Vendicarsi dell’ex coniuge, sacrificando i figli: cos’è la sindrome di Medea

Medea uccise i propri figli per vendicarsi di Giasone che l’aveva ripudiata. Una tragedia, raccontata nell’antica Grecia da Euripide, che è sempre attuale. Oggi si parla di alienazione parentale, o complesso di Medea, ogni qualvolta un genitore tenta di distruggere (con qualsiasi mezzo) il rapporto dei figli con l’ex coniuge.
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Rubrica a cura di Gaia Cortese
15 Giugno 2022

Nella tragedia di Euripide, Medea, figlia della maga Circe, si innamora di Giasone e lo aiuta ad impossessarsi del vello d’oro arrivando persino ad uccidere il proprio fratello. In questo modo il padre, intento a raccogliere i resti del figlio, non può impedire la fuga di Medea stessa, che intende sposare Giasone.

Trascorso del tempo dall'avvenuto matrimonio, Giasone si innamora di un’altra donna e ripudia Medea che, straziata dal dolore, non ci pensa due volte a preparare una vendetta. Fingendo una riconciliazione con l’ex amato, Medea tesse il vestito per le nozze della nuova amata di Giasone, cospargendolo di veleni mortali che finiranno per uccidere la poveretta nella sofferenza più atroce. Infine Medea, non ancora soddisfatta, uccide anche i propri figli, in quanto sono la diretta discendenza di Giasone.

Cos'è il complesso di Medea?

È dal mito di Medea che prende il nome la cosiddetta sindrome, o anche complesso, di Medea, menzionata non solo nel momento in cui una madre uccide i propri figli, ma anche nel caso in cui dopo una separazione conflittuale, cerchi di distruggere il rapporto tra padre e figlio. In questo caso si parlare di uccisione dei figli non più dal punto di vista fisico, ma da quello emotivo e psicologico.

Sintomi

Se il complesso di Medea si sviluppa come conseguenza ad una separazione difficile, va detto che di norma il genitore affetto da questo disturbo, presenta già dei comportamenti impulsivi e aggressivi, oltre che disturbi della personalità e, in alcuni casi, anche tendenze alla depressione e al suicidio. Nel potenziale sviluppo della sindrome di Medea, l'andamento della relazione nella coppia ha un ruolo fondamentale, ma è anche il quadro psicologico della persona che determina o meno comportamenti manipolatori, se non addirittura violenti.

Quando si verifica

Il complesso di Medea si sviluppa in caso di una cattiva elaborazione della separazione o del divorzio da parte di uno degli ex coniugi, o nel peggiore dei casi, da parte di entrambi. Nei più gravi casi di cronaca, questa sindrome può addirittura portare a vere azioni criminali, quando un genitore arriva a uccidere il proprio figlio, ma si può anche parlare di "uccisione" del legame tra un figlio e un genitore, che avviene nel momento in cui uno dei due genitori mette in cattiva luce l’altro, attraverso un'azione manipolatoria che si riversa sui figli.

Non a caso si parla di alienazione genitoriale o parentale (Parental Alienation Syndrome), quando il genitore che ha la custodia dei figli, di norma la madre, fa di tutto per ostacolare il rapporto dei figli con il genitore che non ne ha l’affido, in questo caso, il padre.

Succede solo alle madri?

Viene da chiedersi se il complesso di  Medea colpisca per lo più le madri. Secondo lo psichiatra americano Richard Alan Gardner le madri sono maggiormente soggette a questo tipo di alienazione genitoriale  perché in genere a loro vengono affidati i figli. Rispetto ai padri, le madri trascorrono più tempo con i figli, e questo dà loro un controllo maggiore nella relazione con i figli, nonché una sorta di potere nel screditare l'altro genitore.

Tuttavia, il complesso di Medea si sviluppa anche nei padri. Sempre secondo Gardner, negli Stati Uniti la proporzione tra padri e madri vittime dell'alienazione parentale sta raggiungendo il 50 per cento. In questo caso , proprio il fatto che i padri hanno meno tempo a disposizione da trascorrere con i figli, li porterebbe a minare il rapporto delle madri con i figli.

Cosa fare

In presenza di un conflitto genitoriale importante, è raccomandabile rivolgersi ad un esperto terapeuta. in questo casi può essere utile a tutta la famiglia una terapia, per individuare in ciascuno individuo le risorse a cui attingere per affrontare nel modo più sano possibile la fase della separazione.

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