Anna Vittoria e la didattica ai tempi del Coronavirus: “Bisogna trasformare la crisi in opportunità, approfittarne per sperimentare”

Una delle misure più radicali per contenere la diffusione del Covid-19 è rappresentata dalla chiusura delle scuole e, di conseguenza, l’obbligo degli studenti di rimanere a casa. Ma come fanno docenti e professori a proseguire le attività didattiche a distanza? Lo abbiamo chiesto a chi, questo caos, cerca di trasformarlo in un’opportunità.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Sara Del Dot 9 Marzo 2020

Le scuole sono chiuse ma non si è in vacanza. Difficile capirlo e farlo capire ai bambini e ai ragazzi che improvvisamente, a causa della diffusione del Coronavirus, si sono ritrovati a casa nei giorni in cui normalmente si sarebbero alzati alle sette per andare in classe, senza però fare i bagagli e andare al mare o in montagna. Sì, perché l’emergenza della diffusione del contagio da Coronavirus ha colpito tutti i settori incluso quello dell’istruzione. Così insegnanti, docenti ed educatori stanno mettendo in campo tutte le loro competenze, la loro creatività e il loro ingegno, supportati da software e tecnologie dedicati alla didattica, per riuscire a portare avanti almeno un po’ le attività che normalmente si svolgerebbero in classe, in attesa di capire come evolverà la situazione.

Ma come cambia l’attività di insegnante quando passa dalla classe allo schermo di un computer? Come farsi ascoltare, come incentivare gli studenti all’apprendimento, come coinvolgerli in attività che possano farli sentire motivati e decisi nella prosecuzione delle attività didattiche?

Anna Vittoria Ottaviani insegna lettere alle superiori del Collegio Arcivescovile di Trento e si occupa di varie classi appartenenti a diversi istituti. Da quando è stata comunicata al corpo docenti la notizia della chiusura delle scuole, sono stati proposti e suggeriti diversi espedienti per proseguire le attività scolastiche anche a distanza, per quanto possibile. Ed è compito dei singoli docenti cercare di coinvolgere gli studenti quanto più possibile, anche attraverso un monitor.

“La prima cosa che ho fatto è stata mandare ai miei studenti una lista di concorsi di scrittura selezionati dal sito del Ministero, a cui in questi giorni potrebbero avere più tempo per prepararsi. È una cosa che faccio sempre, ne propongo alcuni quasi ogni mese, ma con i tempi della scuola sono pochi quelli che aderiscono.”

Per quanto riguarda le attività didattiche, i suggerimenti sono diversi e tutti validi.

“Le proposte di certo non mancano. Nel corso di un collegio docenti ci hanno suggerito l’utilizzo di Google Hangouts, tramite cui ciascuno di noi ha calendarizzato alcune ore nel corso della settimana in cui renderci disponibili in video conferenza con la classe. Naturalmente non è un appuntamento coercitivo, anche perché non è detto che tutti gli studenti siano al computer in quel determinato momento. Per facilitare tutti abbiamo organizzato queste lezioni negli orari più centrali della mattinata, quindi non troppo presto né nel pomeriggio.”

Una via di mezzo tra la libertà, l’autogestione e l’orario scolastico, in cui ciascun docente si mette a disposizione in un determinato momento e lo studente, in base alle proprie disponibilità, partecipa. E non è l’unico strumento che è possibile utilizzare.

“Noi usiamo anche la piattaforma Classroom su cui carichiamo materiali di ogni genere come link, video, post, Power Point, immagini, insomma qualsiasi cosa. Su questa piattaforma si può interagire anche con tutti i Google Drive, quindi non funziona in modo unilaterale da insegnante a studente, partecipano tutti. Ci sono poi anche altri strumenti, come le presentazioni cui aggiungere l’audio, le video lezioni di cui fruire quando in autonomia nell’orario che si preferisce, riascoltandole…”

In tutto questo però, la cosa importante per il docente è dare un senso a questa situazione trasformando un’emergenza in opportunità, offrendo possibilità diverse dal solito, garantendo la propria presenza agli studenti, rendendosi disponibile per eventuali recuperi.

Per me la parola chiave è resilienza, bisogna trasformare la crisi in opportunità. Si cerca per quanto possibile di coltivare quelle competenze che nella didattica ordinaria si esercitano un po’ meno. Penso all’autonomia, ai tempi… Senza l’impellente bisogno della verifica, dell’interrogazione, del compito da svolgere per il giorno successivo hai a disposizione un tempo diverso per vivere un argomento, puoi farlo sedimentare, puoi consultarti con l’insegnante facendo il punto su quello che hai fatto o non fatto fino a quel momento, puoi coltivare la scrittura..”

Anna Vittoria sottolinea che, in questa situazione, l’idea è di non forzare nessuno, ma piuttosto di “aprire dei panorami inediti, coltivare le competenze individuali.”

“L’intenzione non è quella di attenersi pedissequamente al programma e recuperare le paginette che avresti dovuto fare in classe, ma quella di trovare un senso pedagogico per questa settimana ed eventuali prosiegui. Vogliamo far capire ai ragazzi che ci siamo comunque, che li accompagniamo per qualsiasi necessità, dalla domanda generale su un tema fino all’approfondimento specifico un po’ più originale.”

E non mancano gli esempi concreti.

“Ai miei studenti di terza superiore chiederò di lavorare sul quarto canto dell’inferno, realizzando un approfondimento su ciascuna delle diverse figure che appaiono, caratterizzanti i mondi più diversi come quello arabo, quello romano… Sono quelle attività che normalmente in classe hai meno tempo di svolgere e che ora invece si possono fare anche in modo approfondito.”

È l’occasione per fare il punto su di sé. Chi ha bisogno di chiarimenti, di un aiuto, di qualcosa in più viene aiutato dal docente. Gli altri hanno l’occasione di sperimentare le proprie capacità anche in un contesto più rilassato, dato che non c’è la pressione della verifica o dell’interrogazione.”

Una vera sfida, per gli studenti ma soprattutto per gli insegnanti. E alla domanda se in questi giorni stia lavorando di più o di meno rispetto al solito, la risposta è quasi scontata.

“Decisamente di più, ce lo stiamo dicendo tutti, se non altro per l’abitudine. Un conto è preparare una lezione, cosa che fai tutti i giorni dell’anno sapendo di incontrare i tuoi studenti con i quali hai dinamiche relazionali consolidate. Tutt’altra storia è interagire con le stesse persone che conosci ma attraverso un altro canale comunicativo. Sono tante le cose che cambiano, a cominciare dai tempi. 50 minuti di lezione che faresti in classe sono poco sostenibili in video, infatti sto pensando di realizzare dei video concentrati per spezzoni, ad esempio lavorando su un tema in due contenuti da un quarto d’ora che ti ascolti quando vuoi in cui cerco di trasmetterti nel modo più efficace possibile quello che in classe avremmo costruito insieme. Anche il video così cambia il suo ruolo, perché se nella didattica ordinaria rappresenta quell’espediente che integra o spezza la lezione, dal momento in cui tutte le materie usano video, questo non è più lo strumento di svago.

Bisogna lanciarsi con una certa spensieratezza in questa sperimentazione, per capire come coltivare motivazione e coinvolgimento anche a distanza, dove non c’è la stessa facilità di interazione.”