Coronavirus e bambini: “Un infetto su mille rischia una forma aggressiva della Sindrome di Kawasaki”. La conferma del dottor D’Antiga

Dal 10 marzo ad oggi, all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, 12 bambini sono stati ricoverati con una forma più aggressiva della Sindrome di Kawasaki, una rara patologia infiammatoria tipica dell’età pediatrica. Su dieci analizzati, otto bambini erano positivi al Coronavirus. Situazione analoga anche al Gaslini di Genova. Secondo Lorenzo D’antiga, direttore della Pediatria dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, Sars-Cov-2 è il responsabile di questa sindrome acutizzata, che porta con sé una resistenza ai trattamenti standard e conseguenze cardiocircolatorie gravi. Ma niente panico: con la giusta cura, tutti i pazienti guariscono.
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Kevin Ben Alì Zinati 28 Aprile 2020
* ultima modifica il 18/03/2021
Intervista al Dott. Lorenzo D'Antiga Direttore della Pediatria dell’ASST Papa Giovanni XXIII

C’è un nuovo capitolo nella storia che lega il Coronavirus ai bambini. L’infezione da SARS-COV-2 aumenterebbe l’incidenza di una forma più aggressiva della Sindrome di Kawasaki, una malattia infiammatoria rara ed esclusiva dei bambini. Non farti prendere dal panico, però, perché con la giusta terapia, i bambini guariscono.

La conferma arriva proprio nella giornata di oggi, martedì 28 aprile, dall’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Qui, dal 10 marzo ad oggi, sono stati ricoverati 12 bambini con la malattia di Kawasaki: un numero trenta volte superiore ai casi riscontrati negli ultimi 3 anni che, come puoi immaginare, ha insospettito i pediatri. Tutti i bambini sono arrivati al Papa Giovanni nel pieno dell’emergenza e così sono stati sottoposti all’indagine per il Coronavirus, chi attraverso l’esame del tampone naso faringeo chi invece con il test sierologico.

Nel momento delle analisi i ricoverati erano 10, poiché gli ultimi due si sono aggiunti solo negli ultimi giorni, e i risultati hanno dato 8 esiti positivi. Non solo: negli otto Covid-confermati, la Sindrome di Kawasaki, che è assai rara nel nostro Paese e perfino in Europa, si era manifestata in una forma più aggressiva rispetto agli altri. “Si è detto che i bambini sono protetti dallo sviluppare forme gravi di polmonite da COVID-19, nonostante ciò, sembra che il nostro Coronavirus abbia trovato un modo per interessare anche una fetta di questa popolazione ci ha spiegato Lorenzo D’Antiga, direttore della Pediatria dell’ASST Papa Giovanni XXIII tra i primi ad accorgersi della correlazione insieme al reumatologo pediatra Lucio Verdoni.

Forse avrai sentito che l’allarme, nei giorni scorsi, era partito anche dall’Istituto Giannina Gaslini di Genova. I suoi cinque casi di Kawaski in meno di tre settimane, di cui due positivi al Coronavirus, avevano spinto il professor Angelo Ravelli, direttore della Clinica Pediatrica e Reumatologia, ad allertare la Società Italiana di Pediatria. Che poi, senza esitazioni, ha recapitato la sua mail nella casella di posta di oltre 11mila colleghi sparsi per l’Italia e l’Europa. “Ho voluto scrivere non per creare allarmismi – ci ha raccontato Ravelli – ma per attivare un’opportuna attiva sorveglianza. Anche perché, nei giorni scorsi, lo stesso allarme era girato fuori dal nostro Paese, in Inghilterra: qui anche la Pediatric Intensive Care Society aveva avvisato i propri medici in merito a casi di bambini affetti da Coronavirus che avevano manifestato una patologia multisistemica con tratti in comune con la malattia di Kawasaki.

I 12 bambini di Bergamo sono diventati i casi studio di un articolo scientifico che è stato sottoposto alla validazione da parte di un’autorevole rivista internazionale.

