Lottare contro un tumore è una delle cose più difficili che possono capitare nella vita, sia dal punto di vista fisico ma anche sotto l’aspetto emotivo. Cicli di terapie, cure, ospedali, spossatezza e sconforto finiscono per sconvolgere la vita delle persone travolte da questo male, che spesso sentono la voglia di lasciarsi andare, di smettere di prendersi cura di sé. A questo si aggiunge il fatto che le pazienti sottoposte a terapie antitumorali non possono recarsi nei saloni estetici tradizionali, e quindi non hanno la possibilità di recuperare il benessere che prima trovavano in quei luoghi. Angela Noviello ha deciso di dedicarsi completamente a questa disciplina quando si è resa conto del bisogno delle donne di tornare ad abitare la propria pelle. Una pelle consumata dalla malattia, il cui benessere sembra essere fondamentale per ritrovare fiducia, conforto e per ricominciare a vedere la vita, oltre la malattia. Così, ha importato dagli Stati Uniti il metodo OTI, Oncology Training International – Oncology Estethics. Per la rubrica Il bene in ogni cosa, attraverso la storia di Angela oggi ti parlo dell’estetica oncologica.
In Italia agli operatori estetici è vietato trattare le persone malate. Io ho lavorato nel settore della bellezza per tanti anni, e mi è capitato spesso di dover negare qualche trattamento alle clienti che venivano colpite da tumore. Mi sono avvicinata al mondo dell’estetica oncologica quando, sette anni fa, si è ammalata una cliente del mio salone a cui tenevo in modo particolare. Era una donna forte, molto attenta alla cura del corpo e della salute, aveva anche fatto la maratona di New York, e per un anno intero non ha più potuto frequentarci. Quando è guarita ed è tornata al salone mi ha guardata negli occhi e mi ha detto “Angela, ti prego, fammi tornare nella mia pelle”. Mentre riflettevo su come fare (i trattamenti andrebbero evitati fino a cinque anni dopo la fine delle terapie oncologiche), mi sono imbattuta in un libro che parlava proprio di oncology esthetics e l’ho comprato subito, curiosa di sapere se qualcuno prima di me avesse provato a capire come funzionasse. Nel libro l’autrice raccontava in che modo, con l’aiuto di medici e infermieri, avesse capito come si potessero eseguire trattamenti estetici sulle pazienti oncologiche e spiegava di aver messo in piedi un corso di studi proprio per diffondere questa metodologia. Così sono partita per gli Stati Uniti, diventando la prima persona in Europa ad acquisire questa certificazione. È stata un’esperienza che mi ha letteralmente cambiato la vita, ha cambiato la mia prospettiva, il mio modo di vedere l’estetica. Ho potuto comprendere il punto di vista dei medici sul perché un trattamento incauto avrebbe potuto interferire con la malattia e con le terapie, ma ho anche scoperto che sulle persone malate si possono fare praticamente tutti i tipi di trattamento, basta adattarli al paziente specifico, al tipo di terapia a cui è sottoposto.
Il percorso che avevo fatto l’avevo fatto principalmente per non mandare più via le clienti che si ammalavano. Ma quando sono tornata in Italia, ho capito che il Paese era pronto ad abbracciare questo particolare modo di fare estetica e sono stata coinvolta in un primo laboratorio all’interno di un importante ospedale. È lì che abbiamo messo per la prima volta in pratica l’estetica oncologica. Per un anno intero ho trattato delle pazienti, scoprendo due cose molto importanti: la prima è che il metodo era assolutamente sicuro, dal momento che non c’è mai stato un effetto collaterale negativo; la seconda è che l’estetica oncologica ha un impatto impressionante sulla qualità di vita delle persone. Dopo questo primo anno di sperimentazione ho quindi deciso di preparare altri operatori. Solo in Italia, ad oggi abbiamo già formato più di 450 estetiste che forniscono gratuitamente servizi estetici ai pazienti in 40 strutture ospedaliere. E se prima nessuno sapeva nemmeno che esistesse questa possibilità e noi non potevamo assolutamente aiutare le persone malate dal punto di vista estetico, oggi sono le stesse strutture che ci chiamano chiedendoci se abbiamo a disposizione del personale da inviare all’ospedale.
L’indicazione è quella di lavorare sempre in squadra, in team con l’oncologo, lo psicologo, il fisioterapista, insomma tutte le figure che ruotano intorno al paziente, perché rimane sempre un campo sensibile e ci sono tante informazioni che è bene condividere con gli operatori sanitari. Più nello specifico, durante i laboratori, quando lavoriamo con le pazienti suddividiamo la giornata in due momenti fondamentali. Nel primo facciamo delle lezioni di bellezza, consulenza dermo-cosmetica in cui insegniamo, spieghiamo loro come prendersi cura della propria pelle, ma anche quali cosmetici e sostanze andrebbero evitati durante le cure. Si tratta di tutte quelle semplici regole che dovrebbero seguire tutte le persone che tengono alla loro pelle. E sono sempre momenti molto carini, in cui le pazienti ci raccontano qual è la loro routine quotidiana, rompono il ghiaccio, si entra in empatia. Poi il laboratorio si apre a più attività, in base alle possibilità che la struttura ci offre. Ad esempio, mettiamo in pratica trattamenti al viso, alle mani e ai piedi, facciamo piccoli massaggi, insomma portiamo le pazienti in una dimensione di benessere particolare, anche perché dobbiamo sempre ricordarci che ci troviamo in un ospedale, che è un luogo di sofferenza e di dolore. A volte riusciamo anche a fare delle consulenze di immagine, c’è il personale che si occupa delle parrucche e spiega la differenza tra le varie a disposizione, insomma si cerca di toccare tutte le aree che possono distogliere l’attenzione dalla malattia. Naturalmente tutto dipende da quanti professionisti ci sono nel team e dal tempo a disposizione.
