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C’è chi in cucina ci va soltanto per scongelare ciò che trova abbandonato dentro al freezer e chi invece ci trascorre le ore perché lo aiuta a rilassarsi. Se non sei un grande amante di piatti elaborati per preparare i quali sono necessarie tante ore ma soprattutto tanta cura e attenzione, potresti ricrederti sapendo che, la cucina, può essere utilizzata come una vera e propria terapia non farmacologica, uno strumento di benessere per accrescere la tua autostima, la tua voglia di fare e la tua fiducia negli altri. Oltre ad aiutarti a imparare nuovi piatti e a fare nuove conoscenze.
È ciò che ha notato Francesca Mamo, che oltre a essere psicologa è anche una grande amante dell’arte gastronomica. Durante un corso di cucina che ha tenuto per due anni, Francesca ha iniziato a rendersi conto che le persone non si iscrivevano ai suoi corsi soltanto per cucinare, ma anche e soprattutto per conoscere persone nuove. E non solo: a colpirla è stato anche percepire la soddisfazione dei partecipanti nel vedere un piatto creato con le proprie mani. In pratica, Francesca si è accorta che questa attività portava dei benefici psicologici non indifferenti. Così, ha iniziato a dedicarsi alla cucinoterapia.
È una forma artistico terapeutica abbastanza innovativa, infatti in Italia non è molto praticata. Si tratta di una disciplina che da una parte insegna alle persone a cucinare come se fosse un corso di cucina normale, dall’altra però propone degli esercizi a livello psicologico che incrementano varie aree come l’autostima, la relazionalità, l’autocontrollo, l’auto-regolamentazione a livello di tempo…
La cucinoterapia è indicata un po’ per tutti, perché cucinare è un’attività che viene svolta nel nostro quotidiano, più vicina alle persone rispetto magari all’arte, alla musica e al teatro per cui solitamente sono necessarie doti personali. Io consiglierei questa attività a tutte le persone che abbiano voglia di mettersi in gioco facendo qualcosa di creativo ma che è assolutamente nelle corde di tutti, a portata di mano, e che vogliano anche sperimentarsi soprattutto nel proprio contatto con gli altri. Funziona molto bene anche per i disturbi d’ansia, perché si possono fare esercizi di respirazione ad esempio impastando. È una disciplina assolutamente versatile, adatta anche ai bambini. Una cosa che mi piacerebbe provare a fare è la cucinoterapia con soggetti affetti da disturbi alimentari. Perché la cucina potrebbe essere un modo efficace di riprendere i contatti con il cibo senza necessariamente doverlo mangiare ma semplicemente rielaborandolo, maneggiandolo, odorandolo.
Alla seduta partecipano al massimo otto persone tra cui uno psicologo e uno chef oppure uno psicologo e un nutrizionista, che danno delle dritte a livello culinario. Si comincia facendo alcuni giochi di riscaldamento per conoscersi, poi viene deciso il piatto del giorno che si preparerà e nel corso della preparazione vengono fatti degli esercizi, esercizi che vengono di volta in volta decisi da me, e di cui non parlo mai prima ai partecipanti perché altrimenti si preparano. Un esercizio ad esempio potrebbe essere quello di essere bendato e lasciarsi guidare vocalmente da un’altra persona nella preparazione del piatto con le proprie mani. Alla fine, poi, c’è un momento conviviale in cui si assaggia il piatto preparato e ci si dà un feedback. Noi proponiamo tre percorsi diversi, di cui ciascuno mira a un determinato obiettivo su cui verranno calibrati gli esercizi da compiere.
I benefici sono davvero tantissimi. Sicuramente i più evidenti sono la riduzione di ansia e stress, l’aumento dell’autostima nel vedere realizzato un piatto anche elaborato, il miglioramento del clima di gruppo perché si cucina insieme e viene messo in gioco l’intero proprio mondo relazionale. Poi naturalmente c’è il bello di imparare a cucinare piatti nuovi, l’opportunità di approfondire la conoscenza di se stessi anche all’interno delle dinamiche di gruppo, l’acquisizione di nuova consapevolezza su salute e nutrizione, il miglioramento della comunicazione e della gestione dello stress in presenza di tempistiche strette, il potenziamento delle proprie risorse. Senza dimenticare, naturalmente, l’adrenalina, la soddisfazione di aver fatto qualcosa di bello, buono e creativo.