Ambiente e politica: un destino intrecciato tra ideali e azioni reali

La Terra non è di destra né di sinistra, perché tutti abbiamo a cuore il nostro Pianeta. Eppure un movimento globale che vuole spingere i leader mondiali ad agire per fermare cambiamenti climatici, tagliare le emissioni e salvaguardare gli ecosistemi, prima o poi dovrà fare i conti con scelte politiche aventi un peso politico. E a quel punto, saranno ancora tutti d’accordo?
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Sara Del Dot 26 Marzo 2019

Non c’è più tempo. È troppo tardi. Bisogna fare qualcosa.

Dicono che questo sarà l’anno del clima. Come se, una mattina, il mondo si fosse svegliato rendendosi improvvisamente conto che la situazione sta diventando insostenibile. La spinta decisiva non è venuta da un importante esponente politico o dall’azione di qualche associazione, ma da una ragazzina svedese di 15 anni, armata solo di un cartello e della sua minuta, costante presenza davanti al Parlamento svedese. Che ha scosso così tanto le coscienze della popolazione mondiale da far scendere in strada, il 15 marzo, un milione e mezzo di persone in occasione del primo Global Climate Strike.

Poco più di una settimana dopo, sabato 23 marzo, a Roma si è tenuto un altro corteo per il clima. Non aveva nulla a che fare con il movimento Fridays for Future, si chiamava “Marcia per il clima contro le grandi opere inutili”. Anche questa era una manifestazione ambientalista. L’obiettivo era sempre lo stesso, ma le modalità e le situazioni a cui faceva riferimento erano forse meno ideali e più concrete. Difendere l'ambiente salvaguardando le proprie realtà ed ecosistemi, le piccole comunità e le economie locali. Rivendicare il diritto di dire "no" alla realizzazione di grandi opere nei loro territori, imposte (a loro dire) da chi non ha mai considerato la posizione delle persone, quei luoghi, li abitano da sempre. Citare i partecipanti a questo corteo pare quasi scontato: No Tav, No Tap, No Grandi Navi, No Triv, No Muos, No Ilva. E non mancavano partiti e movimenti politici a supporto di questi gruppi, come Potere al Popolo.

Dal Climate Strike degli studenti fino al corteo di Roma, l'obiettivo di tutti è arrivare a un cambiamento reale, che arrivi dall'alto in modo immediato e radicale. Un cambiamento, quindi, che sia innescato a livello istituzionale. Perché fare la raccolta differenziata o acquistare un’auto elettrica rinunciando al diesel sono azioni che non possono fare la differenza se le grandi industrie non rinunciano al carbone e al petrolio, non riducono le emissioni, non rallentano l’opera di iper-sfruttamento dei suoli.

E qui arriviamo al nodo cruciale della questione: come si cambiano le cose alla radice? Il movimento Fridays for Future punta a stimolare azioni concrete. Ma non è a questo che serve la politica? E quindi, come si intrecciano politica e un movimento a-partitico, se per avere un impatto reale è necessario compiere scelte reali in merito a questioni reali? È possibile rendere a-partitiche delle decisioni che di politico hanno ogni singola sfumatura?

Perché, superato l'assunto che “tutti vogliamo vivere in un mondo migliore”, la questione che si pone alla fine dei conti è: sviluppo industriale veloce e indiscriminato oppure crescita sostenibile e quindi leggermente più lenta? Acceleratore su grandi produzioni petrolifere e combustibili fossili oppure investimenti sulle rinnovabili? Bucare una montagna per fare un treno per Lione perché “serve all’Europa”, oppure preservare l’identità di una valle e utilizzare una linea pre-esistente che andrebbe solo implementata? Installare un gasdotto per diventare più indipendenti dalle importazioni dalla Russia oppure evitare il rischio di deturpare un territorio e la sua economia locale costruita e mantenuta negli anni con fatica? Perché, a livello concreto e razionale, è questo ciò che va deciso. Ed è inutile prendersi in giro. Non è un caso che le questioni ambientali siano al momento tra le più divisive sul tavolo del Governo.

Viene spontaneo chiedersi se il neo movimento ambientalista continuerà a tenersi fuori dal compromesso politico cercando di influenzarne le decisioni dall’esterno o vi entrerà a gamba tesa, magari inglobato dai preesistenti Verdi. E a quel punto, cosa succederebbe? Le persone si sentirebbero ancora così rappresentate? Oppure si distaccherebbero progressivamente, come è già accaduto in passato? I cittadini sarebbero disposti a schierarsi davvero in favore del clima e dell’ambiente invece che occuparsi di pensioni, lavoro e immigrazione? La politica sarebbe un punto di forza per le lotte ambientali o ne rappresenterebbe la definitiva sconfitta?

Il percorso che possiamo seguire è uno solo. Agire nel nostro piccolo, cambiando ciò che possiamo cambiare in prima persona. E seguire con attenzione ciò che accadrà, preparandoci, un giorno, a prendere una posizione. Perché la Terra non è di destra né di sinistra, ma le persone che devono tutelarla sì.

Sono nata e cresciuta a Trento, a due passi dalle montagne. Tra mille altre cose, ho fatto lunghe passeggiate nel bosco altro…