Che cosa sono i radiofarmaci, indispensabili per gli esami di medicina nucleare

Si tratta di particolari sostanze composte da una molecola carrier con funzioni di trasporto e da un radioisotopo che emette radiazioni in dosi non pericolose, ma quanto basta per essere acquisite dai macchinari durante una scintigrafia o un esame Pet. I radiofarmaci sono anche utilizzati a fini terapeutici.
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Federico Turrisi 30 Gennaio 2020
* ultima modifica il 30/01/2020

Di solito alla parola radiazioni sobbalzi dalla sedia. A buon diritto. L'esposizione prolungata alle radiazioni ionizzanti altera il Dna delle tue cellule e può causare malattie molto gravi, tra cui tumori, leucemie ed anemie. Nel caso delle donne incinte, il feto può riportare danni gravissimi e irreversibili, il che si traduce in malformazioni e disfunzioni dopo la nascita. Pensa solo alle conseguenze che ha avuto sulla salute degli abitanti il disastro nucleare di Chernobyl, in Ucraina. Le radiazioni, però, possono essere utilizzate anche a fin di bene. È il caso della medicina nucleare che utilizza le radiazioni ionizzanti sia per scopi terapeutici sia per scopi diagnostici.

Cosa sono i radiofarmaci

Fondamentale negli esami di medicina nucleare, come le varie scintigrafie o come la Pet (Tomografia a emissione di positroni), è l'azione dei radiofarmaci, ossia di particolari composti chimici che emettono radiazioni in una quantità contenuta; la quasi totalità dei radiofarmaci ha inoltre un'emivita molto breve, cioè perdono la loro radioattività rapidamente. Queste radiazioni vengono poi "registrate" da una attrezzatura particolare, la gamma camera, per analizzare gli organi o i tessuti oggetto d'interesse. I radiofarmaci sono costituiti da due elementi: un radionuclide (o radioisotopo), che è la componente radioattiva vera e propria, e una molecola con funzioni biologiche di trasporto, detta carrier. Solitamente vengono somministrati per via endovenosa. Una delle eccezioni è rappresentata dal radioiodio che viene assunto per via orale.

Quali sono i principali radiofarmaci?

La medicina nucleare trova applicazioni in vari ambiti della medicina, dall'oncologia (che è senz'altro quello più importante) alla cardiologia, dall'ortopedia alla neurologia. In base alla patologia che si intende indagare, si utilizza una preparazione specifica; un'operazione molto delicata che richiede personale altamente specializzato. A fare la differenza sono le caratteristiche di ciascun radionuclide contenuto all'interno del radiofarmaco. Vediamo qualche esempio:

  • Il tecnezio 99m, che è uno degli isotopi più utilizzati in medicina nucleare, combinato con difosfonato viene usato per verificare la presenza di metastasi ossee. Questo radionuclide si raccoglie infatti nelle ossa e permette l’acquisizione di immagini diagnostiche dello scheletro. Serve anche a marcare i globuli rossi, mettendo i medici nelle condizioni di individuare un sanguinamento intestinale. Il tecnezio 99m pertecnetato viene invece utilizzato nelle scintigrafie tiroidee;
  • Il tallio viene usato per mostrare il flusso sanguigno attraverso le arterie e le vene che trasportano il sangue al cuore e aiuta gli esperti nella valutazione delle coronaropatie;
  • L'acido imminodiacetico tende ad accumularsi dove si raccoglie la bile, il liquido prodotto dal fegato, e viene usato per verificare eventuali blocchi dei dotti biliari, perdite di bile e disturbi della cistifellea;
  • Il fluoro 18 consente di verificare la presenza nel cervello di placche amiloidi, ossia degli accumuli di proteina beta-amiloide, che caratterizzano la malattia di Alzheimer.

Come funzionano i radiofarmaci

Come ti anticipavo, oltre che nella diagnostica per immagini, i radiofarmaci possono essere utilizzati a scopi terapeutici. In questo caso potresti sentire parlare di terapia radiometabolica. Una delle proprietà dei radiofarmaci è quella di permettere di osservare non solo dove è localizzato un tumore, ma anche il suo comportamento. Questo perché hanno la capacità di legarsi ai tessuti malati, lasciando intatti quelli sani. Ma se al posto di un radionuclide "diagnostico" si inserisce un agente terapeutico che emette radiazioni corpuscolari, a quel punto il radiofarmaco ha la funzione di distruggere le cellule tumorali. Per esempio, lo iodio 131 (o radioiodio) viene utilizzato contro il carcinoma tiroideo, mentre l'ittrio 90 o il lutezio 177 contro i tumori neuroendocrini.

Quando l'azione diagnostica è combinata con quella terapeutica si parla di teranostica. Insomma, quello dei radiofarmaci è un mondo complesso e molto diversificato. Non a caso, la medicina nucleare, che è una disciplina relativamente giovane, ha un tasso di innovazione elevato ed è uno dei campi più promettenti della ricerca scientifica.

Fonte | Fondazione Umberto Veronesi

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