Wangari Maathai, ai problemi della vita, ha sempre risposto in un solo modo: piantando alberi

Un’eredità preziosissima, fatta di oltre 50 milioni di nuove piante. È ciò che ha lasciato dietro di sé Wangari Maathai, una dei più importanti eco-eroi del mondo che accanto alle lotte per la pace e i diritti civili dedicò gran parte dei suoi 71 anni di vita alla difesa dell’ambiente del suo Kenya.
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Rubrica a cura di Kevin Ben Alì Zinati
17 Febbraio 2022

Wangari Maathai non si batté soltanto per la pace e i diritti civili, dedicò gran parte dei suoi 71 anni di vita alla difesa dell'ambiente del suo Kenya. Piantando un albero dopo l'altro divenne una dei più importanti eco-eroi del mondo e lasciò al suo paese un'eredità preziosissima fatta di oltre 50 milioni di nuove piante.

Nei momenti importanti della sua vita, Wangari Maathai ha sempre risposto piantando alberi. D’altronde per lei, figlia della comunità Kikuyu, tra le più popolose e antiche comunità del Kenya, terra e natura erano come il sangue nelle vene per ciascuno di noi: essenze vitali.

Wangari Maathai aveva un legame viscerale con il mondo naturale, quasi magico, ma non era una sprovveduta.

Agli esami delle scuole medie era stata la prima della sua classe e dopo il diploma al college era diventata la prima donna centroafricana a conquistarsi una Laurea in Scienze biologiche, ottenendo poi pure una cattedra all’Università di Nairobi.

Quando gli anni ’70 i movimenti sociali cominciarono a ribollire anche in Kenya, Wangari Maathai sentì un richiamo, come se una calamita la stesse attirando a sé senza potervisi opporre.

Presto sentì di dover scendere in campo e più volte si ritrovò a combattere in prima linea, come quando sfilò al fianco degli insegnanti dell’università affinché ottenessero un salario migliore.

La sua anima verde, quella da eco-eroe, venne a galla in fretta. Molti la ricordano infatti tra i più attivi membri dell’Environmental Liaison Centre International, un’organizzazione nata agli albori del moderno movimento ambientalista con lo scopo di sostenere il Programma delle Nazioni Unite per il Pianeta.

Wangari Maathai aveva capito una cosa tanto semplice quanto lungimirante. Era convinta che in molte occasioni, un gesto apparentemente semplice e innocuo come piantare un albero sarebbe potuto diventare più potente di qualsiasi altra parola o azione. Una pianta avrebbe fatto più rumore di qualunque protesta.

Gli alberi furono, per esempio, la risposta con cui la giovane Wangari Maathai affrontò la sconcertante arroganza del governo del Kenya, quando fece disboscare enormi terreni statali per costruirci piantagioni di tè e di caffè.

Era il 1977 e in occasione della giornata mondiale per l’ambiente formò un gruppo insieme ad altre giovane donne con cui piantò sette alberi in un parco appena fuori Nairobi, la capitale del Kenya.

Allora non lo sapeva, ma quelli non furono sette alberi qualsiasi: rappresentarono invece il primo passo del Green Belt Movement. È il movimento ecologista, e a forte matrice femminile, con cui Wangari Maathai, nei successivi 40 anni, ripopolò di verde il Pianeta.

La missione fu chiara fin dall’inizio. Il movimento avrebbe sensibilizzato i cittadini sulla conservazione ambientale del Kenya, avrebbe insegnato loro come combattere gli incendi e i disboscamenti e, ovviamente, come dare vita a nuove rigogliose foreste.

Insieme ai suoi ambientalisti Wangari Maathai lottò per la sua terra. Occupò le terre pubbliche svendute dallo Stato, spesso anche illegalmente, a imprenditori stranieri decisi a convertirle in campi da golf e si batté contro il progetto per la costruzione di palazzo di sessantadue piani nel Parco Uhuru a Nairobi.

Presto l’organizzazione si espanse, dal Kenya arrivò in Tanzania, dall’Uganda al Malawi, dall’Etiopia allo Zimbabwe e allo stesso tempo si trasformò. Ancora una volta, gli alberi divennero per Wangari Maathai la risposta, o meglio, il mezzo per portare il Green Belt Movement ad allargare il proprio raggio d’azione. Senza perdere un centimetro della propria natura, il movimento cominciò così anche a lottare anche per la democrazia e i diritti civili.

L’impegno di Wangari Maathai si rafforzò nel 2002, quando venne eletta Ministro aggiunto all’Ambiente, alle Risorse naturali e alla Fauna ma ottenne ancora più risonanza a livello internazionale due anni più tardi, quando divenne la prima donna africana a vincere il Premio Nobel per la pace per il suo contributo allo sviluppo sostenibile e alla democrazia.

Ancora una volta, Wangari Maathai celebrò anche questo momento alla sua maniera, piantando un albero nella terra rossa della valle all’ombra del Monte Kenya. Azione che Wangari Maathai perpetrò fino a che non scomparve, il 25 settembre 2011 all’età di 71 anni.

L’eredità che lasciò al mondo è di quelle inestimabili. Oltre 30mila donne, grazie a lei, hanno imparato attività come la silvicoltura e l’apicoltura e sono diventate figure in grado di prendersi cura delle risorse ambientali e degli ecosistemi e di assicurare a sé stesse a alle proprie famiglie un reddito.

Ciò che poi, più di tutto, Wangari Maathai ci ha lasciato sono gli oltre 50 milioni di alberi piantati in Kenya. Un patrimonio inestimabile per tutti: per loro, per noi e soprattutto per le generazioni future.

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Giornalista fin dalla prima volta che ho dovuto rispondere alla domanda “Cosa vuoi fare da grande”. Sulla carta, sono pubblicista dal altro…