Troppa fatica nel leggere lettere e parole e difficoltà nel comprenderne il significato.
È la dislessia, uno dei Disturbi Specifici dell’Apprendimenti (DSA) più diffusi in Italia, specialmente tra i ragazzi. Secondo il Miur nell’anno accademico 2017/2018 il 2,1% degli alunni delle scuole italiane era dislessico, quasi un ragazzo per classe. In quattro anni, le certificazioni sono cresciute quasi del doppio fino a sfiorare quota 180mila spaventando così insegnanti e genitori.
Se provi a cambiare la prospettiva, però, più registrazioni di casi di DSA (che riguardano lettura, scrittura e calcoli, per lo più) significano lo sviluppo di esami molto più accurati e precisi e quindi meno bambini lasciati da soli con le proprie difficoltà.
Se hai dei bambini che muovono i primi passi a scuola, avrai sentito parlare dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento. La dislessia è uno di questi e si verifica quando c’è un’evidente difficoltà a leggere e a capire la parola scritta.
La dislessia è quindi, di base, una neurodiversità. Ciò non significa carenza di intelligenza o capacità, ma semplicemente differenza di percezione, ricezione delle informazioni e ragionamento rispetto al campione ritenuto "norma".
Le cause e i fattori scatenanti sono diversi e in parte sconosciuti, ma l'ereditarietà gioca un ruolo importante (avere un'altra persona in famiglia con dislessia aumenta le probabilità di averla). Non c’è ancora chiarezza sulle cause della dislessia ma molti ricercatori sono convinti che dipenda dall’espressione anomala di alcuni geni legati al linguaggio e alla lettura. In particolare, il DCDC2 e il KIAA0319 che si trovano nel cromosoma 6 del nostro genoma e il DYX1C1, che risiede nel cromosoma 15.
Al di là di questa ipotesi, la dislessia si distingue in prima battuta in:
Al momento, non ci sono cause precise identificate per la dislessia.
Gli studiosi e le studiose nel tempo hanno formulato diverse ipotesi sulle origini del disturbo, tra cui i fattori genetici già citati, delle anomalie neurobiologiche e alcuni problemi nella connettività cerebrale. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per confermare queste teorie.
Probabilmente gli insegnanti o i genitori degli amici di tuo figlio hanno cominciato a nominarla dopo la seconda elementare. La dislessia nei bambini si manifesta infatti tipicamente nell’età scolare. In alcuni casi, tuttavia, alcuni indicatori “precoci” del disturbo possono essere individuati già a 4 o 5 anni.
Se hai un bambino in età prescolare, i sintomi più diffusi della dislessia possono essere:
Se invece tuo figlio è già tra i banchi della scuola elementare, ci sono alcuni indizi che potrebbero aiutarti ad aiutarlo:
La dislessia non è frequente solo nei bambini ma anche negli adulti. Oltre alla difficoltà nella lettura e nella comprensione del testo, per loro si aggiungono altre difficoltà:
Chi vi dovesse dire che “i vostri bambini, se ne soffrono, devono essere curati”, sbaglia di grosso. La dislessia infatti non è una malattia ma un disturbo e per questo chi ne soffre non va curato ma supportato. Nel corso del tempo, infatti, sono stati studiati e sviluppati percorsi logopedici e neuropsicologici che offrono al bambino con dislessia strategie compensative.
Se hai il sospetto che il tuo bambino possa soffrire di dislessia, il primo passo da fare è rivolgersi al proprio pediatra. Insieme a un team di psicologi professionisti, neuropsichiatri infantili e logopedisti costruirà l’identikit del bambino per poi sottoporlo a dei test specifici per valutare il grado delle sue difficoltà.
Prima di tutto vengono effettuati test visivi e uditivi: i medici vogliono escludere che le difficoltà nella lettura o nella comprensione possano dipendere da altri problemi, legati alla vista o all’udito.
Il bambino viene poi sottoposto a test che servono per valutare:
Durante tutto il percorso diagnostico, voi genitori sareste sempre coinvolti in modo da fornire agli specialisti informazioni importanti per la diagnosi, come i comportamenti, le capacità e lo stato emotivo dei vostri figli.
Una volta conclusi i test e confermata l’eventuale dislessia, i medici predispongono per il bambino il percorso più adatto, con strategie didattiche ed educative pensate in base alle sue caratteristiche e alle sue necessità.
La legge 170/2010 riconosce strumenti, detti compensativi, che possono affiancare e aiutare il tuo bambino nella lettura e nella sua vita, dentro e fuori da scuola. Questi possono essere ad alta o bassa tecnologia:
Questi strumenti non servono per annullare e dimenticare la dislessia. L’obiettivo a cui voi e i vostri figli mirate non è infatti raggiungere le capacità di lettura e scrittura di chi non ne soffre. Piuttosto, l’importante è imparare e mettere in pratica strategie e “trucchi” che permettano a vostro figlio di studiare e apprendere al massimo delle sue potenzialità.
Insegnare a un bambino dislessico a studiare richiede un approccio personalizzato e flessibile, non improvvisato e supportato dal consiglio degli specialisti e delle specialiste.
Tra i consigli utili che potresti ricevere ci sono:
Inoltre, è importante incoraggiare l'autostima del bambino e riconoscere i suoi progressi, focalizzandosi sulle sue abilità e punti di forza.
La dislessia evolutiva può avere impatti significativi nella vita adulta, soprattutto se non trattata in età scolare, ma con il giusto supporto e l'accesso a strumenti compensativi (per esempio audiolibri o altri supporti che permettono una "lettura" alternativa), molte persone con dislessia possono raggiungere successo nelle loro carriere e realizzare appieno il loro potenziale.
Tuttavia, è importante riconoscere che alcune difficoltà possono persistere, come la gestione del tempo, l'organizzazione delle informazioni scritte e la lettura veloce.
(Scritto da Kevin Ben Alì Zinati il 27 luglio 2020; modificato da Sara Polotti il 7 luglio 2023)