Chi lo sa quando arriverà quel momento storico nella nostra società in cui i maschi si metteranno alla sbarra, per affrontare in prima persona le responsabilità che derivano dai loro comportamenti. Forse la storia non sempre è fatta di un evento unico, a volte i cambiamenti avvengono sotto forma di fasi, che riguardino gruppi di persone o meno. Nel caso della lotta alla mascolinità tossica, tra tanti dubbi sul come vincerla, c'è una grande certezza: a prescindere dal 25 novembre, la storia nel 2023 la facciamo noi, donne e uomini con alle spalle un passato intriso di patriarcato.
Io non lo so personalmente da dove bisognerebbe partire per affrontare la violenza contro le donne e la discriminazione di genere, forse è proprio per questo motivo che credo che la cosa migliore da fare sia chiedere scusa a tutte voi, per aver sottovalutato l'importanza della battaglia, per aver ignorato difficoltà che a voi sembravano palesi, mentre io, da uomo, ho spesso trascurato anche con fastidio. Non ho mai vissuto in casa mia episodi di violenza di genere. E ci mancherebbe altro, direte voi leggendo. Se lo dico, però, è perché credo che attualmente questa sia una fortuna. Ma soprattutto è forse il caso di riconoscere che la violenza non è soltanto fisica, ma anche verbale e comportamentale. E siccome il parere di una persona coinvolta non è mai così obiettivo come ci si aspetterebbe, sono qui a riflettere per capire proprio quali sono state quelle volte in cui il patriarcato ha fatto male anche a me.
Questo sistema ti accompagna fin dalla nascita, con delle categorizzazioni di genere che, se da piccoli sono soltanto tali, da grandi diventano delle vere e proprie discriminazioni. Purtroppo non te ne accorgi, perché crescendo con certe convinzioni, non pensi di avere anche tu la responsabilità di cambiare le cose.
Sono stato succube di un patriarcato interiorizzato, perché per anni ho vissuto osservando mia madre dedicarsi alle mansioni di casa più degli altri. Nella mia mente non ho mai creduto che fosse giusto. In realtà mi vergogno, onestamente, a dire anche che spesso non ci ho nemmeno pensato. Mi rendo conto che, crescendo, l'ho quasi normalizzato. Nessuno mi ha educato a capire che ciò che stava accadendo fosse sbagliato.
Lo sono stato anche perché non mi sono mai battuto così tanto al fianco delle donne nella lotta per l'affermazione dei loro diritti. Sono contro le discriminazioni, e anche qui verrebbe da dire "ci mancherebbe", ma mi rendo conto che questo non basta e che per realizzare qualcosa di concreto bisognerebbe cominciare a fare proprie le rivendicazioni, le difficoltà, le paure altrui.
Lo sono stato perché da piccolo mi è sempre stato spiegato che esistono cose "per maschi" e altre per "femmine". Che non avrei potuto giocare, fare, comportarmi, in modi diversi da quelli che la società mi imponeva. Lo sono stato perché la Barbie è da femmina, i Lego da maschio, e tutte le altre assurde categorizzazioni che da piccoli dobbiamo accettare.
Lo sono stato crescendo, perché a scuola ho riso per delle battute sciocche, volgari e anche da bulli per paura di essere emarginato. Quando non ho detto nulla al mio amico che ha fatto commenti stupidi nei confronti di una ragazza. Lo sono ora perché ho ancora bisogno delle spiegazioni di una donna, che sia conoscente, amica, sorella o madre, per capire in cosa questa società sbaglia nei loro confronti, mentre penso che se fossi stato educato senza discriminazioni da questo Stato, a quelle osservazioni ci sarei arrivato da solo.
E in un contesto del genere riconosco il patriarcato, perché a me questa società dà la possibilità di cambiare la situazione. A loro invece, ancora una volta, non glielo permette.