Dal Giappone arriva Lovot, il robot che ti rende felice. Ma ne hai davvero bisogno?

Puoi parlargli, abbracciarlo, accudirlo come se fosse il cane o il gatto di casa. Dopo il Tamagotchi negli anni Novanta, i Giapponesi ci riprovano e arriva Lovot, il robot dall’intelligenza artificiale che (al “modico” prezzo di 2.700 euro) ti farà felice. Ma è proprio ciò di cui abbiamo bisogno?
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Gaia Cortese 20 Dicembre 2018

Alza le mani per essere preso in braccio. Puoi prendertene cura amorevolmente, vestirlo con tutti suoi accessori, abbracciarlo e coccolarlo e, dicono, ti sentirai immediatamente più felice. Non si tratta però di un cucciolo di cane o dell’ultimo bambolotto che smette di piangere appena gli metti in bocca il ciuccio. Questo è Lovot, un robot che arriva dal Giappone ed è stato progettato per "rendere le persone felici".

Lovot, il cui nome è nato dall’unione di Love e Robot è stato presentato a Tokyo dalla startup Groove X; considerato il successore del popolare giochino elettronico Tamagotchi degli anni Novanta, Lovot è dotato di intelligenza artificiale e di una cinquantina di sensori che gli permettono di simulare le emozioni umane: pesa circa 3 chilogrammi, si aggira per casa su ruote, individua le persone con una videocamera termica e interagisce. Secondo chi lo ha progettato, Lovot è stato pensato per "migliorare il livello di comfort e i sentimenti d’amore. Quando lo tocchi, lo abbracci o semplicemente lo guardi, ti senti meglio. È un po’ come provare amore verso un’altra persona".

Ma perché mai si dovrebbe abbracciare un robot per essere felici e non una persona in carne e ossa? Se alla base di tutti questi progetti lo scopo finale del gioco è prendersi cura di qualcuno, o meglio qualcosa, perché non insegnare fin dalla tenera età, che può essere molto più educativo curare un animale domestico o prendersi cura di un amico, di un fratellino o una sorellina? In questo, i giapponesi non smetteranno mai di stupirmi.

Anche l’esperimento passato del precursore di Lovot, il già menzionato Tamagotchi, era già stato contestato per il principio diseducativo. Se infatti da una parte il Tamagotchi poteva essere considerato quasi un’attività multidisciplinare (il piccolo animale virtuale proveniente direttamente dello spazio, andava pulito, accudito, sfamato e ninnato virtualmente) volta a insegnare ai bambini come prendersi cura di qualcuno, oltre a colmare quella necessità di avere un compagno di giochi da portare sempre con sé, dall’altra parte bisognava fare i conti con il fatto che prima o poi, il Tamagotchi moriva. E mentre alcuni adolescenti prendevano la cosa anche troppo seriamente creando addirittura veri e propri cimiteri virtuali, altri risolvevano la cosa con un semplice reset per cominciare nuovamente a giocare. E qui la valenza educativa del gioco iniziava a vacillare. In poco tempo il Tamagotchi, dopo aver venduto in Giappone più di 20 milioni di esemplari, diventava (soprattutto agli occhi dei genitori) un gioco diseducativo e il suo destino era ormai segnato.

Si ripeterà la stessa storia anche per Lovot? Dipenderà probabilmente dalle strategie di marketing adottate. Oppure da una consapevolezza unanime: la mia o la tua felicità non può dipendere da un robot domestico, ma si può trovare in molti altri aspetti della vita. In primis, quello del risparmio in denaro: Lovot è venduto al prezzo di 349mila yen, ovvero circa 2.700 euro.