Che succede al mare cristallino della Sardegna? Il motivo delle acque rosse a Piscinas

In questa puntata di Contro Natura ti raccontiamo perché il fiume Rio Irvi, nella Sardegna sud-occidentale, si è colorato di rosso a fine marzo, trascinando con sé residui di metalli pesanti sulla spiaggia di Piscinas, patrimonio dell’Unesco.
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Rubrica a cura di Beatrice Barra
24 Aprile 2024

Immagina il mare cristallino della Sardegna che, in poche ore, si tinge di rosso. È quello che è successo a fine marzo nella spiaggia di Piscinas, un paradiso conosciuto come “il piccolo Sahara italiano”, famosa per le dune di sabbia dorata alte fino a 100 metri. Qui il Rio Piscinas si è colorato di rosso trascinando con sé, fino al mare, i residui di lavorazione di alcune miniere chiuse più di 30 anni fa.

Una tradizione mineraria secolare

Per capire la situazione bisogna partire dalla radice del problema. Negli ultimi due secoli gran parte della Sardegna circa un sesto della superficie totale è stata sfruttata per un'intensa attività mineraria.

Già agli inizi dell’800 si contavano 59 miniere ricche di piombo, ferro, rame e argento. Successivamente, il fenomeno esplose con la legge mineraria del 1840 in cui si distinguevano i diritti di proprietà del suolo da quelli del sottosuolo: in poche parole, chiunque poteva richiedere l'autorizzazione per fare delle esplorazioni minerarie in un terreno non suo. Questa novità suscitò l'interesse di numerosi uomini in cerca d’affari. Uno fra tutti fu Giovanni Antonio Sanna che, in breve tempo, costruì la Società per la Coltivazione della Miniera di Piombo Argentifero di Montevecchio.

Fonte: Wikimedia Commons

In soli 8 anni la società arrivò a controllare una fetta di territorio complessivamente larga due e lunga sei chilometri, estesa da Guspini fino Ingurtosu, e in più di 20 anni divenne il più grande gruppo di miniere dell’allora Regno d’Italia con oltre 1100 operai che, attraverso dei lunghissimi pozzi sotterranei, estraevano principalmente piombo, zinco e argento.

Fonte: Vid Pogacnik /Wikimedia Commons

Dopo la Prima Guerra Mondiale, la società entrò in crisi con la Grande Depressione del ‘29 e non ne uscì più. Nonostante i tentativi di riattivazione nel dopoguerra, le miniere non riuscirono più a competere con i mercati internazionali. Nel 1991 le ultime miniere di Montevecchio furono chiuse definitivamente, lasciando alle loro spalle un'eredità di abbandono e degrado ambientale.

Perché il fiume Piscinas è diventato rosso

Ok ma con tutto questo il fiume di fango rosso cosa c’entra? Devi sapere che è proprio da una galleria del Pozzo Fais, nella miniera di Casargiu, che sgorga il fiume Irvi.

Spiaggia di Piscinas

Con la chiusura delle miniere vengono a mancare anche tutti i sistemi che impedivano all’acqua del sottosuolo di infiltrarsi nelle gallerie sotterranee in cui lavoravano prima i minatori. L'acqua proveniente dalla falda situata nelle profondità della terra ha iniziato a fuoriuscire con un innaturale colore rosso, per una altissima presenza di cadmio, zinco, piombo, ed altri metalli pesanti, tanto che il Rio Irvi è stato soprannominato dalla popolazione "Rio Rosso".

Dopo un percorso di circa 6 km il Rio Irvi si congiunge con il rio Piscinas che sfocia proprio nel cuore dell’oasi di dune di sabbia, riconosciuto come patrimonio dell’Unesco. Qui, in periodo di forte pioggia o quando l’acqua nei fiumi aumenta, il fango riesce a raggiungere la spiaggia e il mare creando un inquietante macchia rossa, come è successo qualche settimana fa.

Dune di sabbia, Piscinas

Ma sai qual è la cosa incredibile? Nonostante l’inquietante chiazza i livelli di metalli presenti nell’acqua sono “più bassi o dello stesso ordine di grandezza di quelli riscontrati nei rilievi degli anni precedenti".

Infatti, analizzando nel dettaglio i documenti che abbiamo richiesto all’Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Sardegna si nota che le ultime analisi chimiche eseguite nel Rio Piscinas hanno rivelato una diminuzione di arsenico di circa 4 microgrammo per litro rispetto al 2023, una diminuzione di nichel di 500 microgrammo per litro e di piombo di circa 800 microgrammo per litro. Al contrario, invece, le percentuali di rame sono stabili intorno a 600 microgrammo per litro, come l’anno precedente.

Fonte: Arpas

I rischi per la salute e per l'ambiente

Ma questo, nel concreto, cosa significa?