A Bergamo un’incidenza mai vista

Bergamo con i suoi oltre 12mila contagi, ci ha spiegato il dottore D’Antiga, è diventata di fatto un “osservatorio naturale privilegiato” per studiare il nuovo Coronavirus. In un primo momento l’attenzione è stata rivolta agli aspetti respiratori della malattia collegata all’infezione e quando si è capito che nei bambini sani i pericoli erano meno frequenti e gravi, l’occhio dei medici si è postato sugli immunodepressi. “Qui al Papa Giovanni XXIII abbiamo un centro trapianti quindi abbiamo messo loro al centro dell’attenzione. Poi però, come abbiamo anche pubblicato in un altro articolo scientifico, abbiamo scoperto che il nuovo Sars-Cov-2 sembrerebbe non colpire gli immunodepressi e ci siamo tranquillizzati”.

Le cose sono cambiate a partire dal 10 marzo, quando al pronto soccorso del Papa Giovanni XXIII hanno cominciato a presentarsi bambini piccoli con una sintomatologia che faceva pensare alla Sindrome di Kawasaki. “Ne arrivava 1 ogni 4-5 giorni e continuano ad arrivare”. Ad oggi ne sono stati ricoverati 12 e la malattia è stata presto confermata. “Questi numeri noi li vediamo in 3-4 anni, in genere la media è di 0,3-0,5 pazienti al mese.

Vista la concomitanza con l’emergenza Covid, i bambini sono stati sottoposti al test per valutare gli anticorpi. Quando hanno iniziato le analisi, c’erano 10 bambini ricoverati: di questi, 8 sono risultati positivi agli anticorpi. “Un bambino ha avuto il tampone positivo mentre gli altri erano negativi ma perché hanno contratto e poi eliminato il virus: con il test del siero abbiamo osservato la loro memoria immunologica. Si trattava dunque di bambini che avevano avuto recentemente l’infezione per la quale avevano sviluppato poi la famosa immunità. “Ed è proprio questa che ha scatenato la Kawasaki”. La Sindrome, infatti, è una patologia immuno-mediata, che si fa strada nell’organismo grazie un’alterata risposta immunitaria a cui seguono danni e disfunzioni di organi e apparati specifici.

La forma più aggressiva

A Bergamo i casi di Kawasaki erano hanno di solito una media di 0,3-0,5 pazienti al mese
Secondo il dottor D’Antiga, vista la casistica riscontrata al papa Giovanni XXIII negli ultimi due mesi, il responsabile dell’aumento dei casi di Kawasaki nei bambini “è questo nuovo Coronavirus”. Che inoltre, sembrerebbe causare una forma più aggressiva. Perché i bambini Covid-positivi hanno sviluppato una certa resistenza al trattamento standard della malattia con le immunoglobuline e perché, spiega D’Antiga, si è notato anche un “grave interessamento cardiocircolatorio, con lo sviluppo di una miocardite oltre a una pressione ridotta e a una relativa ipoperfusione periferica. Alcuni, inoltre, hanno avuto bisogno anche di un ricovero in terapia intensiva.

Chi colpisce

Lo studio messo in campo dal Papa Giovanni XXIII verrà valutato nei prossimi giorni ma D’Antiga ci ha anticipato quelli che sono i risultati più probabili e certi relativamente ai soggetti più a rischio. “L’ipotesi, che quasi sicuramente verra confermata, è che questo Coronavirus causerà una forma più acuta di Sindrome di Kawasaki solo in una ristretta fetta di bambini. Stimiamo circa in un bambino infetto su 1000. Una fetta di popolazione il cui rischio dipenderà da alcuni "fattori di suscettibilità" che però, al momento, non sono noti.

Tutti i bambini guariscono

C’è però una buona notizia. Secondo D’Antiga, questa forma più acuta di Kawasaki causata dal Coronavirus in quella parte di popolazione pediatrica che definisce “suscettibile” ha comunque una prognosi sempre positiva. “Questi bambini, se sono trattati in modo opportuno, comunque guariscono”. Normalmente il trattamento avviene con somministrazioni di immunoglobuline endovena e aspirina: “per chi dovesse sviluppare una forma più aggressiva e avere quindi una certa resistenza alle terapie, sarà necessario utilizzare anche il cortisone. I 12 pazienti totali ricoverati al Papa Giovanni XXIII, conferma D'Antiga, stanno tutti bene: solo 4 sono ancora ricoverati ma sono in fase di dimissione.

I casi di Genova

Come detto, l’allarme era scattato anche all’Istituto Gainnina Gaslini di Genova. Qui, nelle ultime 3-4 settimane, sono stati individuati 5 casi di Kawasaki quando, di norma, ne vengono diagnosticati 7 o 8 al massimo, all’anno. Anche qui tutti e cinque sono stati poi sottoposti all’indagine per il Coronavirus e nei due che sono stati trovati positivi, la Sindrome di Kawasaki era in forma più aggressiva rispetto agli altri.

