La cura delle piante e dei fiori è sempre fonte di benessere, ovunque tu sia e qualunque sia il tuo stato emotivo o di salute. Ma immagina quanto può far bene prendersi cura e veder nascere una fogliolina o un piccolo frutto se ti trovi all’interno di un reparto ospedaliero.
È ciò che accade ai bambini ricoverati all’Ospedale Salesi di Ancona, che da alcuni anni possono beneficiare di un’iniziativa chiamata Orto in Corsia, promossa grazie alla sinergia tra Fondazione Ospedale Salesi di Ancona, Slow Food e Università Roma Tre che ne ha studiato gli effetti sulla salute.
Il progetto consiste nel mettere a disposizione ai piccoli pazienti dell’ospedale un carrello carico di piante aromatiche e di stagione che viene fatto passare nei reparti consentendo ai bambini di prendersene cura, ovvero seminare, annaffiare, potare, mettere a dimora, insomma tutte quelle piccole attenzioni necessarie perché una piantina possa crescere in salute e magari con il tempo fare qualche frutto.
"La proposta ci era arrivata nel 2018 da Slow Food, associazione che promuove educazione alimentare e ambientale" racconta Paola Cingolani, giocoterapeuta della Fondazione ospedale Salesi. "A noi interessava promuovere l'amore per il bello, una corretta alimentazione, l'attenzione per i beni comuni ma soprattutto permettere di affrontare un momento difficile come l'ospedalizzazione con maggiore serenità. L'idea è che il bambino preso in cura dall'ospedale possa diventare parte attiva prendendosi lui stesso cura di un altro essere vivente, in questo caso di una pianta, un perfetto esempio di pedagogia della cura."
Eh sì, perché nel progetto Orto in Corsia ogni bambino adotta una piantina di cui si prenderà cura fino alla dimissione, quando l'accudita passerà a qualcun altro come un prezioso testimone.
"Ciascun bambino cura la propria piantina, o le piantine a seconda della disponibilità. Alla fine della permanenza le piantine verranno lasciate come una sorta di staffetta al bambino che verrà dopo."
Lo scopo di questa attività non farmacologica è trasmettere l’importanza di prendersi cura, di avere pazienza, considerare tutti i piccoli dettagli, imparare il rispetto per i tempi della natura e l’amore della bellezza che il mondo ci offre ogni giorno. Anche quella racchiusa all'interno di un vasetto in una stanza di ospedale.
"Si tratta di un'importante risposta che il bambino mette in atto, uno stimolo alla guarigione che si manifesta nell'attesa del momento di mettersi in gioco. Il bambino sa che attivando tutta la parte positiva di risorse che ha in sé potrà metterle a frutto anche per essere utile all'interno dell'ospedale. Inoltre l'orto in corsia rappresenta un ponte con la vita domestica, perché quasi tutti hanno un nonno o una mamma che tiene delle piante in casa o sul terrazzo. Un modo per sentirsi un po' a casa e parte di essa".
All'iniziativa si sono nel tempo inseriti anche altri progetti interessanti, come gli orto-diari realizzati in collaborazione con la facoltà di Roma Tre. "Si tratta di un diario su cui il bambino descrive di quale piantina si è preso cura, come si è sentito mentre lo faceva e che interventi ha effettuato. Al momento dell'uscita dall'ospedale, il piccolo paziente restituisce il diario che verrà analizzato dall'università per capire quanto l'attività può influire sull'umore e sulla risposta terapeutica".
E per permettere ai bambini di potersi portare a casa qualcosa, magari per continuare questo percorso di cura attiva, è stato anche introdotto un laboratorio di orti portatili in cui vengono creati dei vasetti con il riciclo di flaconi di detersivo colorati e decorati al cui interno vengono poste delle piantine, questa volta da portare a casa.
Purtroppo con l’arrivo del Covid anche l’attività dell’Orto in Corsia si è dovuta rimodulare sulle esigenze di spazio e sanitarie che la pandemia ha imposto. Negli ultimi mesi, infatti, con i posti letto dimezzati e l’impossibilità di toccare gli stessi oggetti, è la stessa operatrice a occuparsi delle piante e mostrarne le curiosità ai bambini ricoverati, mentre escono uno alla volta, nell’attesa di poterli rendere nuovamente protagonisti di questo percorso di cura dell’anima.
Una vera e propria co-terapia, o terapia di accompagnamento insomma, che non presenta controindicazioni e non può che aiutare chi si trova in una condizione di malattia a evadere dalle mura dell’ospedale trovandosi all’improvviso in un bel giardino da coltivare.