Andare in bicicletta come terapia per ritrovare il benessere? Ce lo spiega la Bike Therapy di Elena Giardina

La bicicletta come mezzo per ritrovare il benessere. Perché muoversi su due ruote ci consente di contemplare la bellezza che circonda, ma anche di essere consapevoli del nostro respiro e di ascoltarci dall’interno. Elena Giardina, fondatrice di Bike Therapy, ci spiega come una bicicletta possa diventare la migliore compagna di vita.
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Gaia Cortese 3 Febbraio 2021

Andare in bicicletta può considerarsi al pari di una terapia? Lo abbiamo chiesto a Elena Giardina, fondatrice di Bike Therapy. Siciliana, trapiantata a Torino, Elena si è innamorata della bicicletta fin da piccola, ma è dopo il trasferimento al Nord, in età adulta, che Elena trasforma la sua passione in un progetto che punta al benessere individuale e collettivo. Sì, andare in bici può essere una vera e propria terapia.

Come ti sei innamorata della bicicletta?

Io sono nata a Messina e, quando ero piccola, mio padre mi portava ogni domenica sulla canna della bicicletta per andare dal centro della città a Capo Peloro, un luogo fantastico perché sorge sullo Stretto di Messina, dove si incontrano il Mar Ionio e il Mar Tirreno: è iniziata cosi la mia passione per la bici.

Crescendo ho continuato a pedalare in modo indipendente e all’età di 24 anni, dopo essermi laureata in Economia del Turismo e dell’Ambiente a Messina, mi sono trasferita a Torino per iniziare a lavorare e continuare i miei studi con indirizzo ambientale. Ho subito acquistato una bici che ho tuttora, una Single Speed, una bici da città abbastanza veloce che utilizzo per gli spostamenti quotidiani.

Per quanto riguarda il mondo bici sono entrata in contatto con varie associazioni di Torino. Ho fondato Bike Pride Fiab Torino con gli stessi amici con cui pedalavo e con cui organizzavo delle cose a livello di mobilità urbana e di attività nelle scuole. Poi, ho seguito un corso per diventare accompagnatore cicloturistico per la provincia di Torino e un corso nazionale di guida di mountain bike per abilitarmi anche come istruttrice. La bicicletta è entrata a far parte della mia vita quotidiana e la trovo un mezzo utilissimo per far rete e per raccontare tante esperienze alle persone che partecipano ai tour di Bike Therapy.

È vero che hai otto biciclette?

Si, ho otto bici sparse tra la Sicilia e il Piemonte, dove mi trovo adesso per lavoro. Ho delle bici anche antiche, con i freni a bacchetta, e comunque conservo sempre quelle che mi ha dato mio padre. Ho anche modelli da cicloturismo con cui faccio viaggi, mountain bike e, a breve, arriverà una bicicletta che sto facendo fare su misura da un amico meccanico di Torino.

Cosa avrà di speciale questa bicicletta su misura?

Sarà multifunzionale, molto leggera, pratica e versatile, con un telaio in acciaio fatto su misura per la mia corporatura. Potrò scegliere la componentistica, dal cambio al manubrio, fino alle ruote. Sto scegliendo tutti i singoli pezzi, per avere una bici che possa darmi determinate soddisfazioni. Sarà una gravel, quindi una bici che può andare sia su sterrato che su strada asfaltata.

Come è nata l’idea dell’andare in bicicletta come terapia?

Il concetto di Bike Therapy me lo porto dentro da diversi anni. Per me la bici è sempre stata una valvola di sfogo positiva, mi ha dato tanto benessere a livello psicologico, mi ha messo di buonumore quando ce n'era bisogno e mi ha fatto aprire nei confronti delle persone, portandomi anche a comunicare questo benessere e a confrontarmi con loro.

In particolare, l’idea si è concretizzata quando ho passato un periodo difficile a livello personale per delle relazioni andate male, delle situazioni famigliari e di lavoro che mi avevano portato a non pedalare più. Un giorno, ero a Messina e ho ripreso la mia mountain bike. Ho deciso di iniziare a pedalare attraverso i sentieri dei colli sopra la città, e da lì, dopo un pianto di sfogo, mi sono messa in testa che da quel momento in poi non avrei più abbandonato la bicicletta, perché mi aveva dato delle emozioni così forti e importanti che, anche attraverso la mia professione di guida, doveva diventare uno strumento di terapia anche per altri. E cosi è stato.

Bike Therapy è un contenitore di tutte le mie esperienze professionali: della formazione universitaria alla mia esperienza professionale in ambiti in cui la comunicazione ambientale è sempre stata il focus principale. Ho iniziato a vedere la bici come uno strumento di comunicazione molto potente, ma anche come uno strumento per una nuova filosofia per il benessere sia individuale sia collettivo.

