Muoversi in uno spazio per ritrovare la tua dimensione in esso. Condividere, comunicare, lavorare sul corpo, sulla mente e sull’anima per recuperare il piacere del movimento, non solo la sua necessità fisica. È a questo che serve la danzaterapia. Una disciplina nata con la danza moderna, per aiutare le persone a superare i loro disagi e a esprimere il loro stato di sofferenza. Per la rubrica Il bene in ogni cosa, Elena Cerruto, danzaterapeuta, ci ha spiegato quali sono i benefici di un’arte che ad alcuni può sembra lontana chilometri, ma che invece vive dentro di noi, da sempre. Con il trascorrere degli anni, Elena ha sviluppato un proprio metodo, chiamato “Danzaterapia tra Oriente e Occidente”, che unisce la danza e concetti orientali come lo yoga e la medicina cinese.
La nascita della danzaterapia risale agli anni Quaranta, in America. Le prime danzaterapeute portavano la danza nei centri psichiatrici e nei luoghi di sofferenza. Infatti, anche allora questa disciplina voleva permettere alle persone di esprimere attraverso il movimento qualunque sensazione, sentimento, emozione e stato d’animo. Nella danzaterapia si parla di “movimento”, non di “corpo”, perché è una disciplina in cui corpo, mente e spirito sono uniti in modo indissolubile, e si muovono insieme, allo stesso tempo. Non a caso, viene utilizzata non solo per esprimere le cose piacevoli, ma anche quelle che possono portare dolore, personale o dell’epoca in cui si vive. La danzaterapia è nata perché probabilmente alcune danzatrici hanno scelto di usare questa disciplina per aiutare gli altri, dal momento che, forse, in passato aveva aiutato loro.
La danzaterapia è per tutti, perché tutti abbiamo questa necessità, questo bisogno. Infatti, può essere portata nei vari istituti scolastici, dalla materna fino alle università, alle persone “normodotate” come pratica di vita, momento di riflessione. Questa è un’epoca in cui le persone soffrono molto, hanno bisogno di trovare dentro di sé qualcosa di autentico che permetta loro di stare nel mondo, di ricaricarsi, per affrontare al meglio la vita quotidiana. La danza e la meditazione possono aiutarle a farlo. Portiamo però questa disciplina anche nei centri in cui si trovano persone con disagi di vario genere, sia fisico sia psichico. Lavoriamo con persone affette da ritardo mentale, ma anche con gli anziani, affetti ad esempio da morbo di Alzheimer, perché la danza riattiva la dimensione affettiva, relazionale, ti riporta qui e ora. La danzaterapia funziona molto bene anche con persone non vedenti, perché li aiuta a recuperare una maggiore autonomia, a orientarsi meglio nel tempo e nello spazio, a ritrovare fiducia nelle altre persone. È bello anche lavorare in integrazione, con utenze di diverso tipo, ad esempio persone affette da patologie diverse o nelle scuole, con bambini magari provenienti da luoghi diversi del mondo che potrebbero essere isolati e invece, attraverso il movimento, scoprono anche loro di avere un ponte di comunicazione. Perché la danzaterapia è anche questo: un ponte, una relazione. E puoi trovarvi dentro delle spiegazioni intellettuali, neuro-scientifiche, mediche, filosofiche, ma la cosa bella è che il messaggio è diretto, può comprenderlo chiunque, perché tu sai come stai, come vuoi muoverti, quali sono i passi che desideri portare nel mondo. Il ruolo del terapeuta è quello di aiutarti a portare quello che vuoi fuori, nel mondo, ma anche, dall’altra parte, di non esprimerti, di rimanere in modalità di ascolto nei confronti degli altri. Tutti devono avere il proprio spazio ma soprattutto il proprio tempo.
