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Ecco perché questa stagione influenzale non sembra finire più (e ci fa ancora ammalare)

Dopo un inizio in forte anticipo rispetto agli anni precedenti, l’influenza continua a circolare in Italia: nonostante il tasso d’incidenza sia ormai stabile da settimane, la curva non accenna a rientrare, a spese soprattutto dei più piccoli. Tra le cause ci sono la fine delle misure di protezione contro il Covid-19 e il fallimento della campagna vaccinale.
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Maria Teresa Gasbarrone 8 Marzo 2023
* ultima modifica il 08/03/2023
In collaborazione con il Dott. Francesco Menichetti Infettivologo e presidente del Gruppo Italiano per la Stewardship Antimicrobica (Gisa)

Basta dare un'occhiata al grafico aggiornato ogni settimana dall'Istituto superiore di sanità (Iss) per capire che l'influenza sta ancora circolando nel Paese, nonostante il picco sia finito ormai mesi fa. Anche nella sua fase discendente, la stagione influenzale 2022-2023 si conferma così ancora una volta anomala rispetto agli anni precedenti.

Tra l'inizio in forte anticipo, con i primi casi già nelle prime settimane di settembre, il picco raggiunto a novembre, e ora una "coda" lunga che non accenna a rientrare, l'influenza – o meglio l'insieme delle sindromi influenzali e para-influenzali – ha costretto a letto circa dieci milioni di italiani. Ma quali sono state le cause che hanno contribuito a una stagione così intensa? È possibile stimare entro quando finirà?

Una coda lunga che non rientra

Stando a quanto segnalato nel consueto bollettino settimanale di Influnet– il sistema di sorveglianza integrata dell'influenza attivato dall'Iss – sono ormai quattro settimane che il tasso d'incidenza delle sindromi simil-influenzali (ILI) è sostanzialmente immobile, fisso sul dato degli 8 casi per mille assistiti. Nello specifico nell'ultimo rapporto il tasso era di 8,1.

"Stiamo assistendo – spiega Francesco Menichetti, infettivologo e presidente del Gruppo Italiano per la Stewardship Antimicrobica (Gisa) – a una persistenza prolungata della stagione influenzale e ancora non si coglie la flessione della curva". Sebbene infatti siano lontani i tempi del picco stagionale, quando il tasso d'incidenza attuale era al doppio dell'attuale, non possiamo dire che la stagione stia finendo.

Quando finirà la stagione influenzale?

Stiamo vivendo piuttosto un periodo di sostanziale immobilità, in cui però non mancano segnali di peggioramento (seppur minimi) . Ad esempio, nonostante il Paese sia da settimane nella fascia d'intensità bassa, cioè quella caratterizzata con un tasso inferiore di 10 casi ogni mille assistiti, la situazione può variare da Regione a Regione. Ad esempio nell'ultimo bollettino ben quattro Regioni superavano i dieci casi ogni mille (Toscana, Emilia-Romagna, Marche e Abruzzo), mentre la settimana precedente erano due (Abruzzo e Toscana).

La domanda che a questo punto viene spontanea è la seguente: quando finirà questa stagione influenzale? "A questo punto – risponde l'esperto – ci aspettiamo che la curva cominci a scendere a fine marzo, quando ricominceranno a salire anche le temperature".

Una stagione anomala

In realtà la particolarità di questa stagione influenzale, la prima davvero consistente dall'inizio della pandemia, sta più nell'inizio che nella fine. Difatti "la stagione influenzale – spiega il dottor Menichetti – raggiunge di norma il picco a febbraio, quindi che ci siano ancora casi a marzo è piuttosto normale", ma l'arrivo delle sindromi influenzali in anticipo di circa tre mesi – a novembre invece che a febbraio – ha reso questa stagione particolarmente intensa sia nei numeri che nella durata.

Un altro fattore che l'ha caratterizzata è stata la forte incidenza tra i più piccoli. Sebbene i bambini siano di solito i più predisposti ad ammalarsi, i dati di quest'anno sono stati particolarmente elevati: gli under 5 sono stati e sono tutt'oggi i più colpiti con più di 5 milioni di casi registrati, circa metà del totale. "Una vera epidemia nell'epidemia – commenta l'infettivologo – che ha contribuito a diffondere il virus attraverso quella catena familiare, da figlio a genitore o nonno, che abbiamo imparato a conoscere bene con il Covid-19″.

Inoltre in questo inverno, "dopo due anni di scarsa circolazione virale – spiegano sul sito dell'Ospedale Bambino Gesù di Roma – a causa delle massicce misure di prevenzione che hanno quasi azzerato la diffusione di molti virus, i bambini e i giovani che non hanno potuto “allenare” le loro difese immunitarie, possono essere più suscettibili a queste infezioni".

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La fine delle misure di sicurezza

Stabilire le cause di quest'intensa stagione influenzale non è semplice, ma ci sono alcuni punti su cui gli epidemiologi sono in sostanziale accordo. Innanzitutto occorre ricordare che quando si parla di "influenza", si intende l'insieme di tutte quelle sindromi simil-influenzali, caratterizzate dagli stessi sintomi: febbre alta, mal di testa, dolori articolari, spossatezza, raffreddore e mal di gola.

"Oltre alla vera e propria influenza, il virus A/H3N2 – la cosiddetta "influenza australiana" – quest'anno sono circolati anche altri virus respiratori, primo tra tutti il virus sincinziale, che ha colpito soprattutto i più piccoli", spiega il dottor Menichetti.

La forte diffusione di questi virus è stata "facilitata" anche dalla fine di tutte quelle misure di protezione personale che erano diventate la normalità durante la pandemia. Non è un caso "se negli ultimi due anni – aggiunge l'esperto – i ceppi influenzali diversi dal Covid-19 hanno circolato pochissimo". L'abbandono della mascherina, ma anche della distanza di sicurezza, ci ha esposto maggiormente ai virus tipici della stagione invernale.

I problemi nella campagna vaccinale

L'arrivo dell'influenza agli inizi dell'autunno, invece che in pieno inverno, ha inoltre colto impreparato il sistema sanitario per quanto riguarda la campagna vaccinale. "Di solito – spiega Menichetti – i vaccini iniziano a metà ottobre, quest'anno invece in quelle settimane già il tasso d'incidenza era notevole. Questo ha fatto sì che molti non erano ancora vaccinati e anche chi aveva ricevuto il vaccino non aveva ancora sviluppato l'immunità, che in media richiede circa 15 giorni dall'inoculazione".

Oltre alle tempistiche poco fortuite, c'è da ammettere che "questa campagna vaccinale – conclude l'esperto – non è andata bene: con un tasso molto al di sotto del 75% degli over 65 e dei fragili che hanno deciso di vaccinarsi".

Fonti | Influnet, Ospedale Bambino Gesù

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