Se usata come mezzo di trasporto, la bicicletta rappresenta un benessere collettivo perché ci si sposta in maniera più veloce in città e di conseguenza diminuisce la congestione del traffico; ma è anche un benessere individuale perché si abbassano le spese economiche per il trasporto quotidiano, e la forma fisica ne trae giovamento.

Con questi fini la mia idea è quella di associare la bicicletta ad altre discipline come lo yoga, lo Shinrin Yoku che è una sorta di immersione in natura, e che vedo non solo come immersione nei boschi, ma anche come esplorazione a livello naturalistico di diversi paesaggi, sempre in sella a una due ruote.

Come possono trovare un connubio perfetto bici e yoga?

Abbiamo fatto questa esperienza a Messina lo scorso settembre, organizzando con tutte le attenzioni del caso per il periodo Covid, un evento in collaborazione Vincenzo Citto, maestro di yoga.

È stato un giro esperienziale abbinato alla conoscenza del proprio corpo, dove era importante cercare di associare la pedalata alla respirazione e guardarsi attorno con occhi differenti, osservando durante la pedalata tutti gli elementi naturali. La pedalata era organizzata a tappe, e le descrizioni dei luoghi in cui ci trovavamo erano intervallate da esercizi di respirazione e di stretching eseguiti con il maestro di yoga. Terminata la pedalata, ci siamo raccolti in un parco cittadino per un confronto sulle sensazioni provate durante il giro, per snodare i punti più emotivi di alcuni partecipanti e per trovare aggregazione nel gruppo.

Cosa intendi dire quando paragoni la bicicletta a uno strumento di comunicazione?

La bici può comunicare tanto. A me sta a cuore l’educazione ambientale, per esempio. Ho organizzato quindi numerosi giri esperienziali per raccontare l'importanza di tutelare i territori, e da li sono nate diverse campagne. L'ultima, per esempio, è Pedala per la terra, che parla dell’abbandono dei rifiuti, del littering: invito le persone a portare con sé un guanto o un sacchetto, magari non di plastica, durante le escursioni in bici o in passeggiata e di provare ad aiutare l’ambiente raccogliendo i rifiuti, portandoseli a casa e buttandoli negli opportuni contenitori.

"A volte per raggiungere una forma di benessere personale basta fermarsi 10 minuti e semplicemente contemplare ciò che hai intorno".

Attraverso la bici poi ho sempre raccontato l’importanza dei luoghi. A Messina, prima del lockdown, ho organizzato un giro sulla conoscenza degli alberi monumentali, in collaborazione con un amico agronomo che mi ha aiutata a strutturare il giro in modo da far conoscere le meraviglie arboree della città urbana ai partecipanti. È sicuramente un valido spunto per comunicare tante cose come la tutela degli alberi, l’amore nei confronti della città, la voglia di trasferire una consapevolezza acquisita a persone che magari ancora non comprendono l’importanza di questi valori.

Da questo punto di vista porto avanti anche il laboratorio Naturalmente in bici all’interno delle scuole, dove racconto l'utilità della bici per la mobilita urbana perché credo sia giusto parlare con i più giovani per innescare dei comportamenti virtuosi. Insieme a greenTo di Legambiente abbiamo riscritto e inviato questo progetto a diversi istituti scolastici per portare avanti dei moduli in cui si parla di mobilità sostenibile, ma anche di ciclomeccanica della bicicletta, perché è importante sapere anche come si cambia una camera d’aria e insegnare ai ragazzi a mantenere in ordine il mezzo. Non manca neppure un modulo sul riciclo creativo, perché ogni parte della bici può essere riutilizzata attraverso un uso creativo dei suoi elementi: per esempio le camere d’aria e i copertoni possono essere utilizzati per la creazione di cinture, bracciali, collane e cavigliere restituendo valore a questi oggetti in virtù dell’economia circolare.

Hai dei consigli per chi decide di riprendere la bici dopo una lunga pausa?

Sicuramente il consiglio è quello di riprendere a usare la bicicletta. I ciclomeccanici possono dare una mano a sostituire dei pezzi non funzionali ed è meglio approfittarne adesso perché è un periodo ancora “poco pedalabile”, nel senso che nei negozi non c’è tanta calca di persone che vogliono far sistemare la propria bici, come ad aprile o maggio.

L'ideale sarebbe andare in un negozio con un meccanico di fiducia e stare a osservare, dove è possibile e senza rubare il lavoro ovviamente,  cercando di capire la meccanica del mezzo. Anche pere esempio saper interpretare i rumori che arrivano dalla bici, è un modo  per entrare in sinergia con questo mezzo.