Nel mio personale modo di lavorare la danzaterapia è un momento di condivisione. Solitamente si lavora in gruppi, che possono essere piccoli, in cui si lascia spazio anche alla dimensione verbale, ma anche più grandi, in cui ciascuno lavora secondo il proprio tempo e il proprio spazio. Nel corso dell’incontro c’è un primo momento di cerchio, più verbale, dove faccio passare tra tutti una ciotola vuota, in cui ciascuno mette un pensiero, un concetto su cui vuole lavorare, ma anche un oggetto a cui tiene o che desidera donare. La ciotola poi viene coperta. Dopodiché inizia l’incontro vero e proprio, che ha sempre una tematica centrale da cui si prende spunto. Nel momento centrale, a volte si lavora con un materiale come un pezzo di stoffa, un avanzo di giornale, insomma qualcosa di effimero, come un simbolo. E attraverso il movimento, il materiale viene visto e vissuto come una parte di sé con cui entrare in contatto. Questo stesso schema può essere aperto anche all’incontro con altri materiali, che non devono essere per forza oggetti, ma può essere anche, ad esempio, una musica particolare con cui si interagisce. Infine, si conclude l’incontro. Questo è il momento da curare maggiormente perché qui le persone si preparano a rientrare nel mondo, e questo passaggio non deve essere uno shock. Il momento del distacco dal materiale e dal lavoro è un momento in cui si impara a lasciare andare, ci si ritrova nel proprio corpo-casa. Alla fine, facciamo ripassare la ciotola, e i partecipanti riportano a casa delle cose. Nel corso di tutto l’incontro, la danza è sempre presente, dal momento in cui si comincia a sentire lo spazio intorno a sé. E non è mai una danza codificata, altrimenti ci sarebbe lo scoglio della tecnica, ma è una danza che si scopre piano, dentro di sé.
Sicuramente la danzaterapia ti regala un sentimento di libertà, perché ti libera da qualsiasi condizionamento. La persona si sente accolta in un setting non giudicante e porta questa cosa fuori, nel mondo, si sente più libera di portare con sé il proprio vissuto, di comunicare con gli altri. Oltre i condizionamenti, infatti, esistono un sacco di possibilità. Inoltre, l’utente viene aiutato, accompagnato a muoversi nello spazio, a cambiare i livelli, a lavorare con la creatività, e scopre che la danza non è una cosa lontana chilometri, ce l’aveva dentro da sempre. Con la danzaterapia, le persone imparano a dedicarsi del tempo, a utilizzarlo come una risorsa, una sorgente per la vita quotidiana, assimilano un approccio alla vita basato sulla gioia di esistere, di esserci, di aiutare gli altri aumentando anche la propria sensibilità. Ma i benefici sono anche fisici. Infatti, danzare aiuta ritrovare il piacere di muoversi, ma non solo in quel momento, anche nelle piccole attività quotidiane. In più, il respiro migliora, la circolazione si riattiva, ci si libera dallo stress, ci si concentra meglio, i livelli di attenzione sul lavoro si alzano. Anche nel mondo competitivo, di danza professionale la danzaterapia aiuta molto. Perché le persone che vivono la danza come una performance tecnica, a volte riescono a ritrovare la capacità espressiva che hanno naturalmente, fuori dagli schemi della gara o del balletto. E anche per gli adolescenti la danzaterapia è molto utile, dal momento che nell’epoca attuale è evidente che hanno perso la loro percezione corporea perché sono sempre più legati a materiali elettronici che li portano fuori da se stessi. È tutto un modo per sentire di nuovo l’universo attorno a noi. Capire che ciò che avviene fuori avviene anche dentro di noi, e ciò che si muove dentro di noi si muove anche fuori. Si impara a vedere il mondo da un altro punto di vista, a capire quali sono i nostri limiti e a capire cosa possiamo farcene, di questo limite, se spingerlo, se respingerlo, se appoggiarmici sopra. Nella danzaterapia, siamo liberi dai pensieri precostituiti, dalle immagini di quello che dovremmo essere e di come dovremmo muoverci. Siamo liberi di essere brutti, di muoverci male, ma soprattutto liberi di ritrovare il nostro spazio nell’universo.