Da Barbie a Miniland, da Dragon Trainer a Playmobil: quanto conta la rappresentazione della diversità nell’immaginario dei bambini

I bambini giocando entrano in contatto con il mondo e toccano con mano quello che la società ritiene accettabile. L’infanzia è un momento delicato ma ricco di potenziale, più diversità si incontra in tenera età e più si avrà la mente aperta da adulto. Le bambole, in particolare, rappresentando il corpo umano, hanno un ruolo duplice e cruciale: permettono a chi si vede diverso di sentirsi rappresentato e accettato e a tutti gli altri di imparare a rispettare i corpi differenti dal proprio. In questo approfondimento, tre personalità del mondo della diversity ragionano su questo tema.
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Evelyn Novello 20 Luglio 2023

Siamo nei primi decenni del Novecento. La bambole di plastica iniziano a comparire nelle camerette delle bambine dell'alta borghesia, mentre, le figlie della classe operaia giocano ancora con quelle di pezza. É il boom economico del Secondo Dopoguerra a consacrare la democratizzazione dei giochi in plastica e, soprattutto la Mattel, che, nel 1959, immette sul mercato la prima bambola adulta e di plastica, la Barbie. Inizia l'epoca della produzione di massa e del benessere economico e, contemporaneamente, dell'affermazione degli stereotipi anche nel commercio destinato ai più piccoli. Con la nascita di Action Man nel 1964, il mondo ludico si divide nettamente tra maschile e femminile, tra giochi di forza, d'azione e di colore blu, e giochi delicati, di cura e di colore rosa. Entrambi i mondi hanno, però, una caratteristica in comune: si tratta di figure normodotate e di fisionomia caucasica.

Ci vorranno un po' di anni prima dell'uscita di Becky, la Barbie in sedia a rotelle che inizia a rovesciare il canone delle donnine perfette di casa Mattel, nata nel 1997. Globalmente, però, gli sforzi di inclusività del mondo dei giocattoli non sono ancora sufficienti. Un sollecito in questa direzione arriva dal basso quando, nel 2015, la giornalista e scrittrice Rebecca Atkinson, notando la scarsa rappresentazione della disabilità nell'universo infantile, avvia la campagna #ToyLikeMe con cui chiede alle case produttrici un segnale di inclusione. La risposta non si fa attendere. L'anno successivo compaiono i primi cani guida per le figure di Playmobil, la prima persona in sedia a rotelle di Lego, nel 2016, e, nello stesso anno, anche la serie di Tinkerbell di bambole dotate di impianti cocleari, rosa e fashion.

La sensibilità sta cambiando. Le aziende in parte lanciano nuovi trend e in parte, come in questo caso, seguono quelli già in atto nella società sempre diversificata e orgogliosa di esserlo. Ciò produce il mutamento della fisionomia dei giocattoli già esistenti e nuove rappresentazioni più inclusive anche nel mondo del cinema e della tv. Alla ricerca di Nemo, con il pesciolino con la pinna sottosviluppata, è uno dei primi esempi, ma anche Pablo e il film Pixar Float sul tema dell'autismo e poi Peppa Pig con l'amica in sedia a rotelle Mandy Topolina. Negli ultimi anni l'universo dei giocattoli è sempre più in fermento e, a volte, anche più aperto e ricettivo rispetto all'intrattenimento rivolto agli adulti, tanto da meritarsi premi per l'inclusione. Miniland, azienda spagnola che ha lanciato una linea di bambole con sindrome di Down, si è aggiudicata il titolo di "Miglior giocattolo del 2020" e ultimamente Super Benny è stata nominata miglior serie tv kids dai Diversity Media Awards 2023.

Il panorama attuale dei prodotti kids conta una rappresentazione sempre più variegata della natura umana. I bambini accolgono la diversità con una naturalezza a volte sconosciuta agli adulti, a cui, invece, necessita più tempo per smantellare le stereotipizzazioni interiorizzate (il fatto per cui associamo, ad esempio, alla parola "ragazza" una figura femminile alta, magra con capelli lunghi e pelle chiara). Ma cosa ne pensa chi con la diversità ha a che fare tutti i giorni anche in età adulta? Abbiamo raccolto, a tal proposito, le opinioni di Francesca Vecchioni, presidente e fondatrice della Fondazione Diversity, Martina Fuga, presidente dell'Associazione Genitori e Persone con sindrome di Down, e Arianna Talamona, campionessa del mondo di nuoto paralimpico nel 2019 e vincitrice di una medaglia d’argento alle paralimpiadi di Tokyo 2020.