Normalmente quando un fiume è contaminato da metalli pesanti i primi a subirne le conseguenze sono l'ecosistema del fiume e i pesci che lo abitano. Infatti, la presenza di metalli pesanti nell'acqua può alterare la chimica dell'acqua stessa, influenzando la disponibilità di nutrienti e l'equilibrio degli organismi che dipendono da un ambiente acquatico sano. Per non parlare del fatto che questi metalli pesanti non si degradano nel tempo, ma persistono nell'ambiente, accumulandosi nel letto del fiume e negli organismi viventi. Questo processo, noto come bioaccumulo, può portare a livelli di tossicità che oltre a essere pericolosi per la fauna, possono danneggiare gli esseri umani che entrano in contatto con l'acqua o con alimenti contaminati.

Fonte: Arpas

Insomma nonostante la preoccupante macchia rossa nel mare, in questo caso specifico non c'è stato un vero e proprio aumento dell'inquinamento da metalli nel fiume. Eppure è da oltre 30 anni che le miniere continuano a rilasciare metalli pesanti nell'ambiente circostante.

Perché non è mai stata fatta la bonifica

La domanda sorge spontanea: ma non si è mai fatto nulla?
In realtà risale addirittura al 1941 la creazione di una diga di sbarramento, vicino alla foce del rio Piscinas, con l'obiettivo di impedire ai fanghi del fiume di finire in mare, principalmente per proteggere la stagione di pesca dei tonni. La diga crollò nel 1973 a causa di un’alluvione.

Al di là dei resti della diga tutt'oggi abbandonati sulla spiaggia di Piscinas, il vero scandalo arrivò successivamente.

Diga rio Piscinas, fonte: Ing. Luigi A. Ghinami

Nel 1998 l’allora Sindaco di Arbus Giancarlo Pusceddu fece un’ordinanza con la quale prevedeva che la Società Italiana Miniere (poi IGEA S.p.a.) un ente statale creato proprio per gestire la messa in sicurezza delle aree minerarie si occupasse degli interventi di bonifica dal pozzo della miniera di Casargiu e del del letto del rio Irvi-Piscinas.

Inutile dire che tutti gli interventi di bonifica non furono mai fatti. Anzi, tra la Provincia e IGEA fu un reciproco scaricabarile di responsabilità fino al 2012, quando  la società fu coinvolta in un'indagine denominata “Geo & Geo”che portò davanti al giudice 71 persone con le accuse di peculato, turbativa d'asta, truffa, abuso d'ufficio e voto di scambio.

Arbus oggi, un museo industriale a cielo aperto

Naturalmente, come avviene sempre in casi simili, chi ci rimette oltre alla flora e la fauna è la popolazione stessa. Pensa che nel 2019 l'ordinanza sindacale prevedeva che per non correre pericoli di salute bisognava centellinare i giorni di permanenza in alcune parti della spiaggia: 150 giorni nel lato sud, 90 giorni nel lato nord, 60 giorni nella parte centrale compresa tra la foce del Rio Piscinas e quella del Rio Naracauli.

Oggi, dopo l’ultimo sversamento del 22 marzo e da un primo campione prelevato nell’immediato dalla Capitaneria di Porto di Oristano, sembrerebbe che l’acqua del mare rispetti i parametri dello Standard di Qualità Ambientale (SQA) di legge, ma sono previsti ulteriori controlli.

Il fiume di Piscinas, però, non è l’unico caso. La Sardegna sud-occidentale è tutt’oggi disseminata di resti di miniere abbandonate, come un museo industriale a cielo aperto con edifici e macchinari industriali. Rimane fondamentale riconoscere questi luoghi come una parte integrante della storia e dell'identità della Sardegna, senza tralasciare però che hanno anche lasciato segni profondi nel paesaggio. Purtroppo l’attenzione verso le tematiche riguardanti la contaminazione ambientale è recente. In passato ciò che contava erano i guadagni economici e l'ambiente era considerato un elemento di contorno – se non d’intralcio – rispetto alle vicende produttive. Oggi fortunatamente le cose sono cambiate, riqualificare non significa soltanto riparare i danni, ma anche preservare e valorizzare un patrimonio storico e culturale prezioso. Infatti, la bonifica delle miniere non è solo una questione ambientale, ma anche economica e sociale. La riqualifica potrebbe non solo portare a un miglioramento della qualità dell'ambiente circostante, ma anche favorire lo sviluppo di nuove attività turistiche e ricreative, creando così opportunità occupazionali e stimolando la crescita economica della regione.

Quindi, non bisogna aspettare che il fiume Piscinas si tinga nuovamente di rosso prima di agire. È importante lavorare insieme per proteggere la nostra terra e la nostra storia.

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Polentona acquisita e curiosa instancabile. Sono a Milano dal 2016 e scrivo per passione da quando ho cinque anni. Amo il altro…