Per i bambini con Coronavirus e Kawasaki non bastano le immunoglobuline e l'aspirina: servono anche cortisonici

Come successo a Bergamo, anche i due bambini positivi alla Sindrome di Kawasaki e al Coronavirus e ricoverati al Gaslini di Genova sono risultati più resistenti alle classiche terapie con le immunoglubuline. Inoltre, ci ha spiegato il direttore della Clinica Pediatrica e Reumatologia Angelo Ravelli, tra le anomalie riscontrate durante le indagini diagnostiche vi era anche lo sviluppo della cosiddetta sindrome di attivazione macrofagica, “che ha caratteristiche simili alla tempesta citochinica osservata in molti pazienti con Covid-19 e che non è frequente in chi è affetto da Sindrome di Kawasaki”. Anche Ravelli sembra d’accordo con quanto giunge da Bergamo: il nuovo Coronavirus sembrerebbe aumentare l’incidenza di questa patologia.

Nuovi indizi per la Kawasaki

La correlazione tra il nuovo Sars-Cov-2 e la Sindrome di Kawasaki, spiega Ravelli, potrebbe aprire anche uno scenario importante nella ricerca eziologica della patologia. Della quale, ad oggi, si hanno pochissime informazioni certe sull’origine. Si è sempre pensato che alla base ci fosse un agente infettivo ma su quale e sulle modalità d'azione, ancora, non vi sono prove. “Circa 15 anni fa si è pensato di correlare un caso di Kawasaki con una chiara infezione da coroanivus, diverso però da quello attuale. Questa situazione, con la correlazione di casi di Kawasaki in diverse parti d'Italia con il Coronavirus potrebbe aiutare a svelare il mistero della Sindrome di Kawasaki”. Per Ravelli,  le scoperte in fatto di terapie per il Sars-Cov-2 fatte finora e che verranno fatte in seguito "potrebbero servire per migliorare la nostra conoscenza su questa malattia rara". 

La situazione al Bambino Gesù di Roma

Aggiornamento del 29 aprile 

Dopo le segnalazioni di Genova e di Bergamo, abbiamo provato ad indagare la situazione negli altri grandi ospedali pediatrici del nostro Paese: se dunque anche all'ospedale pediatrico Meyer di Firenze e al Bambino Gesù di Roma ci fosse una correlazione fra l'aumento dei casi di Sindrome di Kawasaki e bambini affetti da Coronavirus. La struttura fiorentina ci ha comunicato che, al momento, preferisce non rilasciare dichiarazioni sull'argomento mentre per il nosocomio romano abbiamo raggiunto la dottoressa Alessandra Marchesi, medico di Pediatria Generale e Malattie Infettive.

Al Bambino Gesù, ci ha raccontato la dottoressa Marchesi, non c'è stato alcun aumento di casi di Kawasaki rispetto al solito. Il trend è normale: "Ogni anno ne vediamo circa 15 e tra febbraio e marzo appena passati abbiamo avuto 6 casi. In più, la primavera per noi è un momento in cui aumentano i casi di bambini con la Sindrome quindi per ora è tutto nella norma". Soprattutto, specifica, a Roma nessun bambino affetto da Kawasaki era anche positivo al Coronavirus: "Dei casi con una forma di Kawasaki aggressiva ci sono sempre,  in questi giorni solo un bambino ha avuto una miocardite ma nessuna resistenza alle terapie quindi non si tratta di un trend epidemiologico diverso dall’atteso".

A Roma il trend è nella norma e non c'è stato alcun aumento di bambini con la Sindrome
Per questo, secondo la dottoressa Marchesi, correlare il Coronavirus con un aumento della Sindrome di Kawasaki, al momento, è ancora prematuro e rischioso: "Sappiamo che con questa patologia c’è una disregolazione della risposta immunitaria all'incontro con un agente patogeno: potrebbe succedere con il Sars-Cov-2 in pazienti geneticamente predisposti. Ma generare un nesso di causa-effetto è ancora troppo presto. Molti pazienti mi hanno già mandato tantissimi messaggi estremamente preoccupati e a tutti sto rispondendo di stare tranquilli. Niente panico".

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