In ospedale cerchiamo di fare un po’ di tutto. In particolare ci concentriamo molto sui trattamenti idratanti per il viso e per il corpo, dal momento che la disidratazione rappresenta uno degli effetti più sofferti delle cure, perché indebolisce molto la barriera cutanea. Poi ci occupiamo anche delle mani e dei piedi, perché spesso l’effetto dei farmaci danneggia la qualità delle unghie e della pelle, le inspessisce, le indebolisce, cambia il loro colore. Se l’unghia non è sana io penso alla malattia, perché ce l’ho sempre davanti agli occhi. Il fatto di poter eseguire dei piccoli trattamenti in cui ci si prende cura di loro dal punto di vista estetico, anche semplicemente applicando uno smalto, distoglie l’attenzione dalla malattia, riportandola alla vita. Certo, sotto sotto sanno sempre di essere malate, ma almeno in questo modo possono iniziare la giornata con il piede giusto, con un po’ di positività. Le nostre sono piccole strategie che non vogliono fare niente di più se non accudire, regalare un filo di speranza a chi vive questa esperienza, magari anche solo racchiusa in una parentesi di vita, una parentesi che io credo vada vissuta con la dignità che ogni persona merita.
Gli effetti benefici dell’estetica oncologica sono diversi. Dalla diminuzione della sensazione di nausea e vomito, alla riduzione dell’ansia, al miglioramento della qualità del sonno… Insomma, possiamo dire che agisce su tutte le caratteristiche che impattano sulla qualità di vita dei pazienti. Inoltre, viene assunta la consapevolezza di quanto un’attività di cura di se stessi possa far bene in generale. Spesso ci è capitato di incontrare persone che, prima di provare quest’esperienza, non erano neanche mai state in un centro estetico, e solo a quel punto si rendono conto di quanto questa cosa possa essere di supporto, e cominciano a farlo regolarmente da quel momento in poi. O ancora, la leggerezza. Ci sono stati diversi casi in cui inizialmente abbiamo dovuto quasi costringere le pazienti a prendere parte a questi laboratori, perché loro erano frenate dall’idea che si trattasse di supporto psicologico. Oggi, invece, abbiamo addirittura una lista d’attesa perché ormai è chiaro che si tratta di un momento che viene vissuto con tanta leggerezza, e questo serve tantissimo. Infine, una cosa bellissima che a mio parere avviene in questi laboratori è che si vivono degli intensi momenti di condivisione. Infatti, una delle cose che emerge sempre è che le pazienti non si sentono mai molto capite, nemmeno dai loro cari, dal momento che la malattia è qualcosa che viene vissuta in maniera assolutamente personale. Qui, hanno la possibilità di parlare tra loro, di comprendersi, magari di creare anche delle chat di gruppo per scambiarsi pensieri, esperienze, sensazioni.
Sicuramente una ricchezza infinita in termini di relazioni. Infatti, nel corso delle sedute si generano dei rapporti umani che vanno molto al di là della semplice relazione professionista-cliente. L’empatia che si crea ha dell’inspiegabile. Solo per farti un esempio, la mia migliore amica l’ho conosciuta durante un laboratorio diversi anni fa. Perché sì, noi diamo tanto a loro, ma anche loro danno tanto a noi, ci insegnano il valore della vita mostrandoci l’attaccamento incredibile a essa che le contraddistingue tutte.
Ormai anche i medici capiscono quanto l’estetica oncologica sia diventata fondamentale, in primis perché è andata a colmare la mancata risposta alla domanda “dottore, ma quindi mi cadranno tutti i capelli?”, che è ciò che la paziente teme più di tutto. Purtroppo si tratta di un effetto collaterale che colpisce sempre, ma almeno abbiamo a disposizione uno strumento di supporto per aiutarti a compensare un trauma di questo genere. Tutti gli operatori sanitari sono molto felici di poter offrire questo servizio di benessere.
Ho sempre temuto che questo tipo di supporto nel corso delle terapie potesse essere minimizzato. Invece il valore dell’estetica oncologica si può ritrovare anche nel fatto che noi insegniamo alle pazienti a essere in grado di eseguire anche a casa un trattamento come ad esempio applicare una crema particolare ogni giorno. Aiutare le persone a tornare in pace con la propria immagine, a vedersi belle, favorisce la socialità, la voglia di uscire e di non chiudersi nella malattia. È come un incoraggiamento a vivere le terapia anche con un briciolo di leggerezza in più, ritrovando la forza e la voglia di combattere, cosa che è molto più faticosa quando ci si arrende. Quando noi stessi ci sentiamo più forti e coraggiosi, siamo più forti e coraggiosi anche nei confronti della malattia stessa. Per questo io dico che se si cura un paziente si vince o si perde, ma se si cura una persona si vince sempre.