Epatite acuta grave nei bambini, a quali sintomi fare attenzione? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Basso

Prima di tutto, è bene specificare che non siamo di fronte a una nuova epidemia, soprattutto in Italia dove la casistica delle epatiti acute rimane nella norma. E non ci sono nemmeno particolari precauzioni che i genitori dovrebbero prendere. Per capire meglio la situazione ci siamo fatti aiutare dottoressa Maria Sole Basso, epatologa dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.
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Giulia Dallagiovanna 29 Aprile 2022
* ultima modifica il 29/04/2022
Intervista alla Dott.ssa Maria Sole Basso Specialista del reparto di Epatologia, Gastroenterologia e Nutrizione dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma

Dalle ultime rilevazioni, i casi di epatite acuta grave nei bambini sono saliti a 190. La maggior parte di questi sono stati registrati in Europa, ma si contano episodi anche negli Stati Uniti, in Israele e in Giappone. In Italia ne sono stati segnalati poco più che una decina, di cui solo tre confermati. Il Network Italiano di Epidemic Intelligence e la Fimp (Federazione italiana medici pediatri) hanno da tempo attivato una rete di sorveglianza a livello nazionale in accordo con il Ministero della Salute, mentre Stella Kyriakides, commissaria europea alla Salute, ha garantito che l'Ue sta seguendo molto da vicino la situazione.

Dunque niente panico, solo attenzione. Al momento la situazione nel nostro Paese rimane contenuta e i casi di epatite o di trapianto di fegato non sono superiori a quanto accade nella norma. La questione da dirimere, però, rimane quella dell'origine di queste infiammazioni. I pazienti, come probabilmente ormai saprai, sono risultati negativi ai test per i virus dell'epatite (A, B, C, D ed E). Un'indagine dell'Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (UKHSA) ha rilevato che nel 75% dei bambini era presente un adenovirus, nello specifico il ceppo F41, ma saranno necessari ulteriori approfondimenti per valutare in che modo questo patogeno abbia a che fare con le epatiti.

Nel frattempo, la domanda è: cosa devi fare tu, in quanto genitore? Ci sono precauzioni particolari che tu o tuo figlio dovreste assumere? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Maria Sole Basso, del reparto di Epatologia, Gastroenterologia e Nutrizione dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, dove è ricoverato anche uno dei bambini che ha contratto l'infiammazione al fegato.

Dottoressa Basso, iniziamo subito dall'elemento sconosciuto di queste epatiti acute: le cause. Secondo lei, quanto è probabile che all'origine di questi episodi ci sia un adenovirus?

In realtà, non molto. Alcune infezioni virali provocano un'infiammazione al fegato, è vero, ma tra queste molto di rado ne compare una da adenovirus. Potrebbe piuttosto aver agito da trigger per un'altra infezione già presente, ma è necessario proseguire con gli studi prima di fare affermazioni pià precise.

Ci può spiegare cosa si intende per trigger?

Un trigger è un elemento che attiva un'infiammazione e che inizialmente potrebbe sembrarne la causa, mentre in seguito emerge che ha innescato un processo già latente. Un'altra possibilità è quella della co-infezione. In ogni caso, ripeto, è meglio aspettare altre indagini prima di avanzare ipotesi.

In quali casi si rende necessario un trapianto di fegato?

Si arriva al trapianto di fegato quando quest'organo non riesce più a funzionare, ovvero quando smette di produrre le proteine e i fattori della coagulazione di sua competenza.

In Italia per il momento si contano una decina di casi segnalati. Siamo di fronte all'inizio di una nuova epidemia?

Assolutamente no, oggi non è il caso di allarmarsi. La casistica delle epatiti acute a orgine sconosciuta rimane in linea con quella degli anni passati. È già capitato infatti di avere avuto episodi di malattia grave, che arrivava anche a provocare insufficienza epatica e a rendere necessario un trapianto, persino tra la popolazione pedriatica.

I casi sono in aumento soprattutto nel Regno Unito e noi per il momento stiamo semplicemente monitorando la situazione. La Società italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione pediatrica è in allerta e noi seguiamo quanto ci viene comunicato.

Quindi le famiglie per ora non devono spaventarsi o avere particolari accorgimenti?

No e non è nemmeno il caso di lasciare a casa il proprio figlio da scuola. Anche il paziente di tre anni che nei giorni scorsi è stato trasferito qui dall'Ospedale Meyer di Firenze sta meglio, sia dal punto di vista clinico che per quanto riguarda gli esami. E non ha avuto necessità di trapianto né di terapie importanti. Quello che bisogna continuare a fare è vaccinare i bambini, senza avere paura.

Ci conferma quindi che il vaccino contro il Covid non ha nessun legame con l'insorgenza di queste epatiti?

I bambini più interessati dalle epatiti hanno meno di 10 anni. Nel Regno Unito, per questa fascia di età, le vaccinazioni anti-Covid sono inziate solo da aprile e comunque non al di sotto dei 5 anni. Questo significa che la maggior parte dei pazienti con epatite il vaccino non lo ha ancora ricevuto.

A quali sintomi dovrebbe prestare attenzione un genitore?

Sicuramente la febbre e i problemi gastrointestinali, come vomito e diarrea, possono essere manifestazioni di epatite acuta, ma sono comuni anche a tante altre infezioni meno gravi. Il sintomo a cui fare più attenzione è invece l'ittero, ovvero una colorazione giallastra della pelle e delle sclere degli occhi, soprattutto quando è associato a un aumento di temperatura e a una forte astenia. In questo caso è bene avvisare subito il proprio pediatra.

Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.