Claudia Balotta, l’immunologa italiana che ha isolato il ceppo italiano del Covid-19

Nel 2003 aveva già isolato il coronavirus della Sars e oggi è riuscita a ottenere nuovamente un grande risultato isolando anche il ceppo italiano del Covid-19, studiando il materiale biologico dei primi pazienti ricoverati al Sacco di Milano. Chi è Claudia Bilotta, l’immunologa italiana che guarda con ottimismo alla fine di questa epidemia.
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Gaia Cortese 28 Febbraio 2020

Hanno lavorato ininterrottamente nel tentativo di isolare un virus che stava diffondendo il panico in tutto il Nord Italia, e non solo. Una corsa contro il tempo, tra campioni da analizzare e pazienti da curare, che ha restituito risultati vitali grazie al lavoro di un'immunologa italiana e del suo team di ricercatori precari.

Così, dopo appena quattro giorni dall’inizio della ricerca sul materiale biologico dei primi pazienti ricoverati al Sacco di Milano per coronavirus, il team di ricerca guidato dall’immunologa Claudia Balotta, è riuscito a dare al mondo un’ottima notizia: il ceppo italiano del Covid-19 è stato isolato.

"Il ceppo che abbiamo isolato è di pazienti che si sono infettati in Italia – ha spiegato la Professoressa Balotta – Ora sarà possibile tracciarne il percorso nella popolazione italiana, per appurare se i focolai siano effettivamente due o uno solo, con la certezza non solo del dato relativo alla storia clinica del paziente, ma anche con lo studio sul genoma nei diversi pazienti".

Il coronavirus isolato al Sacco, infatti, è il virus che si sta diffondendo nel nostro Paese, da non confondere con quello isolato allo Spallanzani di Roma che è originario della Cina.

A capo del team di ricercatori dell’ospedale milanese, la Professoressa Claudia Balotta lavora con altre tre ricercatrici, Alessia Loi, Annalisa Bergna e Arianna Gabrieli, tutte assunte come precarie, e con il collega polacco Maciej Tarkowski e il professor Gianguglielmo Zehender.

Chi è Claudia Balotta

Di origine cremonese, la Dottoressa Claudia Balotta ha un curriculum vitae di 17 pagine fitto di progetti e oltre 160 pubblicazioni. Professore associato di Clinica delle Malattie infettive all’Università degli Studi di Milano dal 2001, nella stessa sede ha svolto fin dal 1993 una fitta attività di ricerca. Si è dedicata a diversi studi clinici sulla terapia dell’infezione da HIV-1 valutandone sottotipi, tossicità e aspetti immunopatogenetici. E in qualche modo aveva già avuto a che fare con un coronavirus, isolando quello della Sars nel 2003.

Racconta bene come andarono le cose un articolo pubblicato di recente su Scienza in Rete: "Alla fine di gennaio 2003 ricevemmo un campione biologico (sputo) di un paziente italiano tornato dalla Cina e ricoverato al Dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale “Luigi Sacco” di Milano con sintomi respiratori gravi e dove fu diagnosticato affetto da questa nuova patologia virale (“Severe Acute Respiratory Syndrome, SARS”). Rapidamente isolammo il virus su colture di cellule vero (prive della capacità di sintetizzare interferone e quindi molto permissive alle infezioni virali) e, altrettanto rapidamente, lo sequenziammo; fu il secondo isolato europeo di Coronavirus della SARS (ceppo HSR1)".

"L'isolamento di oggi è un punto di partenza –  ha dichiarato la ricercatrice del Sacco -. Sulla base dei segnali genetici contenuti dal virus italiano, confrontando le diverse sequenze genetiche, vogliamo capire le differenze rispetto al virus cinese. Tracceremo il percorso del virus e dateremo il suo arrivo in Italia. Il virus isolato dai colleghi dello Spallanzani è invece proprio quello cinese”.

Dopo l’isolamento del ceppo del coronavirus italiano, si lavorerà per la datazione di ogni virus, per capire da quanto tempo il Covid-19 circola in Italia e per isolare i virus di tutti i pazienti ricoverati, collaborando con chi chiederà l’isolato per lavorare a nuovi farmaci e vaccini contro il coronavirus.

“Dovremo lavorare anche sul materiale biologico di altri pazienti e ci vorranno settimane per riuscire a stimare la data esatta dell'arrivo di questo ceppo in Italia. Probabilmente tutti i risultati arriveranno a epidemia chiusa  – ha chiarito Claudia Balotta -. Le misure di contenimento e prevenzione sono destinate a funzionare, seppure non a brevissimo termine, e poi la bella stagione contribuirà alla fine della diffusione. I risultati a cui puntiamo saranno comunque molto importanti dal punto di vista scientifico e anche perché i nostri colleghi potranno sperimentare i farmaci e i vaccini”.

Fonte | AGI