La diversità nei giocattoli – Francesca Vecchioni

L'entrare in contatto con la diversità fin dall'infanzia permette un allargamento di ciò che nella vita reputiamo poi "normalità" e i giocattoli in questo processo incarnano un ruolo fondamentale. Di questo ne è convinta la presidente e fondatrice della Fondazione Diversity Francesca Vecchioni, impegnata nel diffondere la cultura dell’inclusione, favorendo una visione del mondo che considera la molteplicità e le differenze come valori e risorse preziose per tutti e che ogni anno, con i Diversity Media Awards, premia i personaggi e i prodotti mediali che più si sono distinti nella promozione della diversità. "Il mondo dei giochi dell’infanzia è molto più avanti di altri mondi, è uno tra quelli più inclusivi in assoluto – spiega Vecchioni, – Forse perché c’è un'attenzione maggiore nella comunicazione destinata ai bambini e ormai ci sono più strumenti per rappresentare la diversità. Il gioco spiega ai piccoli com'è la società e il loro ruolo in essa, così come i media rappresentano per noi adulti il mondo che ci circonda. Il nostro cervello funziona elaborando modelli già presenti, più ne abbiamo di differenti tra loro più non avremo paura di rapportarci con il prossimo".

Francesca Vecchioni

Il fatto, quindi, di avere familiarità con alcune caratteristiche come differenti etnie e corpi, è utile per tutti. Da un lato, chi si riconosce e vede in quella bambola, ad esempio, una somiglianza e una rappresentazione di sé, non si sentirà escluso e invisibile. Dall'altro, anche chi non si riconosce può entrare in contatto e familiarizzare con nuove caratteristiche dell'essere umano. Molti sono i passi avanti compiuti nella rappresentazione dell'aspetto fisico, a cominciare da Barbie che, nel tempo, ha rappresentato diversità fisiche dando spazio anche a disabilità e patologie. Barbie è in carrozzina, con la vitiligine, con i capelli afro, con le protesi e senza capelli, quest'ultima pensata per le bambine malate oncologiche. Ma fin dalla sua nascita ha svolto anche moltissime professioni. Nel 1989 Barbie era pilota, nel 1991 ammiraglio della marina, nel 2004 presidente e nel 2015 astronauta permettendo così alle bambine di tutto il mondo di sognare un futuro libero dai pregiudizi che hanno sempre posto freni alla carriera della donne. Essere donna non coincide solo con l'essere casalinga, anche se, nella maggior parte dei giocattoli in commercio, alla bambina sono ancora destinati giochi specifici che hanno a che fare con la bellezza, con la cura della famiglia o della casa.

"Vedo proprio una struttura binaria mentale legata all’infanzia con ruoli di genere già decisi e reiterati da noi adulti – precisa Vecchioni. – Le società di giocattoli possono fare qualcosa in questo senso ma bisogna tener presente anche un limite culturale dei consumatori. Rimane necessario e indispensabile che bambini e bambine, anche quelli che non hanno un'identità di genere definita, possano ritrovarsi nei giochi. Le bambole e in generale tutti i giochi dove ci si può riconoscere riproducono le relazioni umane e forniscono alcune competenze. Ad esempio, la tendenza a usare giochi come le bambole porta le bambine ad avere competenze relazionali, mentre l'uso dei giochi d'azione porta i bambini a essere più vivaci e ambiziosi".

Le cause? Si tratta di un circolo vizioso. "I giochi che proponiamo rischiano di condizionare i più piccoli in modo importante reiterando stereotipi. In una società impermeata dai ruoli di genere, i bambini ci si identificano e tendono a chiedere sempre più quella tipologia di giocattolo. Solo producendo giochi svincolati dal genere in un'offerta più ampia, daremo a bambini e bambine una visione differente e la possibilità di scegliere liberamente in cosa riconoscersi allargando il loro immaginario e il loro ventaglio di opportunità" spiega Vecchioni.

Allargare la visione del mondo favorendo l'introduzione di giochi genderless che rappresentano più sfaccettature della figura umana vuol dire dare dignità a tutte le persone e formare nuovi adulti dalla mentalità più aperta. "Proponendo modelli unici è come se cancellassimo dalla realtà alcune persone che già esistono. Questo vale tanto nel mondo dei giochi quanto nella società che ci circonda. Se questo comportamento avviene in maniera istituzionalizzata è come se si negasse l'esistenza di alcune persone. Ognuno di noi ha la responsabilità delle scelte compiute. Cerchiamo di non replicare modelli del passato di cui andiamo fieri" conclude Vecchioni.

