eventi avversi solo nel 12,9% dei pazienti rispetto al 44,1% di quelli che ricevevano chemioterapia, concedendo quindi anche un notevole risparmio di tossicità in virtù del non utilizzo della chemio.

Secondo gli esperti, in sostanza, se a un paziente venisse diagnosticato un carcinoma polmonare non a piccole cellule inoperabile a causa delle metastasi e caratterizzato da un’iperpressione della proteina PD-L1, “l’atezolizumab sarebbe il trattamento standard da utilizzare”.

Fonte | Roche

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