Le bambole e la sindrome di down – Martina Fuga

Tra le tante sfaccettature del genere umano c'è la Sindrome di down, una caratteristica rappresentata anche da alcune bambole tra cui la Barbie uscita pochi mesi fa, anche se la trisomia 21 era stata assunta ancora prima dalle bambole spagnole Miniland e da quelle italiane di Borgione. "Questo per noi è l'importante: essere presente nell’immaginario collettivo dei bambini che si riconoscono e capiscono che le caratteristiche della natura umana sono numerose e diverse – spiega Martina Fuga, presidente dell'Associazione Genitori e Persone con sindrome di Down – Quando mia figlia era piccola le ho comprato una bambola con sindrome di down e sono sicura che l’abbia aiutata a vedersi rappresentata, a non vedersi l’unica con questo aspetto". 

Una bambola che somiglia al bambino, aiuta la sua esperienza di crescita e lo accompagna in un processo di fiducia in se stesso e di relazione con gli altri. "Attraverso il gioco i bambini possono conoscersi meglio e sviluppare un immaginario più ampio – precisa Fuga. – Barbie ha fatto la sua parte nel processo inclusivo, soprattutto perché è l’icona di un certo tipo di corpo e di rappresentazione della donna. Anche American Girl ha fatto un'operazione simile, permettendo al consumatore di creare una bambola a sua somiglianza. Questo permette alla bambine di non sentirsi sbagliate o preoccupate se non assomigliano a un certo prototipo".

Un cambiamento di rappresentazione c'è e passa da tutte le forme dell'intrattenimento per bambini, dal cinema alle serie tv, dai cartoni ai libri. "È un tema in controtendenza rispetto a 40 anni fa – aggiunge Fuga -. Penso al film Mio fratello rincorre i dinosauri, in cui la disabilità diventa parte integrante di una storia di vita comune, o Wonder. Il cortometraggio Cuerdas è un altro brillante esempio recente, ma anche il remake di Peter Pan in cui un attore ha la Sindrome di down. Sono tutti casi in cui possiamo notare come la sensibilità collettiva si stia evolvendo e il processo è rafforzato dai media. I giochi e l'intrattenimento sono modi per alimentare una cultura e un immaginario comune. E più abbiamo immagini di diversità più è facile essere accoglienti".

"Luglio è il Disability pride month. Per molti è incomprensibile la sua importanza ma l'accettazione di sé è un percorso lungo che passa dalla rappresentazione esterna delle proprie caratteristiche corporee. Se non facciamo cultura della diversità e se non facciamo attecchire quel principio nella cultura popolare, il discorso dell'inclusione rimane solo un’impresa di nicchia. Ognuno ha la sua fetta di responsabilità e se i brand di giocattoli si impegnano nel loro piccolo, daranno un messaggio molto potenteMi farebbe piacere che più voci facessero advocacy in più direzioni, che tutti contribuissero a diffondere più lati possibili della diversità umana" conclude Fuga. La diversità va frequentata e incentivata, solo così possiamo smantellare i preconcetti incorporati.

Il potere delle aziende di giochi – Arianna Talamona

Se ora è più facile trovare negli scaffali dei negozi di giocattoli versioni inclusive, fino a 20 anni fa ciò accadeva molto di rado. Lo sa bene Arianna Talamona, nata con una disabilità e ora atleta paralimpica, campionessa del mondo di nuoto paralimpico nel 2019 e vincitrice di una medaglia d’argento alle paralimpiadi di Tokyo 2020. "Da piccola avevo solo bambole in piedi, senza disabilità, solo adesso posso dire che, vedendo più versioni inclusive di giochi, qualcosa prima mi mancava – racconta Talamona. – Ho giocato con Lego e Barbie non pensando a quello che avevo davanti, non riflettendo sul fatto che non avessero alcuna disabilità. Ora penso che sarebbe stato molto bello avere una bambola in sedia a rotelle. Tutte le persone che devono fare i conti con una disabilità prima o poi sono obbligate a iniziare un percorso di accettazione e, forse, giocando da piccola con giochi che mi rappresentavano, avrei fatto questo percorso più facilmente".

Non si tratta solo di piccolezze, di leggere modifiche di fisionomia. Vedere il proprio corpo rappresentato ci fa sentire parte di qualcosa. "Per chi ha una disabilità, non ritrovare quella diversità da nessuna altra parte equivale a sentirsi invisibili – spiega Talamona. – Ultimamente, per fortuna, vedo che il tema della diversity è tenuto in considerazione dall'universo kids. Penso anche solo a cartoni animati come Dragon Trainer in cui il protagonista del secondo capitolo perde una gamba e la rappresentazione è naturale e positiva. Noto un percorso di apertura in questo senso e le persone si dimostrano interessate ma nella pratica serve ancora un lungo percorso. Impegnarsi in questa direzione è il futuro e le aziende hanno grande potere nel divulgare e sensibilizzare su tematiche in cui lo Stato fallisce".